Vi siete appena sintonizzati su Into the Movies, la rubrica di cinema firmata Super Tramps Club. Questa è una puntata un po’ speciale, in cui sullo schermo non troviamo nulla, ma andiamo a sviscerare il complesso amore e odio tra cinema e televisione.
È un rapporto stretto e complesso quello che lega cinema e televisione. Le serie tv sono spesso considerate il “cugino povero” dei film, e sappiamo bene quanto questo possa non essere vero. Esistono film banali come una sigaretta dopo il caffè e serie televisive che ci mettono i brividi addosso. Che ci accapponano la pelle, che ci tengono svegli per giorni di fila. In un modo, forse, che proprio per la propria modalità di visione un film non riuscirà mai a ottenere. Perché, come diceva Fiorello, anche un bel film dopo due ore finisc’. Ed è vero.
Per quanto possa farci sentire connessi il cinema, c’è qualcosa nel meccanismo della serialità che il grande schermo non potrà mai portargli via. Basta pensare alle serie che hanno formato una generazione, una decade (una fra tutte, Friends), che ad oggi riuniscono un’accanita fanbase di ossessionati (Game of Thrones, per citarne una). Il livello di condivisione che il meccanismo seriale porta con sé difficilmente potrà essere uguagliato dal medium cinematografico.
Ok, e su questo siamo tutti d’accordo.
Ma allora com’è possibile che ancora oggi le serie tv considerate migliori dalla critica siano quelle che portano con sé le modalità del cinema? Perché, per dire che una serie è molto bella, diciamo che «sembra un film»? A che scopo degradare a tal punto la televisione?
La verità dietro ai prestige drama (le serie tv considerate “lussuose”, all’altezza del grande schermo, quindi lontane dall’approccio classicamente televisivo) l’ha sintetizzata Andrea di Lecce in una recente puntata del podcast Pilota: un’inquadratura di una puntata di Atlanta costa probabilmente quanto una stagione di How I Met Your Mother. Ma non si tratta soltanto di soldi.
L’approccio “registico” (che quindi, con le dovute eccezioni, dovrebbe essere quanto di più lontano dalla sit-com stereotipica) è spesso sinonimo di una ricerca stilistica più accurata del solito. Anziché un prodotto orientato a soddisfare il piacere più immediato di una risata strappata ogni sei secondi (spesso forzata, attraverso il meccanismo a molti inviso delle risate pre-registrate), con il quale si possa prestare una bassa soglia di attenzione e anche, in alcuni casi, spegnere il cervello, si cerca di realizzare un contenuto più elaborato.
Ma attenzione, elaborato non significa per forza superiore. Sarebbe troppo facile bollare direttamente The Big Bang Theory e compagnia bella come prodotto di serie B. La verità è che entrambi hanno un motivo di esistere, entrambi hanno un’utenza, entrambi hanno mercato.
Qui a Into the Movies, come da regola delle rubriche di cinema, cerchiamo di concentrarci sui filmoni considerati “capolavori”, per analizzarli. Purtroppo così finiamo per escludere tutto il magico che il mondo pop ci regala.
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