Gli effetti dello scoppio della pandemia di Covid-19 sono stati tantissimi e devastanti da ogni punto di vista. In questo articolo analizzeremo gli effetti del coronavirus sulle borse.
Ancora prima che si parlasse di lockdown e che l’Organizzazione Mondiale della Sanità dichiarasse l’emergenza globale, quando il virus era ancora circoscritto alla città di Wuhan e il numero delle vittime era di appena 17 persone, la borsa cinese iniziò ad avere delle perdite che con il passare del tempo e il peggioramento della situazione sanitaria andarono ad aggravarsi e influenzarono anche il resto del mondo.
La Cina rappresenta il secondo mercato più grande del mondo e il primo in Asia, ed è bastato meno di un mese perché le conseguenze sul mercato borsistico si espandessero dall’Asia all’Europa e in tutto il mondo.
Gli ultimi dieci giorni di febbraio sono stati decisivi, quando è stato chiaro agli investitori, prima ancora che ai governi, che il Covid-19 non era un’influenza un po’ più pesante del solito e che era arrivata, per davvero, in Europa.
Dal punto di vista dei mercati il Covid-19 è stato ancora più devastante del crollo di Wall Street del 1929, nell’immaginario collettivo la peggior crisi finanziaria della storia: allora gli indici impiegarono 42 giorni per perdere il 20% mentre questa volta ne sono bastati 16.
Il 28 febbraio, in appena cinque giorni, Piazza Affari ha registrato una perdita del 11,25% entrando ufficialmente nella cosiddetta fase di correzione e azzerando del tutto i guadagni di quest’anno. Un andamento impensabile fino a qualche settimana fa, quando il Ftse Mib viaggiava con il vento in poppa arrivando a toccare quota 25.477 punti base, livello che a Milano non si vedeva dal 2008, prima che il famoso crac di Lehman Brothers desse il via alla grande crisi economica internazionale.
Le vendite sono scattate lunedì 24 febbraio; due giorni prima un 38enne di Codogno era stato trovato positivo al covid-19, facendo scattare in Italia, e di conseguenza in tutta Europa, l’emergenza coronavirus.
Dalle strade il panico si è spostato sui mercati, la paura per la tenuta dei sistemi economici ha così spinto molti di coloro che avevano investito in azioni a venderle e investire su beni rifugio come l’oro oppure a tenere i soldi fermi sui conti correnti.
Le Borse che dopo la pausa weekend sono colate a picco.
Nei giorni successivi qualche grande investitore, approfittando dei prezzi particolarmente bassi ha deciso comunque di acquistare, facendo così risalire gli indici, è quello che gli esperti chiamano rimbalzo: chi ha tanta liquidità compra grandi quantità di azioni e altri titoli a prezzi bassi.
Questi acquisti fanno salire i prezzi nel giro di poche ore così che chi ha acquistato può vendere immediatamente con un buon profitto.
Si tratta di fenomeni speculativi che se non vengono tenuti a bada dalle autorità favoriscono solo i grandi operatori a danno dei piccoli risparmiatori.
Per questo motivo la Consob ha bloccato per 3 mesi le vendite allo scoperto: viene cioè vietato agli operatori di Borsa di vendere a un certo prezzo titoli che ancora non possiedono con l’impegno di riacquistarli a una data successiva.
Il bilancio settimanale del Ftse Mib era tragico: lunedì -5,4%, martedì -1,44%, mercoledì un piccolo tentativo di rimbalzo (+1,44%) aveva illuso società e investitori, ma la speranza è stata subito delusa dalla giornata successiva, chiusa con un ribasso del 2,66%. Ancora peggio venerdì, seconda peggior giornata della settimana, conclusasi con un ribasso del 3,58%.
A livello europeo Milano è stata la borsa peggiore, ma anche le altre borse hanno avuto delle perdite non indifferenti, già solo lunedì Francoforte aveva registrato -3,98%, Parigi -3,94%, Madrid -4%, Londra -3,33%, Zurigo -3,59%.
Anche oltre oceano si iniziavano a percepire le prime perdite che per il Nasdaq ammontavano al 3%.
I settori più colpiti sono stati i trasporti, le vendite al dettaglio, il lusso, ma anche le banche, per non parlare del petrolio che è arrivato a costare 55,05$ al barile e che poi, con il passare del tempo, è calato drasticamente.
La crisi ha riacceso i riflettori anche sullo spread, cioè la differenza di rendimento tra due titoli dello stesso tipo e durata; questo parametro è di fondamentale importanza per gli investitori perché serve a misurare la fiducia del mercato nel sistema economico di un paese rispetto ad un altro.
Risposta dell’Europa
Viste le difficili circostanze che si stavano prospettando per l’Europa, si sono messi in moto alcuni organi europei in modo da arginare il più possibile la situazione.
