Nel 2016 Elon Musk, il noto imprenditore naturalizzato statunitense fondatore di Tesla e SpaceX, fondò, assieme ad altri imprenditori, Neuralink: un’azienda che si occupa di sviluppare interfacce neurali impiantabili. Queste, note anche come BCI (Brain-computer interface), sono un mezzo di comunicazione diretto tra un cervello e un dispositivo esterno, quale ad esempio un computer. A fine luglio 2019 la società contava una novantina di impiegati e ha ricevuto $158 milioni di finanziamenti (di questi, $100 milioni di Musk).
Qual è l’idea dietro a Neuralink?
A fine agosto la società ha presentato, con un piccolo evento, N1: un prototipo funzionante installato su tre maiali. Il chip, collegato ad un computer, ha potuto mostrare il grafico in movimento che tracciava l’attività neurale mentre l’animale grufolava nella paglia. N1 è grande quanto una monetina (8 mm) ed è completamente invisibile una volta installato; ha dei sottili elettrodi che si connettono alla superficie del cervello. Un sistema di trasmissione wireless consente di collegarlo a computer e apparecchiature elettroniche varie ed è alimentata da una piccola batteria che può essere ricaricata in modalità wireless come quella di uno smartwatch.
Per installare il dispositivo andrà rimossa una piccola parte della scatola cranica e per realizzare l’operazione nel miglior modo possibile la società ha creato un robot chirurgo in grado di impiantare Neuralink in meno di un’ora in totale autonomia, permettendo al paziente di tornare a casa nel giro di poche ore. Lo scopo di questo apparecchio è quello di prevenire malattie neurologiche che, soprattutto con l’età, possono colpire moltissime persone, come ad esempio: perdita di memoria e udito, cecità, paralisi, depressione, insonnia, dolori acuti, convulsioni, ansia, dipendenze, infarti e danni neurologici.
Gli obiettivi di Neuralink
L’obiettivo di Musk non è solo quello di utilizzare Neuralink in campo medico: l’imprenditore ha più volte ribadito la sua paura nei confronti dell’intelligenza artificiale, che secondo le sue stime tra qualche anno potrebbe sviluppare capacità superiori a quelle umane e andare così fuori controllo. In prospettiva, Neuralink dovrebbe permettere una “fusione cerebrale” uomo macchina e consentire al genere umano di rimanere sempre un passo avanti rispetto alle capacità dell’elettronica.
Con questi importanti sviluppi, nel mese di luglio la società ha ricevuto “FDA Breakthrough Device designation”, il riconoscimento di un programma che premia ricerche in campo medico che possono cambiare radicalmente l’approccio a malattie incurabili, grazie a cui inizierà la sperimentazione su pazienti umani. A quanto pare gli usi del chip non si limiteranno esclusivamente al campo medico: sarà possibile chiamare la propria Tesla solo pensandolo, sarà possibile salvare e riprodurre un ricordo e con il tempo, afferma Musk, sarà possibile avere una visione ultravioletta o ad infrarossi.
Critiche e controversie
Nei giorni successivi a questo evento non sono mancate le critiche: molti esperti hanno commentato l’avvenimento come una questione di apparenza ma di pochissima sostanza. I motivi sarebbero molto semplici: per sostenere tutte le promesse fatte servirebbe una scienza medica che ancora non esiste; col passare del tempo, i minuscoli fili impiantati nel cervello si andranno inevitabilmente a deteriorare uccidendo le cellule celebrali circostanti alla rottura e provocando incredibili danni al cervello.
Andrew Jackson, neuroscienziato della Newcastle University, al contrario di molti, ha preferito riconoscere in Musk un ideatore che, quantomeno, ci sta provando, dichiarando che Neuralink è “ingegneria solida, certo, ma neuroscienza mediocre.” Sembrerebbe troppo presto per credere alle promesse di Musk, le quali non hanno alcun fondamento medico, ma questo non significa che Neuralink non possa trasformarsi, col passare degli anni e con l’avanzamento scientifico, in quello che, forse è giusto dire, Elon Musk vorrebbe che sia.