Stamattina, appena sveglio, nella mia cattività, vedo una notifica su Whatsapp. La apro, e il contenuto è questo messaggio:
Scrivi un bell’articolo sul giustizialismo che gira in questo periodo va, per cui ti meriti il covid 19 se sei uscito per un quarto d’ora (perché ci sono dei veri nazisti che non vogliono che tu lo faccia) per salvaguardare la tua salute psicologica.
Per principio, se mi dicono di scrivere su qualcosa, non lo faccio. Ma questo messaggio mi ha incuriosito. Ad alimentare la mia curiosità, e a corroborare l’idea di chi mi aveva scritto, c’erano due screen.
Chiariamo un punto. Entrambi gli autori dei due testi riportati si riferiscono a comportamenti sbagliati. Chi esce di casa inutilmente sbaglia, e mette a rischio tutti.
Il problema è però lo step che segue: “Allora vi meritate il coronavirus”. No. Nessuno se lo merita. Neanche se sbaglia. Una frase del genere equivale a festeggiare per un malato in più.
Agli esempi di cattiveria, si aggiunge un video registrato da un signore che dalla sua palazzina vede la polizia cacciare degli anziani dal parco. E non riporta per dovere di cronaca, ma lo fa sghignazzando, godendo di quel rimprovero.
Rimprovero giustissimo, per carità. Ma perché il video? Perché le risate? La gente stava sbagliando – e sbagliando in maniera pesante. La si rimette a posto, con la denuncia, se è il caso, e finisce lì.
Non capisco quest’esigenza di autorità, onestamente. Si sentono tutti poliziotti, e i poliziotti stessi, in deliri di potere – e in vuoti legislativi -, multano chi cammina per strada. Chiariamo: camminare rispettando le distanza è più che lecito. Una popolazione rinchiusa per settimane ne esce letteralmente pazza.
Giusto, anzi, obbligatorio, rispettare le misure. Ma godere dell’imposizione del potere è qualcosa di preoccupante. La gioia nel vedere il rimprovero altrui. Non capisco, davvero.
Sarà che a casa, in cattività, ci si annoia.
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