Leggere la trilogia di Suzanne Collins “Hunger Games”, che si è conclusa una decade fa, è stata un’esperienza febbrile, disturbante, esilarante e consumante. La sua premessa era orribile: nel mondo distopico di Panem, costruito sulle rovine di quella che una volta era il Nord America, giovani persone che erano selezionate ogni anno dalla lotteria dovevano combattere contro la morte, come i gladiatori, mentre una intera nazione li seguiva in TV.
Più di 100 milioni di copie dei libri sono in stampa, e la loro immensa popolarità è dovuta largamente alla loro eroina carismatica, Katniss Everdeen, con il suo coraggio da ribelle, la foga da cacciatrice e il suo ardente desiderio di giustizia. Se lei era la cosa migliore di Panem, allora il suo presidente, l’inquietante Coriolanus Snow, era la peggiore. Un orribile mix di Machiavelli, Nero e Riccardo III, indossava una rosa per mascherare l’odore di sangue nella sua bocca con ulcere (il risultato di aver ingerito veleno).
E ora, nella tradizione dei film come Joker, che rivela che uno dei nemici di Batman era uno stand up comedian che ha perso l’accesso alle sue cure, e i prequel di Star Wars, in cui si scopre che Darth Vader era una volta un cavaliere Jedi, arriva The Ballad of Songbird and Snakes.
Questo prequel, ambientato 64 anni prima rispetto ai libri originali, rappresenta Coriolanus come un 18enne confuso, uno studente di scuola superiore alla ricerca di ottimi voti e della dominazione del mondo.
È una sfida scrivere un libro il cui eroe è, lo sanno tutti, destinato a diventare profondamente cattivo. Vogliamo sentire -ora, dopo che sappiamo il finale- che il giovane Voldemort era uno studente modello che ha preso la via delle magie oscure o che il Sauron adolescente si arrabbiasse perché doveva indossare vestiti fatti a mano?
Sì, grazie (scuse a coloro che amano i loro finti mondi che rimangono intatti). “TBoSaS” ci porta in una Panem ancora nei tempi bui della ricostruzione dopo che i distretti hanno fallito la ribellione contro la Capitol dittatoriale. Come le terre esterne soggiogate da un pessimo governo centrale nella Roma antica -una delle ispirazioni della storia, ha detto la Collins, e la ragione per cui cosi tanti nomi di personaggi sono tratti dalla storia romana- i distretti hanno pagato un caro prezzo per tradimento, vivendo sotto la legge marziale, lavorando per provvedere ai prodotti per i più ricchi di Capitol e lasciando i loro figli come tributi agli Hunger Games.
L’origine degli Hunger Games
Dopo un assedio come Stalingrado, in cui le persone morivano di fame fuori dalle loro case e i loro cadaveri venivano cannibalizzati dai vicini, Capitol non è ancora il ricco centro di eccesso decadente che diventerà. Il cibo scarseggia. Le macerie riempiono le strade. Tutto è usato e riusato. Tutti hanno la sindrome da stress post traumatico. “Quale immondizia lussuriosa sarebbe“, pensa il giovane Coriolanus.
La vita non è semplice per lui. Come discendente di una famiglia ricca caduta in disgrazia, deve mantenere alte le apparenze (“Snow cade sulla vetta” si dicono lui e suo cugino). Lui deve eccellere nell’Accademia elitaria, guadagnarsi una borsa di studio per il college e mantenere quello che deve esser il suo destino. E, appena il libro comincia, deve navigare la sua strada attraverso uno degli assegnamenti più difficili che la sua classe abbia mai affrontato: lavorare come mentore per i tributi costretti a partecipare ai decimi Hunger Games. Essendo la storia delle origini di Coriolanus, diventa a tutti gli effetti la storia dei giochi stessi.
I bambini vengono incatenati, portati a Capitol in treni e poi buttati nella gabbia delle scimmie allo zoo. I Giochi hanno luogo in uno stadio frantumato e dilapidato, ancora immerso nel sangue dei vecchi perdenti; i partecipanti possono morire sia per fame o malattia sia per essere stati uccisi dagli avversari. Ciò li rende per niente divertenti.
Così, Coriolanus e i suoi compagni ricevono la richiesta di creare idee per rendere i giochi più entusiasmanti, per coinvolgere il pubblico, per aumentare gli ascolti TV. Sembrano De Coubertin e le origini delle Olimpiadi moderne. Ma ad un secondo sguardo, non lo sono.
Uno studente suggerisce di uccidere chiunque si rifiuti di guardare. La proposta di Coriolanus -dare la possibilità agli spettatori di fare scommesse sui tributi, e di mandare cibo e acqua via droni- è più interessante. Non tutti sono entusiasti. “Chi vuole guardare un gruppo di bambini che si uccide? Solo una persona deviata“ brontola il più ribelle degli studenti.
Come nella trilogia, le descrizioni dei Giochi stessi – scene in cui adolescenti senza colpe avvelenano, uccidono, accoltellando e accettano gli altri a morte mentre gli adulti fanno le tattiche- sono difficili da leggere ma anche difficili da allontanare. Questa è pornoviolenza. È disturbante che lo troviamo così avvincente. Ciò significa anche che il libro inevitabilmente perde un po’ del suo mordente quando i Giochi finiscono e l’azione se ne esce da Capitol. Parti dell’ultimo quarto del romanzo sono piatte dopo l’eccitazione che abbiamo attraversato.
L’eroina qui è l’assistita di Coriolanus, Lucy Gray Baird dal distretto 12 (che era il distretto di Katniss, i lettori attenti riconosceranno alcuni tratti di collegamento). Lei è incasinata, affascinante, senza paura, cresciuta prima del tempo e naturale davanti alla telecamera. Come Harry Potter, lei appare rettilofona, parla con i serpenti. La sua disinvoltura occasionalmente stride. Coriolanus si innamora di lei, ma finiranno insieme? Ho paura che possiamo immaginare la risposta.
