L’articolo su capolarato e rider che stai leggendo è scritto da @_rugabella.
Pochi lavori sono più duri di quello del rider: turni estenuanti, lunghe distanze da percorrere nel traffico denso e inquinato delle nostre grandi città. Con il sole, con la pioggia, con il vento, i rider devono pedalare velocissimi per portare il cibo caldo sulla nostra tavola. Ma c’è una differenza sostanziale tra un lavoro duro e dignitoso e una condizione di sfruttamento.
Il caporalato sui rider di Uber
Ed era proprio quest’ultima a descrivere la vita dei rider di Uber Italy, la filiale italiana del colosso americano, che è stata commissariata dal Tribunale di Milano la scorsa settimana. Uber Italy era a conoscenza delle condizioni di lavoro degradanti a cui erano sottoposti i rider. La gestione dei fattorini avveniva attraverso una società intermediaria, Flash Road City srl. FRC arruolava i rider tra gli ospiti dei centri di accoglienza di Mortara e Vigevano. Lì, infatti, poteva trovare manodopera a basso costo e disposta a tutto per sopravvivere, perché prelevata da uno stato di “forte isolamento sociale”.
Sfruttando questa condizione di bisogno, FRC poteva imporre condizioni economiche minime: una paga di 3€ a consegna e un sistema punitivo se i rider non accettavano turni massacranti. Ad esempio, FRC puniva i rider che rifiutavano o cancellavano consegne con sanzioni che partivano da una trattenuta di 0,5€ sulla consegna. In alcuni casi, potevano giungere anche al blocco del profilo del rider sull’app.
A questo si aggiunge il fatto che i rider non hanno mai ricevuto le mance inserite tramite applicazione. Il Tribunale di Milano ha infatti rilevato che gli intermediari trattenevano le tips date ai riders dagli utenti. E se qualcuno si lamentava, riceveva minacce, anche fisiche. “Ti vengo a spaccare la testa” avrebbe scritto Danilo Donnini, dirigente FRC a un rider che gli aveva dato del ladro.
Uber sapeva e agiva di concerto con i dirigenti di FRC: avevano messo in piedi un sistema di sorveglianza informale in cui i rider venivano monitorati e fotografati. Per chi non rispondeva ai requisiti dei datori di lavoro la sanzione era il “blocco a vita” dall’applicazione. L’importanza della sentenza sta nel prevedere la nomina di due amministratori giudiziari in Uber Italy, che dovranno garantire la cessazione dello sfruttamento e rimuoverne gli effetti.
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