Avevamo cominciato il 2020 col rischio di una presunta “terza guerra mondiale” e i danni del cambiamento climatico. Poi, tutto è cambiato. Di nuovo. La pandemia in corso potrebbe essere uno spartiacque tra com’era il mondo e come sarà. Il ritorno alla normalità sarà più lento del previsto ma il Coronavirus fa pensare a una serie di considerazioni da tenere a mente quando l’emergenza sarà passata.
Vediamone alcune.
1) L’importanza della ricerca

Fonte: Il Fatto Quotidiano
È stata la dottoressa Maria Rosaria Capobianchi la prima al mondo ad isolare il Coronavirus. Direttrice del laboratorio di Virologia dello Spallanzani di Roma dal 2000, è originaria di Procida ma si è trasferita nella Capitale dopo gli studi. In un’intervista a La Repubblica dice:
Abbiamo dei cervelli eccezionali che vengono esportati in tutto il mondo. Devono avere le possibilità di esprimere il proprio talento. Allo Spallanzani siamo fortunati: ha avuto finanziamenti e considerazione. E oggi i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Quando si investe c’è un ritorno. Questo è un esempio da seguire per dare opportunità ai nostri giovani.
La ricerca è notoriamente poco valorizzata in Italia, ma ha sempre rivestito un ruolo fondamentale per tutti i Paesi industrializzati, in un’ottica di innovazione. Non si rivela cruciale soltanto per un caso ad hoc come studiare il vaccino per fermare una pandemia, ma anche per i brevetti e le invenzioni che diventano poi un fattore di successo competitivo con l’Europa e il resto del mondo. Il Coronavirus, forse, può ricordare al Paese che è necessario investire di più in questo senso.
Bisogna cambiare modo di vedere la ricerca, non più come un costo che va a braccetto col precariato, ma come una risorsa che permette al Paese di progredire.
2) Cosa significa abitare in una smart city

Il Rettore Cupertino nel suo ufficio. Fonte: Teknoring.
Come accennato da EconomyUp le misure adottate per bloccare la pandemia in Italia potrebbero essere il primo test di una smart city. Nel giro di dieci giorni l’Italia si è riconvertita allo smart working, all’home-schooling, e-learning e sharing mobility. Tanti paroloni inglesi che indicano un modello di Paese moderno. Sì, perché prima arrancavamo dietro la tecnologia pur essendo grandi innovatori a livello europeo. La pubblica amministrazione, più di tutti gli altri ambiti, andava più a rilento che mai nel modernizzarsi. Lo smart working era incatenato al peso della burocrazia.
Col Coronavirus, invece, si è passati in tempi record a un vero e proprio tentativo di smart city. Con tutti i pro e i contro del caso e con peculiarità date dall’emergenza che in circostanze normali non si presenterebbero. I benefici si ravvisano già nelle emissioni di CO2 ridotte (qui si possono osservare i risultati dal satellite) o i canali tornati limpidi a Venezia.
Alcuni di noi non hanno mai capito realmente le conseguenze dei comportamenti sull’ambiente, cedendo il passo ad egoismi di sorta.
Se cogliessimo l’input scaturito dalla quarantena, però, quali sarebbero le conseguenze?
3) La sanità pubblica ha un ruolo cruciale

Istituto Spallanzani (Roma) – Fonte: Il Messaggero
Questa emergenza ci fa riflettere sull’importanza della sanità pubblica. Il modello degli Stati Uniti parla chiaro. Di recente, una donna di Boston positiva al Coronavirus ha dovuto spendere circa 35.000 dollari di cure perché non era coperta da un’assicurazione sanitaria. Come lei vi sono tra i 30 e i 40 milioni di persone. Il costo del tampone si aggira poi sui 1.000 dollari, un ricovero può arrivare anche a 73 mila (dati FairHealth). Come se non bastasse, le cliniche che si occupano di medicina d’urgenza hanno il diritto di rifiutare le cure a chi non ha un’assicurazione sanitaria. Rimane ancora incerto il caso del 17enne californiano che non aveva assicurazione sanitaria e, pertanto, gli sono state negate delle cure all’ospedale cui si era rivolto.
Per gli assicurati, i costi scendono sensibilmente: si stimano 9.763 dollari per il trattamento del COVID-19 e circa 20 mila per un ricovero con eventuali complicazioni (dati Kaiser Family Foundation). Qualche passo avanti era stato fatto dall’Obamacare, che Trump aveva comunque tentato di eliminare dando voce alla mentalità diffusa della privatizzazione. Va detto, poi, che milioni di americani stanno perdendo il lavoro e quindi la possibilità di avere un’assicurazione sanitaria. Quali saranno le conseguenze?
Con la sanità pubblica le emergenze sanitarie si arginano e gestiscono più in fretta, ed è ciò di cui avrebbe bisogno una città come New York, ad alta densità di popolazione.
4) La cultura del fallimento

Aziende riconvertite nel Lazio – Fonte: Il Messaggero
È un’ottica secondo la quale ogni fallimento rappresenta un’opportunità per crescere e imparare.
Le misure prese dal Governo per gestire l’emergenza sono state criticate aspramente. Perfino la rivista scientifica Harvard Business Review ha bocciato gli interventi governativi. Andavano presi provvedimenti più drastici, si sostiene. Bisognava agire più in fretta. Gli operatori sanitari non avevano strumenti adeguati. Non eravamo pronti.
Stiamo pagando ogni errore commesso – da noi o da altri-. Di sicuro ce ne sono stati molti, da parte di più soggetti. Tutto ciò però può insegnarci a reagire, a cogliere i punti deboli del nostro Paese e di noi stessi per poterci lavorare sopra, a responsabilizzarci. Possiamo imparare a rivedere il modo in cui trattiamo il prossimo, ad esempio. Ogni gesto che facciamo ha delle ripercussioni nella società. L’Italia può essere il primo Paese europeo a gestire un’emergenza sanitaria, ricavarne l’esperienza necessaria per migliorare e trarne un vantaggio.
Quella che stiamo affrontando non è una situazione da manuale. E chi avrebbe potuto sapere che le persone avrebbero buttato alle ortiche il buonsenso con episodi come grigliate di gruppo durante la quarantena, aperitivi “di protesta” per le misure che obbligavano a stare a casa, un boom di contagi dovuto alla fuga in treno verso sud degli studenti e via dicendo? Va bene, forse non abbiamo mai vissuto una pandemia e non eravamo a conoscenza di tutte le precauzioni del caso, ma questo come si può spiegare?
In conclusione, una volta terminata l’emergenza dovremmo capire bene che cosa ci ha insegnato e come migliorare, non solo come Paese e società ma anche come individui.
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