L’ANNUNCIO
Sono state 72 ore di fuoco nel panorama calcistico. Il 18 aprile un fulmine a ciel sereno si è imbattuto sullo sport più seguito al mondo, causando un’ondata di reazione mai vista prima.
Tutto nasce dall’idea rivoluzionaria di Andrea Agnelli e Florentino Perez. I due presidenti, rispettivamente di Juventus e Real Madrid, danno vita alla loro volontà di dare forma ad un’innovazione che porterà spettacolo e guadagno.
L’idea nasce in seguito a una diatriba economica con la Uefa e la Fifa. Infatti, quest’ultime, viste le gravi perdite economiche date dalla pandemia, non sembravano più in grado di sorreggere economicamente i club. Senza perdita di tempo, alcuni dei top team mondiali, supportati dalla banca americana JP Morgan hanno subito trovato una soluzione; nascita della Superlega e grandi finanziamenti alle squadre che ne prenderanno parte. 12 grandi squadre firmano subito l’accordo, 6 top club inglesi, 3 spagnoli e 3 italiani. Convinti della funzionalità dell’idea.
L’ONDATA DI PROTESTA
Le reazioni però non sono quelle attese. Il mondo del calcio si unisce come mai aveva fatto prima nel manifestare la contrarietà all’innovazione.
I primi a condannare l’idea sono la Fifa e la Uefa, intimorite dalla perdita di potere e dalla concezione troppo elitaria della nuova coppa. Subito dopo l’ondata di rivolta travolge i presidenti delle squadre escluse, e alcuni calciatori stessi. Ma la reazione più potente è quella del popolo. Migliaia di tifosi, di ogni squadra, scesi in strada al grido “il calcio è morto”, bruciando magliette e invocando un passo indentro dei club.
Tra le proteste escono le dichiarazioni ufficiali del Presidente Uefa Ceferin, con la volontà di esclusione delle squadre che prenderanno parte al nuovo torneo dai campionati nazionali e internazionali. Inoltre non verrebbe più permesso ai calciatori di tali squadre di partecipare alle partite delle loro nazionali.
È un clima di completo caos. La velocità con cui sono accaduti così tanti eventi significativi ha destabilizzato l’ordine. L’assenza di controllo finisce per sfociare in una dura protesta. Come quella messa in atto dai tifosi del Chelsea prima del match di Premier League. In grande quantità si rivoltano per strada fuori dallo stadio, bloccando il passaggio del pullman della squadra, e obbligando così i dirigenti a parlare. Il popolo più che mai vuole essere ascoltato, e se i mezzi che ha a disposizione non bastano, non teme di usare le maniere più dure.
IL RIPENSAMENTO
I fatti accaduti a Londra prima di Chelsea-Brighton, sembrano però segnare un punto di svolta inaspettato nella storia. Proprio durante il match, infatti, tramite alcune testate giornalistiche iniziano a girare alcune voci. Lo stesso Chelsea sembra essere la prima squadra a fare marcia indietro. La notizia non è ancora ufficiale, ma fuori dallo stadio scoppia già una festa. In brevissimo tempo, la notizia di un dietrofront si amplia sempre di più, fino all’ufficialità del ritiro di tutte le squadre inglesi.
Quella che sembrava una solida unione di club pronti alla rivoluzione, si scioglie in men che non si dica. I 2 fondatori, unici convinti dell’idea, vengono abbandonati a loro stessi, costretti a riflettere sul modello.
“Resto convinto della bontà del progetto, ma non si può fare un torneo a sei squadre” dichiara Andrea Agnelli. L’altro fondatore, Florentino Perez, invece non si vuole dare per vinto: “Il progetto è solo in stand-by, stiamo riflettendo e lavorando insieme”
Colpiti dalla fuga degli altri club, e dall’apparente sconfitta della loro ideazione, Agnelli e Perez restano fedeli a loro stessi, con l’idea che sia possibile migliorare il progetto e riproporlo. In caso contrario sarà il momento di ascoltare le proposte di Uefa e Fifa, per il raggiungimento di un accordo vantaggioso per tutti.
Nel mentre però, nonostante il passo indietro dei club, continuano le proteste. Sta volta a Manchester, dove i tifosi dello United hanno bloccato l’entrata al campo d’allenamento chiedendo le dimissioni del co-presidente Glazer.
COESIONE PER UN FUTURO MIGLIORE
Questi pochi giorni di totale caos nel mondo del calcio hanno portato alla luce tanti problemi, tanti fattori positivi, ma anche tanti dubbi. La poca trasparenza di tutto quello accaduto genera situazioni strane, nelle quali è difficoltoso capire quale sia stato il vero motivo trascinante che ha spinto alcune squadre a prendere decisioni così differenti in così poco tempo. Dal lato migliore si può vedere questo passo indietro come la vittoria del popolo. Quei tifosi troppo spesso messi in secondo piano, finalmente ascoltati e accontentati.
Dall’altra però potrebbero esserci dietro ulteriori motivi economici. I club, oltre essere stati pressati dai governi, potrebbero aver trovato nuovi accordi più onerosi con le precedenti organizzazioni calcistiche.
Tutti i dettagli non sono ancora chiari, e soprattutto non sappiamo quale sarà, se ci sarà, il futuro della Superlega. In ogni caso in questi pochi giorni si è fatta la storia, e si spera che questa occasione abbia aperto gli occhi per future innovazioni positive. Intanto in Italia si pensa all’inserimento di un salary cap per ridurre i costi, mentre la Champions League espone il suo piano di riforma.
Tanto più in un periodo come questo c’è bisogno di unione, le organizzazioni devono aiutare le squadre, e le squadre devono ascoltare i tifosi. L’unità può portare le novità che questo sport ha bisogno, perché solo così il calcio rimarrà lo sport che ha fatto innamorare miliardi di persone.