Ibrahim Gökçek è morto ieri, giovedì 7 maggio, a causa dei 323 giorni di sciopero della fame – ininterrotto – che aveva portato avanti nell’ultimo anno. La ragione della protesta si può banalmente riassumere in una parola: libertà. Libertà di suonare, di esprimersi, di pensare.
Di professione bassista, nella band Grup Yorum, amava la musica al punto da lasciarsi morire pur di suonare. Da anni la band, molto popolare in Turchia, con oltre due milioni di dischi venduti, non poteva esibirsi. Il divieto aveva ragioni politiche, in quanto le autorità di Istanbul ritenevano il gruppo vicino a militanti di estrema sinistra. Alcuni suoi compagni erano stati anche arrestati, con accuse pretestuose o comunque mai provate a sufficienza.
L’assenza di prove non ha impedito alla “giustizia” turca di proibire live alla band, di compiere continue irruzioni nel centro culturale Idil, di arrestare i membri. Per questo Ibrahim Gökçek e i suoi compagni avevano deciso di intraprendere uno sciopero della fame. Sciopero sospeso solo alcuni giorni fa, dopo che le autorità avevano ritirato il provvedimento che impediva ai Grup Yorum di esibirsi.
Non è il primo membro della band a perdere la vita per la protesta: prima di lui, già Helin Bölek era venuta a mancare il 3 aprile, a Istanbul, dopo 288 giorni senza cibo. A dare l’annuncio, in entrambi i casi, è stata la band.
“Nelle nostre canzoni parliamo di minatori costretti a lavorare sotto terra, di lavoratori assassinati da incidenti sul lavoro, di rivoluzionari uccisi sotto tortura, di abitanti dei villaggi il cui ambiente naturale viene distrutto, di intellettuali bruciati, di case distrutte nei quartieri popolari, dell’oppressione del popolo curdo e di quelli che resistono. Parlare di tutto ciò in Turchia è considerato terrorismo”.
Sono le parole lasciate da Ibrahim, in una lettera d’addio. E sono la prova di quanto credesse nelle sue idee, al punto da morire in loro nome.
“Mi hanno tolto il basso e per esprimermi uso il mio corpo come strumento“.