Boris è la migliore serie tv italiana, senza ombra di dubbio. Pubblicata nel 2007, vede tre stagioni complessive, e un successo relativamente scarso nell’arco delle tre stagioni che la compongono. Fino alla vera e propria esplosione di questo mese, quando è ricomparsa – finalmente – su Netflix.
Boris su Netflix vuol dire solo una cosa: addio sessione estiva. Perché non importa quante volte uno l’abbia già vista, quanti episodi conosca a memoria, quante citazioni usi ogni giorno: Boris si guarda e si riguarda, con religiosa ammirazione.
La trama di Boris
La trama di Boris è incentrata sulle vicende di una troupe televisiva italiana che produce una fiction, Gli Occhi Del Cuore. Come tutte le serie televisive italiane – soprattutto quelle di qualche anno fa – Gli Occhi Del Cuore è scritta malissimo, senza una trama coerente, e contornata da un romanticismo volto a far appassionare la casalingha di Voghera.
Il protagonista è Alessandro, stagista, che si aggiunge alla troupe mentre questa si accinge a girare la seconda stagione. In realtà, ogni personaggio di Boris è considerabile protagonista, a suo modo. René, il regista, un uomo di talento che si è però lasciato andare, finendo a produrre serie di scarso livello. Augusto Biascica, capo-elettricista un po’ ruvido ma che si scoprirà pieno di sfaccettature – e con un figlio chiamato “Francesco Totti”. Duccio Patané, direttore della fotografia con una discreta passione per la cocaina e nessuna voglia di lavorare. Tra l’altro è l’unica persona al mondo che riesce a stare così rilassata dopo averne consumata.
Poi ci sono Diego Lopez, delegato della rete, con il suo modo di fare da politicante, Sergio, delegato di produzione con un’etica piuttosto labile, Lorenzo, stagista alla fotografia, anche lui “schiavo” come Alessandro. E Arianna, impersonata da Caterina Guzzanti, severa e disciplinata, unica ragione per cui la troupe ancora sopravvive.
Last but not least, Stanis La Rochelle, alias Pietro Sermonti, la vera e propria star della serie. Colui che darà un soprannome ad Alessandro – “Seppia”, e se vi state chiedendo il senso, lasciate stare: non c’è, come in metà delle cose che fa.
Le ragioni del successo
Boris diventa un vero e proprio culto in certi ambienti (come il gruppo Facebook di HipDem). La ragione è senza dubbio il livello dell’umorismo. Non si limita a far ridere per l’eccentricità di certi personaggi. Vi è una continua satira sull’Italia, con incessanti riferimenti politici e di attualità – come a Berlusconi, nella terza stagione.
Non è facile stare al passo delle battute contenute nella serie. Anzi, capita spesso di capirle solo dopo essersi confrontati con qualcuno. Proprio per questa ragione, forse, la serie ha faticato a diffondersi, diventando però centrale per chi riusciva a comprenderla.
I personaggi di Boris sono tutti personaggi dell’Italia contemporanea, con il loro straordinario talento inespresso e le loro debolezze, a cui non sanno resistere, condannandosi alla mediocrità. Ai personaggi della troupe si alternano figure come Sergio Brio o Paolo Sorrentino, che interpretano se stessi in brevi cameo. Altro cameo geniale è quello di Corrado Guzzanti, che interpreta la figura del Conte. I brevi interventi di figure come Sorrentino, Guzzanti o Brio, o ancora Massimiliano Bruno nel ruolo di Martellone arricchiscono Boris, aggiungendo sfaccettature e portando qualche novità in ogni episodio. Anche l’originalità di ogni vicenda è ragione del successo di Boris.
Devo guardare Boris?
Chiunque abbia visto Boris non può che suggerirvi di guardarla. Non c’è ombra di dubbio che vi appassionerete. Magari sarà meno immediata di tante altre serie, ma se vi dedicherete con la giusta applicazione otterrete un giusto premio.
E poi c’è una ragione fondamentale per guardare Boris: i meme. Le citazioni della serie pervadono i meme di qualsiasi social network, specialmente dopo la ricomparsa di Boris su Netflix. E capire i meme è un’ottima ragione per guardarla.