Negli Usa, paese più debole di quanto spesso siamo portati a pensare, la sanità non è un diritto bensì un privilegio. Numerosi studi statistici dimostrano quanto le principali vittime del Covid-19 nel Paese appartengano alle classi sociali più disagiate, spesso costituite da ispanici e afro-americani, la maggior parte dei quali vive negli Stati del Sud a guida repubblicana. Siamo quindi davvero tutti uguali di fronte alla pandemia? La verità è che, come in ogni altra situazione, abbiamo chi rischia di più e chi molto meno, e ciò dipende strettamente dallo status economico e sociale.
Ma come funziona la sanità negli USA? E’ uguale per tutti?
Attualmente il sistema sanitario si compone di due settori, uno pubblico ed uno privato, nettamente prevalente. Per quanto riguarda la componente pubblica, finanziata dai contribuenti, si possono distinguere il Medicare, ovvero il programma sanitario previsto per ultrasessantacinquenni e disabili, indipendente dal reddito, e il Medicaid volto a fornire aiuto alle famiglie che si trovano sotto la soglia di povertà e adottato su base volontaria dagli Stati federati.
Per quanto riguarda il sistema sanitario privato, invece, le assicurazioni sono negoziate nella maggior parte dei casi con il datore di lavoro per cui la qualità della propria assicurazione sarà strettamente legata al ruolo socio-professionale. Inoltre, i costi delle polizze assicurative variano da stato a stato, ma molto spesso sono estremamente costose e coprono le spese mediche solo a partire da una certa cifra. Chi può permettersi di pagare polizze molto alte, perché dotato di un reddito che glielo consente, riceve trattamenti nettamente superiori. Così si crea un’enorme disparità sociale tra chi ha la possibilità di curarsi e chi si vede invece precluso questo diritto. Il Presidente Barack Obama aveva tentato di riformare il sistema sanitario nazionale con l’introduzione dell’Obamacare, bloccato però dall’effetto delle lobby private.
Come viene gestita la pandemia?
Innanzitutto va detto che il pericolo rappresentato dal Covid-19 è stato, almeno in una prima fase, ampiamente sottovalutato, cosa che ha dato a questo nemico invisibile il tempo necessario per diffondersi infettando un’elevata percentuale della popolazione americana. Questo errore ha impedito di ricostruire i movimenti del virus per contenere i focolai e non ha permesso al sistema sanitario di organizzarsi per la pandemia che da lì a poco sarebbe scoppiata. Lo stesso Presidente Trump aveva dichiarato, cercando di tranquillizzare la popolazione, che si trattava di una banale influenza e che nessuno avrebbe dovuto cambiare le proprie abitudini.
Molti scienziati avvisarono a loro tempo il Governo che bisognava prepararsi ad affrontare situazioni critiche, ma Trump ha sempre sostenuto si trattasse di allarmismi inutili e ha preferito tenere aperto il Paese per impedirne il collasso economico. E’ stato egli stesso inoltre, nel 2018, a chiudere l’Ufficio per la preparazione alle pandemie, convinto dell’inutilità della sua esistenza. Spesso sono stati gli stessi sindaci e governatori degli Stati federati a decidere per il lock down in mancanza di direttive dalla Casa Bianca e molti si erano già resi conto, guardando anche all’esperienza dei Paesi europei, degli effetti disastrosi che la pandemia avrebbe avuto sul Paese.
Negli ultimi giorni possiamo dire che Trump sta tenendo un atteggiamento spesso contraddittorio e imprudente, anche se sembra appoggiarsi molto all’opinione degli esperti tra i quali l’ormai noto Anthony Fauci; è comunque chiaro che il suo obiettivo primario è quello di far ripartire al più presto il motore dell’economia americana. Dopo aver lasciato libera scelta ai diversi governatori degli Stati federati su come gestire la pandemia, Trump si è recentemente lanciato in un dibattito con alcuni stati a guida democratica che a suo parere avrebbero optato per misure di contenimento eccessive; gli Stati accusati sarebbero cruciali per il risultato delle prossime elezioni presidenziali.
Qual è la situazione attuale negli Stati Uniti?
Attualmente i contagi confermati dalla Johns Hopkins University e confermati al 21 di aprile 2020 sono 706.830 e vedono un numero di vittime che supera le 37.000. Almeno 7000 decessi sarebbero stati registrati all’interno delle case di riposo.
3 commenti