Igor, 35 anni, è un professore della scuola media, a Barcellona. Insegna da una decina di anni, matematica e fisica. Il nome non è spagnolo, come si intuisce. Scappato dalla guerra di Jugoslavia a circa 10 anni, è venuto a vivere in Catalogna.
Igor è una persona estremamente affabile. Lo conosco perché è amico di una mia coinquilina, quindi gira spesso per casa – attualmente vivo a Barcellona. L’altro ieri mi sono svegliato tardi, e, andando in cucina per fare colazione, l’ho trovato che faceva il caffè. Mi chiede come va, io ricambio la domanda. Mi dice che deve scrivere il commentario per la pagella di più di 200 alunni, in tre giorni. Allora, incuriosito, gli chiedo se dare i voti sia divertente. Non è una domanda così atipica, credo: mi pare sia opinione generale vedere la valutazione come laparte migliore dell’insegnare.
Lo vedo spegnersi, quasi deluso. Mi dice che no, “è una merda: la parte migliore è preparare le lezioni e spiegarle”. Incuriosito, gli chiedo di dirmi di più. “Il punto è che il sistema è sbagliato: si dà la stessa valutazione a chi studia ore e ore e a chi non deve faticare per imparare. E non è giusto”. Sottinteso c’era: non tutti sono cresciuti nella stessa famiglia, con gli stessi stimoli e le stesse opportunità. Ed è chiaro che lui, con il suo passato non facilissimo, percepisce l’ingiustizia più di altri.
Poi continua: “Quando ho fatto il corso per insegnare a scuola, anni fa, il nostro insegnante ci ha fatto fare un test. Ha sottoposto a tutti lo stesso compito, affinché lo valutassimo. I voti assegnati spaziavano dall’8 al 4. La media era intorno al 6, chiaramente, però c’era un range molto ampio. Ed era un compito di fisica, nel quale essere oggettivi dovrebbe essere facile. E poi ogni giorno il tuo metro di valutazione cambia. Siamo umani, l’umore è importante. Per questo correggo sempre un esercizio in tutti i compiti, e poi passo al successivo. E cerco sempre di non leggere il nome”.
“E comunque, nonostante questo, non si è mai imparziali. Questo sistema non funziona: la scuola andrebbe riformata”. “Come?”. “Non so. Sicuramente dando più spazio al merito e meno al risultato”.
E allora viene naturale chiedersi quanto si è le persone che si è per i propri meriti/colpe e quando per la famiglia o il contesto in cui si è nati? E poi: quanto possiamo davvero cambiare la nostra vita?
Ma ci fermiamo qui. In fondo Igor voleva solo preparare il caffè.
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