“Giuro, per il santuario di Artemide, di sposare Aconzio”. Così inizia il primo stupro della storia. E non lo rendono certo più dolce Callimaco e Ovidio, nonostante il bello stile.
Cidippe è la vittima. Aconzio non la aggredisce. È furbo.
Cidippe è una sacerdotessa di Artemide, giovane e bella. La sua sfortuna è l’aver fatto innamorare Aconzio. Il solito discorso delle forme prosperose che incoraggiano gli stupratori.
Cidippe sta andando al mercato, assieme alla sua nutrice. Strumento dell’inganno è la mela, il frutto più dannoso della storia. Aconzio la lancia ai piedi della ragazza. Prima, però, ha inciso un giuramento sulla buccia.
“Giuro, per il santuario di Artemide, di sposare Aconzio”.
Purtroppo Cidippe la legge a voce alta, e per Artemide non ci sono dubbi: il giuramento è valido. L’intransigenza della dea è un colpo durissimo per la fanciulla.
Ovidio, nelle Eroidi, fa scrivere alla sacerdotessa queste parole:
“Perché, disonesto, gioisci? Quale gloria pensi di aver acquistato o quale merito hai come uomo per esserti preso gioco di una fanciulla inesperta? Io non ti stavo innanzi munita di pelta e con una scure in pugno, come Pentesilea in territorio troiano; tu non hai riportato come bottino di guerra nessuna cintura di Amazzone d’oro cesellato, come quella presa a Ippolita. Perché ti inorgoglisci se le tue parole mi hanno ingannata e io, fanciulla poco avveduta, sono caduta nel tuo tranello? Una mela ha ingannato Cidippe, una mela la figlia di Scheneo: tu, ora, sarai dunque un secondo Ippomene? Ma sarebbe stato meglio, se davvero ti possedeva questo fanciullo che tu dici avere non so quali fiaccole, seguire la consuetudine dei galantuomini e non guastare la speranza con un inganno: tu avresti dovuto persuadermi con le preghiere, non vincermi a tradimento.
E ancora:
Perché, dal momento che mi volevi, non ritenevi di dover manifestare i motivi per i quali io dovevo scegliere te? Perché volevi costringermi piuttosto che persuadermi, se potevo essere conquistata dopo aver ascoltato la tua proposta di matrimonio?”.
Aconzio si gloria del suo successo, ma non si accorge di non avere alcun merito. Ha forzato la volontà della giovane, l’ha violentata.
L’antico Weinstein ha mostrato la natura peggiore dello stupro: la prevaricazione.
Ciò che rende i colpevoli del #MeToo peggiori degli aggressori di Rimini è la consapevolezza di poterlo fare, di avere autorità sulle vittime.
Non è più la sola spinta della carne, è il subdolo calcolo razionale.
Ed è un’aggressione ancora peggiore.