Che cos’è il tumore al seno?
Il tumore al seno è uno dei più temuti pericoli in cui una donna può incorrere. Esso può svilupparsi in due diverse forme, quelle non invasive e quelle invasive. Le prime si sviluppano nei dotti galattofori, ovvero piccoli tubi attraverso cui il latte giunge al capezzolo, non si propagano al di fuori del seno e tendenzialmente non danno vita a noduli palpabili al tatto. Le seconde, invece, si diffondono ad altri organi generalmente attraverso i linfonodi. Un nodulo o un’area ispessita del seno rappresenta uno dei primi sintomi.
Il cancro alla mammella è molto frequente: colpisce infatti una donna su nove, soprattutto nella fascia di popolazione compresa tra i 35 e i 55 anni. Ultimamente, vi è stato un aumento della frequenza dei casi, ma si è registrata una diminuzione della mortalità, grazie alla grande diffusione della diagnosi precoce. Quest’ultima è molto importante al fine di trattare la malattia nella sua fase iniziale, quando la terapia ha maggiori probabilità di essere efficace e non troppo invasiva.
Come agire per curare il tumore al seno?
Al giorno d’oggi la mammografia è il metodo di screening più usato per la diagnosi precoce, dal momento che riesce ad individuare gran parte delle lesioni non ancora palpabili. Essa viene eseguita tramite il mammografo, uno strumento radiologico che proietta un fascio di raggi X direttamente sul seno. Quest’ultimo viene posizionato su un apposito piano, il detettore, e leggermente compresso tra due piastre plastificate in modo tale da rendere l’immagine più nitida e da ridurre le dosi di radiazione. In genere vengono fatte due proiezioni per ogni mammella, una dall’alto e l’altra di lato, per un totale di quattro radiografie.
Il detettore assorbe i raggi X trasmessi e ne converte l’energia in segnali elettronici, che sono digitalizzati e fissati nella memoria del computer; dall’insieme di questi dati si ricava un’immagine che compare su un monitor ad alta definizione. A differenza dell’immagine mammografica tradizionale, che è su pellicola, quella digitale può essere modificata dal computer, variando diversi parametri, quali quelli di ingrandimento, luminosità e contrasto, al fine di avere una visualizzazione adeguata di tutte le aree della mammella, costituita da zone a differenti densità.
Si consiglia di effettuare questo esame a partire dai quarant’anni, soprattutto a coloro che non hanno particolare familiarità con questo cancro, la cui incidenza comincia a crescere durante questa età. In Italia viene offerto gratuitamente alle donne tra i 50 e i 69 anni e si esegue periodicamente ogni 2 anni.
Il processo di screening è sempre accessibile e ottimale?
In Italia, durante i primi cinque mesi del 2020 sono stati registrati all’incirca un milione e quattrocentomila esami di screening in meno rispetto agli stessi mesi dell’anno precedente. Non trascurando l’emergenza sanitaria del Covid-19, i dati sono in ogni caso allarmanti, in quanto un mancato controllo può essere la causa di una scoperta tardiva di un eventuale tumore, con la conseguente riduzione della probabilità di guarigione. Per questi motivi, l’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) ha richiesto di destinare più fondi per le terapie, per perfezionare la telemedicina e per creare una rete di collaborazione con la medicina territoriale.
Il dispositivo Blue Box sembra risolvere questo problema.
Che cos’è Blue Box?
Blue Box è un apparecchio in grado di effettuare lo screening del cancro al seno, ricorrendo a un campione di urina e a un algoritmo di Intelligenza Artificiale. Una volta analizzato chimicamente il campione prelevato, esso invia i risultati a un cloud; successivamente l’algoritmo reagisce a specifici metaboliti presenti nelle urine e riesce a fornire una diagnosi. Qualora la paziente risulti positiva, Blue Box, tramite un’applicazione installata sul cellulare, la mette subito in contatto con un operatore sanitario.
La grande potenzialità di questo dispositivo sta nel velocizzare i tempi di attesa per essere assistiti dal servizio sanitario. Inoltre, ha lo scopo di diventare parte della quotidianità di ciascuna donna, che tranquillamente da casa può monitorarsi e sottoporsi a un breve esame non invasivo, in modo tale da prevenire l’insorgere del tumore o della sua scoperta in stadio avanzato.
Il meccanismo che regola l’algoritmo (Machine Learning) è alquanto interessante: tutte le volte che qualcuno utilizza Blue Box e trasmette i propri dati, l’algoritmo acquisisce un qualcosa in più e migliora le sue abilità, perfeziona lo screening e dà risultati più precisi. Più si usa questo dispositivo, più esso è efficiente. Quindi, l’obiettivo è idealmente quello di rendere collettiva la lotta contro il cancro, poiché chi usa per prima l’apparecchio, migliora l’utilizzo di chi se ne serve dopo.
A chi è venuta l’idea di Blue Box?
L’idea è di Judit Giró Benet, un’ingegnere biomedico ventitreenne di Tarragona (Spagna), la quale ha vinto il James Dyson Award 2020, grazie a Blue Box. L’ispirazione le è venuta in seguito alla diagnosi di tumore al seno della madre e dopo aver appreso che un cane era stato in grado di individuare la presenza di un cancro al polmone, annusando il respiro del suo padrone. Oggigiorno le donne devono subire una procedura invasiva e talvolta costosa in ospedale: il 40% di queste decide di non effettuare la mammografia, mettendo così a rischio la propria salute. Per questo motivo, Judit ha avuto l’idea di trovare una via alternativa domestica, accessibile a ciascuna donna: già nel 2017 ha creato il prototipo. Successivamente, consapevole dell’importanza che avrebbe avuto l’Intelligenza Artificiale sul suo progetto, si è iscritta al Master in Embedded Cyber-Physical Systems dell’Università Irvine della California per migliorare le sue conoscenze al riguardo.
Blue Box ha attualmente una precisione del 95%, ma ci vorrà ancora un po’ di tempo prima che questo dispositivo sia messo sul mercato. Sicuramente i finanziamenti provenienti dal James Dyson Award saranno utili al miglioramento del dispositivo che sarà poi brevettato e, in seguito, presentato a dei possibili investitori. Infine, dopo esser stato approvato dalle agenzie regolatorie FDA (Food and Drug Administration) e EMA (European Medicines Agency), le quali si occupano di assicurare sicurezza ed efficacia di farmaci, vaccini, dispositivi medici e integratori alimentari, Blue Box sarà pronto all’utilizzo e potrà essere venduto.