La Presidente della Banca Centrale Europea Christine Lagarde aveva affermato durante una conferenza stampa che il ruolo del suo istituto non fosse quello di governare lo spread.
Tuttavia pochi giorni dopo la stessa Lagarde ha corretto il tiro, dichiarando alla stampa finanziaria internazionale che «il consiglio direttivo della Banca Centrale Europea ha creato un nuovo programma di acquisto di emergenza pandemica fino a 750 miliardi di euro, fino alla fine dell’anno, oltre ai 120 miliardi di euro di acquisti aggiuntivi annunciati il 12 marzo».
La BCE si è cioè impegnata ad acquistare sui mercati titoli dei Paesi europei per 870 miliardi di euro entro fine anno, così da sostenerne il valore e controllare lo spread.
È quello che i media hanno subito definito come “il bazooka della Lagarde” che ha sembrato funzionare, stabilizzando lo spread e dando nuova linfa ai mercati.
Oltre a questo, i piani dell’Europa prevedono altri aiuti per gli Stati membri, potete approfondire con questo articolo “Crisi coronavirus: cosa prevede il piano dell’UE?”.
Chi ha guadagnato e chi ha perso con il coronavirus?
L’arrivo della pandemia da Covid-19 ha portato con sé una delle crisi peggiori di sempre causando un rimescolamento della situazione economica e finanziaria, a livello mondiale, facendo arricchire molto alcuni settori e causando forti perdite ad altri.
Secondo un’analisi di Mediobanca riferita al primo trimestre dell’anno in corso, i settori più penalizzati sono i produttori di aeromobili, i colossi del petrolio e dell’energia e quelli della moda, che hanno dovuto sopportare bruschi cali in tutte le principali voci di bilancio.
In termini di fatturato le multinazionali produttori di aerei hanno subito una perdita del 22,1%, il petrolio e l’energia hanno fatto segnare una flessione del 15,9% e il settore della moda è sceso di poco più del 14%.
Tuttavia durante la pandemia c’è stato anche chi si è arricchito: è il caso della Gdo (grande distribuzione organizzata) +9,1%, settore websoft +17,4%, comparto farmaceutico +6,1%, pagamenti elettronici +4,7%, elettronica +4,5% e settore alimentare +3,4%.
Farmaceutica, tecnologia e grande distribuzione online, sono comunque i tre settori usciti vincitori dalla crisi: i primi per la corsa al vaccino contro il Covid-19, i secondi per la diffusione repentina e mondiale del lavoro da casa, lo «smart working», i terzi perché hanno consentito di acquistare beni di prima necessità online.
Nello specifico tra le società che si sono più arricchite in questo periodo troviamo:
- Amazon +401,1 mld di dollari di capitalizzazione, visto che è stato il distributore di gran parte di prodotti durante il lockdown;
- Microsoft +269,9 mld di dollari soprattutto grazie alla loro app di comunicazione Teams che ha registrato un picco di utilizzo di 75 milioni di persone in un solo giorno;
- Tesla +108,4 mld di dollari con le sue batterie più durature, nonostante l’intero settore automobilismo fosse in piena crisi;
- Zoom Video +47,9 mld di dollari, da essere un app poco conosciuta ad avere oltre 300 milioni di utenti giornalmente; la capitalizzazione è stata del 255% e i profitti sono aumentati del 169%;
- Tencent +93 mld di dollari, questa società cinese offre giochi online, streaming di video e musica e un’app per chattare (WeChat che conta 1,2 miliardi di utenti);
- Roche +27,1 mld di dollari spinti dal successo per il suo test anti-Covid e dai test di un nuovo farmaco per l’artrite.
Di seguito trovate la lista delle prime 15 società che si sono arricchite di più.
Concludendo, la ripresa economica sarà lunga e difficile, le aspettative per l’estate prevedono che l’economia dell’Eurozona (Stati membri dell’Unione europea che adottano l’euro) si contrarrà dell’8,7% nel 2020, per poi tornare a crescere del 6,1% nel 2021.
L’economia dell’Ue (Stati membri dell’Unione europea compresi quelli che non adottano l’euro) dovrebbe contrarsi dell’8,3% nel 2020 e crescere attorno al 5,8% nel 2021. La previsione della contrazione nel 2020 è significativamente maggiore rispetto al 7,7% previsto per l’Eurozona e il 7,4% per l’intera Ue nelle previsioni di primavera.
Nel primo trimestre il PIL italiano è calato del 5,3% e nel secondo il danno all’attività economica atteso sarà più forte. Mentre è probabile che la produzione industriale prenda il ritmo più rapidamente, il turismo e molti altri servizi relativi ai consumatori sono destinati a riprendersi più gradualmente, attenuando così il rimbalzo della domanda.