Fino al 1946 il diritto di voto, garantito ai cittadini dalla Costituzione italiana, fu prerogativa unica della popolazione maschile. Il 1° febbraio 1945 con un decreto legislativo, il Consiglio dei ministri presieduto da Ivanoe Bonomi riconosce il voto femminile attivo, su proposta di Palmiro Togliatti e Alcide De Gasperi. Ci furono polemiche. Fra queste il dubbio che le donne avrebbero votato influenzate dal marito o dalla Chiesa. Ma tutto cambia il 10 marzo 1946: i cittadini italiani sono invitati a votare per le amministrative, e per la prima volta anche le donne sono ammesse al voto. Il provvedimento stabiliva che le donne con almeno 25 anni potessero votare ed essere votate (diritto di voto attivo e passivo).
Le donne vogliono votare: l’affluenza femminile supera l’89%. Stessa percentuale sarà registrata per il referendum del successivo 2 giugno. Durante le amministrative sono elette per la prima volta nella storia italiana due donne sindaco (Ada Natali a Massa Fermana e Ninetta Bartoli a Borutta). Dal voto del 2 giugno sono elette 21 delle 226 candidate all’Assemblea costituente, rinominate Madri Costituenti.
Il ritardo
Il riconoscimento di un diritto così importante avvenne in Italia con notevole ritardo rispetto ad altri paesi europei e non solo. Prima nazione a riconoscere il diritto di voto anche alla componente femminile fu la Nuova Zelanda, nel 1893, ben 53 anni prima del nostro paese. In Europa il primo Stato fu la Finlandia, nel 1906, e le prime donne, 19, entrarono in parlamento nel 1907. Ci furono, però, alcuni precedenti: nel 1755 la Repubblica Corsa sancì questo diritto, poi revocato nel 1769, quando l’isola fu annessa alla Francia. E il Regno di Svezia, durante l’età della libertà (1718-1771), chiamò le donne al voto, ma non tutte. Si può denunciare un eccessivo ritardo, invece, in altre nazioni. Fra queste gli Emirati Arabi Uniti (2006) e l’Arabia Saudita. Quest’ultima ha riconosciuto il voto alle donne solo nel dicembre 2015, in occasione delle elezioni municipali.
La lotta
Da tantissimo tempo ormai le donne combattevano per affermare i propri diritti. I primi movimenti per il voto femminile nacquero in Inghilterra, e caratterizzarono tutto il XIX secolo. Particolarmente importante fu il movimento delle Suffragette (1869). Nel 1903 Emmeline Pankhurst diede vita alla Women’s Social and Political Union, per l’ottenimento del voto politico e nazionale per le donne. Da quel momento in poi la lotta divenne aspra: non furono rare le manifestazioni, anche contro la polizia, che portarono all’arresto di alcuni membri del movimento. Fu la guerra mondiale a dimostrare anche agli uomini che le donne erano loro pari. Solo il 2 luglio 1928 il suffragio fu esteso a tutte le donne del Regno Unito con età superiore ai 21 anni, molto tardi rispetto alle rivendicazioni del secolo precedente. In Italia i movimenti per il diritto al voto erano già presenti alla nascita deI Regno d’Italia. Nel 1877 la femminista Anna Maria Mozzoni presentò una petizione per il voto alle donne, che fu bocciata, come anche le successive. Dal 1903 nacquero associazioni femministe a favore del suffragio femminile. Ma purtroppo si dovette attendere più di 40 anni per il riconoscimento del diritto di voto alle donne.