“Il Covid-19 è un virus artificiale”, “il virus è stato creato dall’uomo come arma biologica”, “è dimostrato che il 5G sia collegato alla diffusione del Covid”. Queste sono solo alcune delle numerosissime fake news che ci siamo abituati a leggere in questi tempi di emergenza. Il tema delle bufale è oggi molto acceso, merito anche dell’uscita del documentario di Netflix The Social Dilemma. In questo documentario si cerca di spiegare, tra le altre cose, come l’algoritmo che sta alla base del funzionamento dei social network più comuni agisca sul nostro modo di informarci. Basta un click o una reazione ad un certo tipo di notizia e sulla nostra home vedremo soltanto articoli e video correlati a questa. In questo modo entriamo in una sorta di bolla in grado di plasmare le nostre idee.
Come si scrive una fake news?
Arma potentissima dunque, soprattutto se la bolla in cui veniamo inglobati comincia a consigliarci e mostrarci solo notizie allarmiste e non verificate. Aristotele nella sua Retorica affermava che per persuadere bisogna essere credibili, usare in modo moderato il sentimento per creare empatia col pubblico e costruire un discorso logicamente strutturato. Ecco, chi scrive una notizia falsa, non bilancia certo questi tre elementi: al contrario, punta tutto sul sentimento, ovvero fa di tutto per provocare nel lettore una reazione negativa e un malcontento, che siano in grado di predisporlo a credere ad altre notizie che possono fondare e giustificare la sua ira e la sua paura. E il risultato è socialmente molto grave, perché si dà vita a una popolazione frustrata che si nutre inconsapevolmente di idee false o distorte, sulle quali basa poi il suo giudizio politico e morale a spese dell’intera comunità.
La (in)competenza digitale in Italia
Ma di fronte a un mezzo così potenzialmente negativo, ancora più allarmante è il dato che riguarda l’Italia nel campo della competenza digitale. Secondo il digcomp 2019, ovvero il quadro di riferimento per le competenze digitali dei cittadini, tra gli utenti di internet dai 16 ai 74 anni, il 41,6 % ha competenze digitali inferiori a quelle di base. E se la fascia giovane ha competenze più elevate della fascia anziana, tuttavia tra i giovani tra i 20 e i 24 anni che usano Internet, abbiamo comunque un 28% che ha competenze inferiori a quelle basi. Questi dati non sono accettabili per una società ormai basata sul digitale e che sempre più lo sarà. E visto che gravi lacune si riscontrano anche nei giovani, è doveroso rendere obbligatorio nelle scuole l’insegnamento dell’informatica di base e di un’educazione digitale in senso lato. Abbiamo visto infatti che non basta saper accendere il computer, creare una presentazione e navigare su Internet, ma bisogna maturare un uso consapevole dei potenti mezzi di cui disponiamo.
Educazione digitale a scuola
Forse un barlume di speranza c’è. Ad agosto 2020 il ministro dell’Innovazione Tecnologica e Digitalizzazione Lucia Pisano ha firmato un decreto di adozione che contiene una strategia globale per le competenze digitali che rientra nel programma Repubblica Digitale. Con questa iniziativa si sostiene lo sviluppo delle competenze digitali lungo tutto il percorso scolastico, puntando su tre grandi snodi: Educazione digitale, ovvero insegnamento delle basi dell’informatica; Cittadinanza digitale che deve basarsi, tra gli altri aspetti, sull’informazione di qualità; Digitale etico, per creare uno spazio di sviluppo aperto a tutti e in alcun modo discriminatorio.
Come smascherare una fake news?
Questo piano istituzionale è sicuramente un passo avanti per il nostro Paese. Intanto ci sono comunque degli accorgimenti, all’apparenza banali, ma sicuramente utili che possono aiutarci a sconfiggere la disinformazione. In primis bisogna sempre verificare la fonte. Abbiamo infatti qui parlato di notizie allarmiste, che per dei lettori competenti sono chiaramente false. Ma non sempre è facile smascherare una fake news e perciò bisogna sempre cercare di trovare un riscontro della notizia letta. Controllare l’url di quello che leggiamo online è altrettanto utile, perché spesso si scoprono nomi storpiati che mostrano subito la falsità. Infine vi sono siti apposta che cercano di verificare più notizie possibili ed elencano poi quelle false (ad esempio attivismo.net , pagellapolitica.it o bufale.net).
Insomma, dobbiamo essere lettori attivi, che non si fermano ai titoli proposti dai nostri social, ma che indagano e mettono in discussione ogni informazione.