A volte, Coriolanus ha un carattere generoso e comprensivo. Lui si allontana dalle ingiustizie, quando viene respinto dalla donna in carica ai Giochi, Volumnia Gaul, una scienziata Mengelesca che ha la proprio affinità con i serpenti e la cui idea di un bel passatempo è di sciogliere la pelle dai ratti nei laboratori “con una sorta di laser”.
Ma in fondo è uno snob e un opportunista, a cui è stato insegnato a diventare il numero uno, anche se lui ed i suoi compagni dibattono sulla natura umana e la moralità degli Hunger Games. Il suo slittamento verso il maligno sembra il risultato di un’inerzia, non un momento di avvicinamento a Satana.
Fino alle ultime pagine non capisci la risposta reale alla domanda di Katniss, come sono iniziati i primissimi Hunger Games, e l’angoscia che ha portato ad architettare la proposta originale. Come dice quel personaggio, prima di incontrare una fine senza tempo: “chi oltre ai mostri più vili lo metterebbe in scena?”
L’accoglienza della critica e dei fan
Il libro uscito il 19 maggio 2020 in tutto il mondo, Hunger Games: Ballata dell’usignolo e del serpente (The Ballad of Songbirds and Snakes), è un prequel della serie che concentra la propria storia sul passato del presidente Snow (conosciuto in giovane età come Coriolanus). Mette a fuoco meglio le origini dei giochi e della tirannica dittatura instaurata nell’universo di Salem: a detta di alcuni critici una versione dispotica dell’America. I prequel portano con sé un peso, e spesso le aspettative non reggono il confronto con le saghe principali da cui sono tratti (basti vedere Lo Hobbit e Animali Fantastici per farsi un’idea).
Ciononostante Suzanne Collins sembra aver voluto in qualche modo accontentare le masse e il suo stesso desiderio di approfondire e andare a espandere quella trama e quel cosmo da lei stesso creato. Sembra insomma un romanzo voluto. Tanto che ha deciso di promuovere il suo libro virtualmente, senza farsi fermare dal virus e dall’attesa dell’uscita in libreria.
Come sostiene Sarah Lyall difatti, non è solo l’origine di Coriolanus aka Snow, ma è la storia dell’origine degli Hunger Games in sé, è la risposta alla domanda che già Katniss aveva posto in Mockingjay: “un gruppo di persone si è seduto e ha espresso il proprio voto sull’avvio dei Hunger Games? C’è stato qualche dissenso? Qualcuno ha invocato pietà?’.
Per chiunque ami scoprire le backstories degli universi finzionali -perché Sherlock Holmes indossi quel cappello, piuttosto di come Anakin sia diventato Darth Vader-, da fan, potrà sguazzare e crogiolarsi in questa serie di piccoli dettagli. E dunque, come si scoprirà, gli Hunger Games risultano la povera, miserabile e grottesca versione del sadico spettacolo che diventeranno in futuro.
Mentre Katniss Everdeen nella trilogia si trovava a essere la protagonista in prima persona dei giochi, cercando la sua via attraverso la sopravvivenza, Coriolanus vive i giochi in maniera ancor più complessa e contraddittoria, come spettatori a bordo pista. La figura di Snow, come politico tirannico, sembra fatta di ombre e luce, e svela una natura umana per cui le decisioni brutali vengono prese spesso per emotività, in cui l’amore, l’oppressione, l’autorità e la generosità si mescolano, creando un personaggio complesso, grazie anche a Lucy e all’amico Sejanus. Una cosa che ci ha insegnato Hunger Games è che i personaggi secondari sono sempre fondamentali.
Gli amanti del pulp, che hanno sete di sangue, si troveranno soddisfatti dalle scene ancor più cruente e letali descritte nei primitivi Hunger Games, di cui non si è a digiuno nel libro. Resi ancor più terrificanti dalla prospettiva di chi fin da bambino cresce con un sentimento contrastante di interesse e disgusto per queste scene. Qui, di nuovo, c’è un duello senza scampo di una bruttezza brutale, con la violenza attenuata solo dalle buffonate di un pappagallo nella cabina dei commenti. Un pappagallo! Collins può essere anche grottesca se vuole. In un flashback in tempo di guerra, un impoverito Coriolanus ricorda di aver visto “un titano nel settore ferroviario” segare una gamba della cameriera morta. La ballata è un lavoro importante con grossi difetti, ma sicuramente ti dà molto da masticare e poi digerire.
Tutto ciò che ti aspetteresti dalla Collins è qui: amore adolescenziale irto; molta violenza; nomi dei personaggi liberi dai loro contesti (Fabricia Whatnot; Satyria Click) e una consapevolezza pervasiva del potere dei media. Snow e i suoi colleghi mentori pensano sempre a come appaiono sullo schermo, a come verranno giudicate le loro azioni. Le tattiche nefaste sono messe in gioco senza dubbi; le morti sono appena registrate. È una visione spaventosa dell’adolescenza che accetta una costante sorveglianza come norma, in maniera palesemente orwelliana.
Forse i lettori che hanno adorato l’ambiguità morale, la scrittura nitida e la stimolante spietatezza dei primi tre libri potrebbero essere meno interessati a una parabola sovraccarica del valore del pensiero dell’Illuminismo. C’è molta riflessione e filosofia dietro il sangue. Questo non vuol dire che Collins non può o non dovrebbe fare seri i problemi morali e politici nei suoi romanzi. Ed è la pura ovvietà che ti trascina, il modo in cui sappiamo quale dovrebbe essere la risposta giusta.