La Brexit è realtà. Una telenovela dai contorni malinconici – con tocchi di comico, a tratti – s’è oggi conclusa. La Gran Bretagna non è più membro dell’Unione Europea. D’ora in poi, le isole dell’Unione Europea saranno tre: Malta, Irlanda e Cipro. So sad.
Alcuni la dipingono come il trionfo dell’ignoranza. Altri come una sconfitta dell’Unione Europea, incapace di far capire la propria importanza. Oppure, a seconda della visione, incapace di portare avanti un progetto convincente. Ad ogni modo, non sufficientemente abile.
Il discorso di Boris Johnson è trionfale. La Gran Bretagna è libera: è l’alba di una nuova era. Probabilmente non sarà così rosea, ma poco importa.
Come avrete intuito dal titolo, io sono contento per l’uscita della Gran Bretagna. Già, in controtendenza. E non perché sono idiota – anche se nessuno crede di esserlo – ma perché se non fosse successo sarebbe stato gravissimo.
Non sono contento per il fatto in sé. La Brexit è una sconfitta per tutti, anche se saranno gli inglesi a pagarne lo scotto maggiore. Io sono contento perché non si è tornati indietro. Per due anni e mezzo si sono cercati modi per evitare l’uscita, in barba a un voto democraticamente avvenuto.
Se gli aventi diritto hanno votato, questo è il risultato, e il risultato si accetta. “Eh ma non hanno votato tutti, hanno sottovalutato il voto, i giovani non sono andati”. Già. E quindi?
Il voto non è ripetibile. Punto e basta, che il risultato piaccia o no è irrilevante. Il rispetto dell’esito del voto – se legittimo, senza brogli, etc – è la base della democrazia. Fior di studiosi indicano la non ripetibilità del voto come uno dei requisiti perchè un Paese sia considerabile democrazia.
E certo, votare per uscire dall’Unione Europea è stata una sciocchezza, se non una follia. Ma pensate quale follia sarebbe stata far ripetere il voto: uno sputo sopra la sovranità popolare.
Vox populi, no more Great Britain. I’m sorry.