Il ponte sullo stretto di Messina è una storia infinita all’italiana. Venne realizzato dai romani, per la prima e unica volta, un ponte di barche intorno al 250 a.C., poi smantellato. Da lì in si susseguirono una serie di progetti sia durante il Regno d’Italia, che durante la Repubblica a partire dagli anni’50. Il Governo Berlusconi era andato molto vicino alla realizzazione approvando, nel 2010, il progetto definitivo, che, però, nel 2011 fu bloccato da una mozione dell’Idv. Anche Renzi nel 2015 aveva rilanciato l’idea della costruzione del ponte, ma non era mai andata in porto. Ultimamente Conte ha ripreso l’idea del collegamento sullo Stretto e sono giunte anche “nuove” possibilità. L’idea originale è quella di realizzare un ponte a campata unica di 3,3 km.
Le difficoltà per la realizzazione del ponte sono molte:
- Problemi ingegneristici: sarebbe il ponte a campata unica più lungo del mondo. Sarebbero richieste all’infrastruttura prestazioni eccezionali a causa di condizioni ambientali non favorevoli (fondali molto profondi, forti correnti marine, traffico marittimo intenso, zona altamente sismica, zona con forti venti, utilizzo sia autostradale che ferroviario). Inoltre il ponte dovrebbe rispettare normative di sicurezza, nazionali e internazionali, stradali e ferroviarie.
- Fondazioni piloni in mare: l’idea di realizzare il ponte con due o più piloni con relative fondazioni nelle acque profonde oltre 100 metri è stata considerata di dubbia fattibilità. Si è passati a considerare di realizzare il ponte a luce unica (sospeso, senza piloni in mare) che sembrerebbe un’impresa ancor più difficile da realizzare.
- Stabilità impalcato sotto l’azione del vento: a ponte scarico la struttura deve essere stabile rispetto alle vibrazioni dovute ai forti venti.
- Deformità laterale e verticale: a pieno carico il ponte deve essere sufficientemente rigido da consentire il traffico stradale e ferroviario, cioè le deformità laterali e verticali devono essere nei limiti di legge.
- Problemi sismici: lo Stretto di Messina è una zona a rischio sismico notevolmente elevato. In tempi recenti si sono verificati gravissimi terremoti accompagnati da forti maremoti. Il ponte dovrebbe essere quindi antisismico (nel progetto originale era stata prevista una resistenza per scosse fino a 7,1 gradi della scala Richter).
- Problemi ambientali: le grandi costruzioni creano un problema ambientale avvertibile già dall’inserimento dei cantieri, e a struttura ultimata ci sarebbero modificazioni ambientali e paesaggistiche non indifferenti. Sarà nullo l’impatto sulle correnti marine, ma sarà invece notevole quello sulle correnti aeree.
- Problemi economici: la maggior parte delle critiche riguardano i costi già sostenuti negli anni (320 milioni) e da sostenere per la progettazione e costruzione. Il ponte avrebbe un costo compreso tra i 9 e gli 11 miliardi di euro.
Un’altra possibilità sarebbe scavare un tunnel subalveo, simile a quello della Manica, idea che era già stata considerata ma poi scartata tempo fa. Il Governo Conte sarebbe intenzionato a riproporre l’idea, in sede di Ricovery Fund, visto che i presupposti sembrerebbero migliori. Il progetto sarebbe lo stesso già presentato nel 2017 dall’ingegnere Giovanni Saccà che prevedeva un tunnel sotto il livello del mare da realizzarsi tra Villa San Giovanni e Ganzirri. I tunnel in realtà sarebbero due: uno per il trasporto ferroviario e uno per i veicoli, più corto, da realizzare in un secondo momento. Sulla carta il progetto verrebbe realizzato in 5 anni con un esborso di 1,5 miliardi di euro a cui andrebbero aggiunti i costi accessori di infrastrutture e adeguamenti vari che porterebbe la cifra a circa 5 miliardi di euro: la metà di quelli che servirebbero per realizzare il complesso ponte a unica campata.
Il tunnel, inoltre, verrebbe costruito con tecnologie avanzate in grado di supportare eventuali scosse sismiche e terrebbe conto dello spostamento delle faglie. L’opera verrebbe finanziata con il Recovey Fund. Il problema è che bisognerà allungare e adattare le linee per l’alta velocità attualmente non presenti nelle regioni. Oltre a questo, ci si è accorti che tutti i grandi tunnel costruiti in passato hanno visto moltiplicarsi i costi col passare del tempo. Per il tunnel sotto la Manica, per esempio: ci sono voluti 7 anni per realizzarlo, sarebbe dovuto costare 3 miliardi di sterline e invece ne sono stati spesi 10.
Inoltre, secondo il presidente dell’Ordine degli ingegneri di Milano Bruno Finzi, le attuali tecnologie antisismiche non sono in grado di garantire la tenuta di un tunnel sottomarino. C’è poi un altro aspetto da tenere in considerazione e cioè quello legato ai tempi e ai costi di presentazione del nuovo progetto, ai vari studi di fattibilità, analisi tecniche, progetti definitivi e approvazioni varie che ammonterebbe a 50 milioni di euro. Il Ponte sullo Stretto in tutto ciò, in 30 anni, ha già avuto l’assurdo costo di oltre 320 milioni di euro degli italiani, cosa che invece non è avvenuta ancora per il tunnel. La stima, quindi, è che se il ponte entro il 2025 potrebbe essere inaugurato, per il tunnel vedrebbe rimandare ulteriormente la data di realizzazione. Per questo c’è chi pensa che l’idea del tunnel sia solo l’ennesima scusa per rimandare la soluzione di un problema che si protrae da oltre 150 anni in un’infinita saga di problemi e ritardi all’italiana dalla quale sembra impossibile uscire.