Abbiamo fatto qualche domanda ad Andrea Villa, il giovane street artist torinese che dal 2014 affigge falsi manifesti pubblicitari inizialmente a Torino, ora anche a Milano, ridicolizzando i politici e ironizzando in modo pungente le contraddizioni della società attuale. Di lui non si sa molto: Andrea Villa è infatti uno pseudonimo, scelto dall’artista perché erroneamente attribuitogli qualche tempo fa da un giornalista come suo vero nome.
Banksy torinese?
Nonostante egli affermi che l’associazione al noto writer inglese sia “opera dei giornalisti”, sono molte le somiglianze tra Andrea Villa e Banksy. Di entrambi infatti non si conosce la vera identità, tutti e due adoperano uno pseudonimo e le loro opere sono satiriche e fortemente critiche nei confronti della società attuale. Ma mentre le opere di Banksy sono impresse sui muri, quelle di Andrea Villa sfruttano un supporto più debole: la carta. Le sue creazioni sono infatti manifesti che, scimmiottando le campagne pubblicitarie delle grandi aziende, rivisitano contenuti di propaganda politica in chiave satirica, per poi essere affissi dall’artista in punti strategici della città e a volte addirittura nelle teche municipali.Successivamente le loro fotografie sono postate sui social media, rimangono nel tempo e alimentano il dibattito sui temi politici e sociali veicolati dall’artista.
La critica politica di Andrea Villa
La componente critica è molto forte nel lavoro di Andrea Villa: “Volevo vendicarmi dei politici” è la sua risposta alla domanda sul motivo per cui ha iniziato. Le sue opere infatti sono un mix di satira e pop art e ridicolizzano le contraddizioni della politica e della realtà in cui viviamo. L’artista realizzò la sua prima opera nel 2014, appendendo un grande manifesto ispirato al quadro “Il quarto stato” di Pellizza da Volpedo, ma con al posto dei contadini tutti i politici italiani.
Vittime della sua satira sono stati successivamente numerosi personaggi politici, come Fassino, Beppe Grillo, Salvini, Di Maio, Zingaretti, ma anche Trump e Marine Le Pen, questi ultimi raffigurati, insieme a Salvini come testimonial di un’azienda di rasoi filo nazisti.

L’artista durante una mostra a Novembre 2017
Altri manifesti celebri sono “Eau di Nolfi”, che ha come soggetto Mario Adinolfi, politico anti-gay raffigurato come modello per Dolce e Gabbana e quello sulla sindaca Chiara Appendino, che dopo le cariche tra i dehors di piazza Santa Giulia del 2017, divenne il volto della campagna di «apericelere indigestivo con Pugn e Mes», che riprendeva il logo del vermouth Punt e Mes disegnato da Armando Testa.

foto di Maurizio Bosio

Foto de “Il Quotidiano Piemontese”
I dibattitti che i manifesti successivamente suscitano sul web sono accesi: i temi sono scomodi e affrontati in modo volutamente provocatorio, come in uno degli ultimi manifesti, affisso su una pensilina del tram a Milano, dov’è raffigurata la statua di Indro Montanelli avvolta in un profilattico, con la parola “ducex” alla base e lo slogan “Preserva la storia”.

foto di Repubblica Milano
L’anonimato e le minacce ad Andrea Villa
È per questo motivo che l’artista ha scelto di rimanere nell’anonimato, “lo faccio per evitare ripercussioni”. I suoi lavori hanno infatti suscitato negli anni alcune polemiche: dalla denuncia da parte dell’azienda di bike-sharing To-Bike per aver affisso clandestinamente i suoi manifesti nelle teche degli stand delle bici gialle alle minacce dei neofascisti di Forza Nuova, in reazione ad un suo manifesto in cui era rappresentato Mussolini capovolto con la scritta “Non fare il salame, rifiuta il fascismo”.
C
aratteristiche dei manifesti
In ogni lavoro di Andrea Villa c’è un fotomontaggio, che sovrappone opere d’arte e pubblicità del passato a fotografie del presente, mischiando concetti e immagini, unendo il colto con il trash e destrutturando i significati. La tecnica di realizzazione dei suoi manifesti si ispira in parte al Situazionismo degli anni Sessanta, movimento filosofico-sociologico ed artistico marxista libertario, con radici nelle avanguardie artistiche d’inizio Novecento, come il Dada, il surrealismo ed il costruttivismo russo.
Utilizzando il collage e il fotomontaggio di matrice dadaista come linguaggio democratico ma citando spesso anche grandi opere della storia dell’arte e unendo alla cultura underground dei fumetti, dei film e dei meme la storia e la filosofia, Andrea Villa riesce a creare un linguaggio artistico “popolare”, con lo scopo di far apprezzare le sue opere ad un pubblico non esperto del mondo dell’arte. L’efficacia delle sue opere forse è causata anche dalla sindrome di Asperger di cui è affetto l’artista, e che, come ci ha raccontato lui stesso “mi rende più concentrato e partecipe della mia ricerca”.
Street art 2.0
“Le mie opere sono uno studio su come i media influenzano la nostra realtà” ci ha raccontato Andrea. Infatti, le sue creazioni, una volta condivise sui social network,come Instagram e Facebook, spesso diventano virali. Monitorando la pervasività sul web delle sue opere, Andrea studia il loro impatto mediatico, il modo in cui si diffondono sul web e i commenti che riscuotono fra gli utenti. L’influenza sul web di idee politiche è infatti un aspetto fondamentale nella nostra società, in cui il dibattito pubblico è fortemente influenzato dai social network, spesso sfruttati in senso populista.
In questo caso però, i social sono sfruttati per diffondere una forma di arte satirica che ha l’obiettivo di stimolare una riflessione sulle contraddizioni e le problematiche politiche e sociali. In questo modo, la sua non è più semplice street art, ma street art 2.0, dal momento che i suoi lavori prendono vita molto più sui profili social dell’artista, che non in strada, dove i manifesti vengono staccati dopo pochi giorni.
Proprio a causa della sua curiosità nell’osservazione e nello studio delle modalità con cui le persone comuni reagiscono sui social alle sue opere, Andrea in pubblico indossa una maschera riflettente: da un lato richiama l’anonimato e il mistero del mondo della street art, dall’altro lo specchio rende noto lo scopo che le sue opere si prefiggono: quello di rispecchiare la società e le reazioni della gente alle tematiche più scottanti.
La sua è dunque un arte in divenire, che tratta di attualità, popolare e usufruibile da tutti.