Due mesi dopo le rivolte che portarono alla morte di 14 persone, l’Italia torna a parlare di carcere e giustizia. Questa volta, però, a ribellarsi è il versante opposto. Non i detenuti, bensì i magistrati e le associazioni antimafia. Tema della disputa è il lungo elenco di boss e mafiosi scarcerati nelle ultime settimane a causa del coronavirus. Secondo gli avvocati difensori, lo Stato non sarebbe in grado di garantire un adeguato supporto sanitario, specialmente a persone di età avanzata. Da qui le numerose richieste di scarcerazione, molte approvate, che hanno risucchiato l’Italia nell’ennesima polemica sul sistema carcere. Nella bufera soprattutto il ministro della giustizia Bonafede, finito nel mirino delle opposizioni, tanto da indire una mozione di sfiducia per il 20 maggio.
La polemica
Il 5 maggio il quotidiano Repubblica ha diffuso la “lista segreta” con i nomi di 376 detenuti, tra mafiosi e trafficanti di droga, che sarebbero stati scarcerati. Tra di loro personaggi illustri dell’ambiente malavitoso. C’è Pasquale Zagaria, la mente economica del clan dei Casalesi. Così come ci sono Antonino Sacco, il boss di Brancaccio, e Francesco Bonura, una delle figure più vicine a Bernardo Provenzano. Insieme a loro una lunga serie di nomi: in particolare sono 373 i detenuti dei reparti di “alta sicurezza”, mentre solamente 3 i boss reclusi al 41bis. Questi ultimi sono i già citati Zagaria e Bonura, ai quali si aggiunge Vincenzo Iannazzo, boss della ‘ndrangheta lametina. La scarcerazione ovviamente non prevede libertà totale, ma il trasferimento agli arresti domiciliari per motivi che sarebbero legati alle loro gravi condizioni di salute, oltre all’alto rischio di contagio da Covid-19.
Le reazioni sono state immediate. Matteo Salvini e Giorgia Meloni, i leader dell’opposizione, hanno chiesto le dimissioni del Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, invocando anche l’intervento del Quirinale. La lista, inviata dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria alla commissione antimafia, è stata presa di mira anche da diversi magistrati. Secondo le opposizioni, tramite il Decreto “Cura Italia” di Marzo, il governo giallorosso avrebbe permesso le scarcerazioni. Tra i diversi provvedimenti di quest’ultimo, c’è infatti il trasferimento ai domiciliari per i detenuti a cui resta meno di 18 mesi di pena detentiva. Restano tuttavia esclusi i condannati per reati gravi, tra cui associazione mafiosa. Dunque, come ha ribadito anche il Ministro Bonafede, le 376 scarcerazioni non sarebbero da imputare al decreto del 17 marzo, ma a leggi già preesistenti.
I motivi
Le motivazioni fanno riferimento alle “gravi condizioni di salute” e all’impossibilità del sistema carcere di poter garantire un’adeguata assistenza sanitaria. La maggior parte di essi è infatti affetta da gravi patologie. Francesco Bonura ha 78 anni e problemi respiratori, oltre ad aver già avuto un cancro al colon. Antonino Sacco ha 65 anni, viene da un infarto e diversi problemi al cuore. Ma come già detto non sono gli unici. Per casi simili esistono strutture carcerali specializzate nell’assistenza sanitaria, ma le richieste di trasferimento, inviate al Dap da parte dei magistrati, avrebbero avuto risposta negativa o tardiva. Per questo motivo i magistrati sarebbero stati “costretti” a concedere i domiciliari.
In seguito alle rivolte di marzo e alla polemica sulle scarcerazioni, il capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Francesco Basentini, ha annunciato le proprie dimissioni. Il Ministro Bonafede, interrogato dalla Commissione giustizia, ha chiarito che da inizio pandemia sono 2.238 i detenuti che hanno lasciato il carcere per le leggi ordinarie, mentre circa 900 sarebbero quelli trasferiti ai domiciliari in seguito al Decreto Cura Italia. Inoltre gli appartenenti al circuito di alta sicurezza che hanno lasciato il carcere non sarebbero 376, ma 498. Tuttavia, come ha aggiunto, il ministero ha già avviato le procedure per riesaminare le misure prese nei confronti dei boss più “pericolosi”.
Il nuovo decreto
Primo a rientrare in carcere è stato il boss palermitano Antonino Sacco, a cui seguirà Pasquale Zagaria. Entrambi verranno trasferiti in carceri specializzati e potranno affidarsi a strutture sanitarie locali. I provvedimenti presi dal governo impongono una rivalutazione, da parte dei magistrati, delle scarcerazioni avvenute nelle ultime settimane. Inoltre è previsto un piano sanitario per le persone con gravi problemi di salute e che dunque necessitano di assistenza sanitaria. Tuttavia il rischio è che questi provvedimenti possano risultare troppo “frettolosi” e ritorcersi contro il sistema penitenziario. Da inizio pandemia si contano circa otto morti a causa del virus, di cui quattro detenuti, mentre la restante metà si divide tra agenti e medici penitenziari. Oltre ad essi sono circa 211 i detenuti contagiati e oltre 300 gli agenti.
L’impatto del Coronavirus sul carcere è stato devastante, proprio perché ne ha mostrato i limiti e le debolezze. Oltre al sovraffollamento e alle precarie condizioni di salute, ha evidenziato come non esista un’organizzazione solida in grado di affrontare questi problemi. Una scarcerazione collettiva di mafiosi ancora potenzialmente pericolosi potrebbe diventare un boomerang sociale, oltre che essere un favore alle organizzazioni criminali che in questo periodo sembrano prosperare più che mai. Tuttavia allo stesso tempo è suo dovere garantire il diritto alla salute per ogni cittadino. E, soprattutto, vigilare affinché non esistano più “falle” in un sistema già estremamente fragile.
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