Eccoci di nuovo qui per parlare di: piante carnivore. Oggi affronteremo il discorso dei sistemi di cattura. Partiamo con il dire che vi sono 5 tipi diversi di trappole:
- A scatto
- A colla
- Ad ascidio
- A nassa
- A risucchio
Trappole a scatto
Iniziamo a descrivere le trappole a scatto, tipiche della Dionaea muscipula e dell’Aldrovandra Vulgaris: come funziona? Le foglie sono disposte a tagliola e nella pagina interna della foglia sono presenti dei peletti che quando vengono sfiorati, la foglia si chiude ed inizia la digestione. I peli della Dionaea necessitano di due tocchi per attivare la trappola, in quanto questa specie vive in zone molto piovose e la pianta non deve chiudersi per via di una goccia d’acqua, poiché chiudendosi consuma energia (la trappola riesce a chiudersi in un quarto di secondo grazie ad una scossa elettrica determinata dalle auxine, ormoni vegetali). Quindi, se i peli toccati sono due, la pianta sa che si tratta di un insetto ed attiva la trappola.
Le trappole dell’Aldrovandra sono ancora più stupefacenti in quanto essa è una pianta insettivora acquatica. Nell’acqua la pressione è più intensa e quindi la pianta utilizza più forza per chiudersi e necessita di un solo sfioramento.
Trappole a colla
Come quelle della Drosera rotundifolia o della Pinguicula Vulgaris. La prima presenta dei tentacoli, tappezzati da peduncoli secernenti colla (mucillagine) dove l’insetto rimane appiccicato e il suo dimenarsi stimola la foglia della pianta a ripiegarsi su se stessa nel giro di un quarto d’ora, fino a spezzare il collo dell’insetto; dopodiché i peduncoli secernono enzimi digestivi. Le foglie della Pinguicola non sono a forma di tentacolo, assomigliano a quelle delle piante grasse, ma sono cosparse di mucillagine, come se fossero carta moschicida dove l’insetto rimane immediatamente appiccicato e viene digerito vivo tramite enzimi digestivi.
Trappole ad ascidio, i due tipi nelle piante carnivore
Qui abbiamo molto di cui parlare, esistono due tipi di ascidi: a forma di tubo, tipici delle Sarraceniae, e quelli a forma di sacco, come quelli delle Nepenthes. I primi sono dei veri capolavori: presentano una specie di cappuccio dove sono presenti peli capaci di produrre sostanze nettarine per attirare gli insetti (cappuccio che possiedono anche gli ascidi a sacco). Sotto al cappuccio vi è questo tubo lunghissimo. I peli, essendo rivolti verso il basso fanno sì che l’insetto perda l’equilibrio e cada nel tubo.
Ora, poniamo che questo insetto sia una formica: tenta di risalire, ma le pareti interne sono scivolose e la sua zampetta stimola il rilascio di succhi gastrici. Non fatevi trarre in inganno, anche se l’insetto in questione avesse le ali, non potrebbe scappare: la pianta sfrutta il teorema di Bernoulli, per cui se l’insetto vola, anzichè salire, la pressione lo spinge verso il basso. A questo punto seguirà lo stesso percorso della formica. L’ascidio a sacco invece, presenta al suo interno del succo gastrico già pronto, quindi l’insetto quando cade rimane immobilizzato e viene digerito.
Trappole a nassa
Tipiche della Genlisea. Questa pianta possiede delle radici a forma di “Y al contrario”. Quando il nematode o l’intestino ghiotto di radici si addentra a seguire il percorso, ad un certo punto troverà dei peletti rivolti verso l’interno che gli impediranno di tornare indietro e lo costringeranno a proseguire in avanti fino all’apparato digestivo.
Trappola a risucchio nelle piante carnivore terricole e acquatiche
Tipiche delle utricolarie. In realtà le utricolarie terricole sfruttano le trappole a nassa, quelle acquatiche invece sfruttano le trappole a risucchio. Queste trappole sono a forma di piccoli palloncini e sul punto di risucchio presentano dei peletti esterni che, se vengono sfiorati da un protide, attivano la trappola al cui interno vi è un’intensa pressione che risucchia all’interno malcapitato.
Queste sono le metodiche, malefiche, delle piccole killerine che insieme andremo a conoscere sempre di più.