Stavo al telefono qualche tempo fa e all’improvviso rimbalzava in testa una domanda. E se ci fosse una crisi, peggiore di quella economica o pandemica che stiamo vivendo adesso, la crisi di tutte le crisi, la madre delle crisi… se un giorno tutti i dispositivi elettronici smettessero di colpo di funzionare e cadessimo in un silenzio oscuro, senza più dati, ricordi, senza più esistere davvero?
La caratteristica più bella dei libri è che spesso la fantasia è la prima promotrice della scienza. Non di rado infatti le invenzioni tecnologiche hanno preso ispirazione da storie di finzione già scritte, imitandone i progetti nei dettagli. O ancora più fantastico è che molto spesso quelle storie hanno anticipato il futuro.
Quest’anno, DeLillo ha fatto uscire un libro chiamato Il silenzio. La storia parla di un ipotetico futuro molto vicino, il 2022, in cui la pandemia del Coronavirus è appena passata ma un giorno avviene qualcosa di inquietante. Un blackout tecnologico. Il silenzio, appunto.
Tutta la tecnologia smette di funzionare, internet cessa di esistere, ogni schermo diventa di un vuoto nero insulso. Niente più foto insieme, video di noi, soldi in banca, niente notizie, profili, identità. Un mondo vicino e lontano, in cui gli esseri umani si trovano come fantasmi a dover affrontare una nuova esistenza primitiva senza risposte, un resettarsi dell’umanità intera.
Mi sono chiesto: se ci avesse preso DeLillo? Se non fosse poi così tanto un volo di fantasia ma il corso del tempo, un universo parallelo, il nostro? E a queste domande sono andate a rispondere ricercando quali altre storie di finzione e libri avevano fatto lo stesso giochino e ci avevano preso. Classici avveniristici che hanno rappresentato nel passato un futuro che ora nella nostra realtà è il presente.
Timothy sta pescando insieme ai fratelli. Sente un clima strano, come quando i suoi tengono nascosto qualcosa che non vogliono dire. Timothy continua a pescare, ma l’acqua non sembra l’acqua di sempre e il terreno su cui poggia i piedi non è lo stesso. Prima guarda il loro motoscafo che galleggia e poi il piccolo razzo che li ha portati fino a là.
È il 2026, e quella è una tipica vacanza famigliare su Marte per la famiglia di Timothy. Una vacanza che poi, confesseranno i genitori disperati e in lacrime mentre contano le scorte, si trasformerà nella loro nuova casa. Queste sono le Cronache Marziane di Ray Bradbury, scritte nel 1950.
Immaginando i possibili viaggi e la colonizzazione su Marte. In tempi in cui non esistevano parole come “riscaldamento globale” ed erano gli anni di spinta a tutta benzina del capitalismo, Bradbury si era già prefigurato un futuro in cui la Terra (per colpa dell’uomo) sarebbe diventata inospitabile per l’uomo stesso e quindi si sarebbe dovuto vivere su altri pianeti, in particolare su Marte.
Più recente è The 100 Kass Morgan, che si spinge ancora più in là immaginando già che la popolazione umana sia disseminata sull’intero spazio, sparsa su diversi pianeti. La vista è quella di un Terra non solo inabitabile ma marcia e ridotta a frammenti in seguito a una guerra atomica mondiale.
E qui il mondo è sottosopra: dallo spazio vengono scelti 100 volontari per una spedizione sulla Terra per vedere se è possibile abitarla di nuovo. Esattamente come noi ora con SpaceX per Marte però. Come pionieri che devono ricolonizzare la propria terra madre ormai dimenticata.
Qualcosa che di sicuro mi ha fatto accapponare la pelle è stato leggere come David Foster Wallace descrivesse nel suo Infinite Jest (1996) un visore attraverso il quale i soggetti consumavano i programmi di intrattenimento. Un dispositivo esattamente identico al VR progettato 20 anni dopo, se non per il piccolo particolare che Wallace non aveva saputo prevedere la morte delle videocassette.
In questo senso il più visionario di tutti fu sicuramente Philip K. Dick che nel lontano ‘66 aveva anticipato i videogiochi di ruolo e le simulazioni digitali in Eldritch. Per cui ingerendo un po’ di Chew-Z e con qualche miniatura si poteva entrare in mondi illusori-virtuali e crearsi dei propri avatar.
In questo caso il collegamento è ancora più futuristico è traumatizzante se si pensa che nel romanzo l’uso di questi mondi virtuali veniva creato per sopperire agli esseri umani coloni dei nuovi pianeti a cui mancava la vecchia vita sulla Terra.
Ma non dimentichiamo qualcosa di ancora più tangibile, qualcosa che Dick aveva previsto diventasse il nostro compagnia vita come in effetti è: l’androide. Oggi siamo circondati da androidi dalle dimensioni più minuscole (le intelligenze artificiali e i bot presenti su tutti i dispositivi che lavorano al posto nostro) fino a veri e propri robot.
È passato poco tempo da quando il Giappone ha creato i primi replicanti: nel 2017, nei laboratori di Osaka, Ishiguro ha creato non solo una perfetta copia di se stesso fatta di cavi e chip ma anche una donna robot di nome Erica che è diventata un’attrice in un film, con tratti umani praticamente perfetti. Fintanto che si è arrivati ad avere un vero e proprio mercato miliardario di “real doll”: bambole umanoidi, donne replicanti comprate e usate come partner.
A questo punto il dramma esistenziale dickiano e kafkiano sul soggetto-oggetto, su cosa è umano e cosa è un elettrodomestico commerciale, diventa non più in tema di fantascienza ma un interrogativo dei tempi presenti. E forse non basterà più il CAPTCH di Turing a dimostrare che non sei un robot.
Lo stesso Elon Musk con il progetto Neuralink, nel quale si mira a impiantare i dispositivi direttamente alle reti neurali del cervello, ha preso ispirazione dai romanzi di Banks. Nei quali La Cultura è una società nel 2100 che ha superato le malattie e la morte grazie alla scienza del laccio neurale. È in fondo Musk il primo a dire che una minaccia robotica esiste e l’unico modo è arrivare a una vera e propria simbiosi, in cui gli umani sono robot e i robot sono umani, in coesistenza.
E forse si mira fino a superare del tutto la morte, creando quello che Dick in Ubik definiva “moratorium”. Una cella di riposo per defunti in cui anche da morti non si è davvero morti, perché i contatti elettronici ciò cervello fanno continuare a vivere una vita in animazione sospesa indistinguibile dalla realtà. In un ciclo eterno di immortalità o semivita.