“Volevo solo scoprire dove fossero i limiti. Finora ho scoperto che non ce ne sono. Volevo solo che qualcuno mi fermasse, e nessuno mi ha fermato.”
La morte, come viene concepita nel mondo occidentale, è una fine: la fine della vita, la fine della propria possibilità di riscattarsi per poter entrare nel paradiso, o tuttalpiù l’inizio di un viaggio nell’aldilà. La verità, però, è che nessuno sa cosa ci sia dopo l’esalazione dell’ultimo respiro. Forse sarà tutto buio? Forse un angelo verrà a prendermi? Finirò di esistere per sempre?
Damien Hirst, con la sua poetica, cerca di dare una risposta, e lo spiega molto bene nel titolo della sua opera più celebre: “Phisical Impossibility of Death in the Mind of Someone Living”, l’Impossibilità Fisica della Morte nella Mente di un Vivo. Non possiamo immaginarci la morte, non ne siamo capaci, perché finora abbiamo conosciuto solo la vita.
L’opera consiste in uno squalo tigre di quattro metri (Hirst spese seimila dollari per acquistarlo da un pescatore di pescecani australiano) immerso in più di ottocento litri di formaldeide.
Quasi tutta l’arte, se non performativa, coglie un attimo, uno. É la scelta dell’attimo, il come questo momento viene catturato per sempre che fa la differenza. Per i classicisti era il sublime, la potenza estetica che veniva colta nell’attimo, per gli impressionisti era l’immobilità di un momento, fermato, ma per sempre vivo e mutevole.
Per Hirst è l’incoscienza, la non comprensione dell’eternità di quell’attimo al di là della morte. Non oltre la morte, in un mondo separato, ma al di là di essa, sullo stesso filo temporale: l’ultimo attimo della vita così come l’hai vissuta e l’inizio dell’eternità di quello stesso attimo.
L’opera quindi, non è solo una scultura inusuale e inquietante, ma è la sensazione che provoca nello spettatore. Nel momento in cui si è di fronte allo squalo morto, non è la sua eternità a fare effetto, ma il paragone di essa con la propria mortalità. Anche tu morirai. Anche tu sarai bloccato in quell’attimo post mortem per sempre.
Lo squalo è quindi un mero mezzo per trasmettere il messaggio. Lo capiamo bene anche dal modo in cui Hirst tratta l’opera negli anni seguenti: innanzitutto la rende parte di una serie; mucche volatili, capre, maiali, tutti immersi nella formaldeide, tutti che vogliono comunicare la stessa cosa. Supera tutte le aspettative, e rivoluziona il concetto di copia, quando produce un altro squalo, identico al primo, e lo batte all’asta per un prezzo più alto di quello dell’opera originale. É la prova definitiva che l’opera è lo shock dell’essere messi di fronte alla morte, non la scultura fisica.
L’artista non si ferma certo qui, e trova una miriade di modi per esprimere la definizione estetica di eternità dall’attimo della morte. Nel 2017, a Palazzo Grassi a Venezia, Hirst mette su una mostra chiamata Treausers of the Wreck of the Unbeliavable, in cui espone dei reperti sottomarini che finge di aver trovato in un relitto antichissimo.
La gigantesca copia del David che mette in mezzo a Palazzo Grassi suscitò non poco scalpore, ma era necessaria: una cosa che per noi è enorme, sul fondo del mare non sarebbe che un minuscolo puntino, per sempre fermo nell’eternità degli abissi.
La mostra è anche accompagnata da un docu-film girato da un gruppo di ricerca universitario (inventato) sul ritrovamento dei reperti. È realistico tanto che lo spettatore potrebbe crederci davvero, ed è questo l’obiettivo: Hirst crede che questa stranissima avventura sia successa. E se ci riesce lui, perché gli altri no?
E ancora “For the Love Of God” il teschio umano (con denti veri) ricoperto di diamanti, a rappresentare la morte secondo Hirst, e i Cherry Blossoms, una seria di quadri on going per celebrare la vita.
Damien Hirst è un artista estremamente poliedrico, un uomo strafottente, un essere umano che ha rispetto per la vita.
Nato a metà degli anni sessanta, è ora uno degli artisti contemporanei più quotati al mondo: non è un caso. Da adolescente visita un obitorio, e capisce che vuole ricercare la morte. Da giovane adulto lavora come centralinista, e capisce che con una telefonata si può comprare tutto. Da adulto è un artista sofisticato, e anche molto bravo a gestirsi nel mercato dell’arte. É stato uno dei primi artisti a prendere il controllo del proprio profilo Instagram, a farsi vedere per quello che davvero è e a rispondere alle domande del pubblico, perché crede che l’arte possa nascere da chiunque, e che ogni essere umano è artista. Se più o meno bravo, dipende da quanto pensa.
“Ero con questo tizio, un muratore, che a pranzo si stava mangiando un cuore ripieno… Io pensavo “non sono come questa gente. Io sono un artista” e ho visto un’ape che si posava su un fiore, e ne succhiava via tutto il polline. Io guardavo e pensavo “Come riesce a farlo?” E poi il tizio che stava mangiando il cuore disse “Ma l’ape come riesce a farlo?””