Il primo aprile, in piena emergenza coronavirus, una bomba è esplosa a Foggia, squarciando il silenzio di una città desertificata dalla quarantena. Obiettivo dell’attentato è “Il sorriso di Stefano”, la residenza per anziani di Luca e Christian Vigilante. Non è la prima volta che i due fratelli subiscono un attentato. Il 16 gennaio un altro ordigno ha divelto la saracinesca della medesima residenza, mentre due settimane prima era stato il loro suv aziendale a saltare in aria. Entrambi sono testimoni chiave in un processo contro la mafia foggiana. Atti intimidatori che rientrano però in uno scenario più vasto. Dall’inizio dell’anno a Foggia si contano già una decina di attentati, tra cui l’omicidio di Roberto D’Angelo, un commerciante di 53 anni. Uno scenario bellico, una lotta tra lo Stato e la mafia e sullo sfondo una guerra tra clan che va avanti da oltre 30 anni. E che a gennaio ha portato oltre 20.000 persone a scendere in piazza con Libera e Don Luigi Ciotti, per opporsi alla più brutale delle mafie: la Società Foggiana.
Le origini
La Società Foggiana nasce alla fine degli anni’70, un periodo cruciale per la criminalità organizzata in Italia. Sono gli anni in cui Cosa Nostra, appena conclusa la prima guerra di mafia, prova a ridefinire i propri assetti e fonda le prime commissioni interprovinciali, finalizzate a garantire la pace interna. In Calabria la ‘ndrangheta comincia a crescere, ad evolversi, ad abbandonare l’ambiente rurale e ad allargare i propri orizzonti, intenti che culminano nella fondazione della cosiddetta Santa. E, soprattutto, è negli anni ’70 che Raffaele Cutolo dà vita alla Nuova Camorra Organizzata.
Proprio quest’ultimo sarà fondamentale per la nascita della Società. In un hotel di Foggia nel 1979, Raffaele Cutolo si incontra con le principali bande di malviventi della regione. Ha un unico, ambizioso obiettivo: colonizzare la Puglia per esportare il suo progetto di Nuova Camorra Organizzata, estendendo così il suo dominio. Nasce la criminalità organizzata pugliese. In poco tempo, però, gli equilibri saltano e il potere comincia a pendere tutto verso un’unica città: Foggia. Sono le origini della Società Foggiana.
La strage del Bacardi
Dall’incontro all’Hotel Florio con Cutolo ad uscirne con più potere sono Pinuccio e Nicola Laviano. I due fratelli, strettamente legati alla Sacra Corona Unita, in breve tempo cominciano ad attirarsi le “antipatie” di chi, al contrario, voleva indipendenza dal gruppo criminale battezzato da Cutolo. Alla famiglia Laviano si oppone dunque un’altra fazione, capeggiata da Rocco Moretti e Gerardo Agnelli. La tensione sfocia in quella che sarà ricordata come la strage del Bacardi. La notte del 1° maggio 1986, in un piccolo bar del centro di Foggia, una sparatoria causa la morte di quattro persone e il ferimento di una, Gennaro Manco, il vero obiettivo dell’agguato ed esponente della famiglia Laviano. E’ il primo vero segnale della nascita di un nuovo gruppo criminale, opposto alla Sacra Corona Unita. Un vero e proprio atto di guerra, che sancirà l’inizio di una serie infinita di omicidi.
L’insediamento della Società Foggiana
Rocco Moretti e Gerardo Agnelli, insieme alla determinante figura di Giosuè Rizzi, stabiliscono così le nuove gerarchie della mafia pugliese, rendendo fin da subito evidenti le caratteristiche della Società: brutalità e violenza. La strage al Bacardi tuttavia non si limitava ad essere brutale, ma era soprattutto simbolica. Era un palese richiamo alla strategia stragista della NCO di Cutolo, un messaggio indirizzato al camorrista: solo loro potevano rappresentare la criminalità organizzata nel Gargano. E’ proprio dopo questa strage che la situazione a Foggia inizia a degenerare. In circa tre anni la città, che fino ad allora non aveva conosciuto la mafia intesa in senso stretto, assiste a oltre 10 omicidi e altrettanti agguati “falliti”. Vengono uccisi anche Pinuccio Laviano, vittima di lupara bianca, e il fratello Nicola rendendo così ufficiali le nuove gerarchie: la Sacra Corona Unita non ha più “tentacoli” sulla città, spodestata dalla nuova brutale mafia, la Società Foggiana.
I nuovo equilibri
E’ in questo scenario che cresce Roberto Sinesi, spregiudicata leva obbediente alla fazione di Moretti e Agnelli. Ma come insegnano le stesse origini della Società, è complicato parlare di equilibri per un gruppo criminale che si fonda sulla violenza e sulla fame di potere. Agli inizi degli anni ’90 lo stesso Rocco Moretti, preoccupato per l’ascesa criminale dell’alleato Gerardo Agnelli, ne ordina la morte. Proprio in seguito al suo omicidio inizierà la scalata di Roberto Sinesi e di Vincenzo Parisi. Sono gli anni in cui per la prima volta a Foggia si comincia a parlare di mafia, della recondita possibilità che i tentacoli della piovra che stritola il mezzogiorno italiano siano giunti anche ai piedi del gargano. Ciò avviene grazie alle prime indagini, partite da due denunce: quelle di Nicola Ciuffreda e di Giovanni Panunzio.
Le estorsioni
Ciò che caratterizza la società è la sua forte dipendenza dalle estorsioni. Non per motivi economici, ma in quanto intese come meccanismi di controllo della città. Se le altre mafie, nel resto d’Italia, col tempo le hanno rese sempre più marginali, prediligendo altre “economie”, la società foggiana non le ha mai abbandonate. Ancora oggi, come vedremo, sono centrali nella strategia per il mantenimento del potere a Foggia. Nicola Ciuffreda e Giovanni Panunzio sono due nomi, in quest’ottica, da non dimenticare. Nicola è un imprenditore edile di 53 anni, padre di 4 figli. Agli inizi degli anni’90 nel suo settore cominciano ad accadere eventi preoccupanti.
Nel giro di pochi mesi una serie di agguati ad imprenditori e artigiani destabilizzano la città di Foggia: gambizzazioni, esplosioni, strani incidenti sul lavoro. Anche Nicola ne resta coinvolto. Comincia a ricevere telefonate e, tramite queste, richieste di soldi. Nicola però reagisce e denuncia subito ai Carabinieri. E’ il 14 settembre 1990 quando viene raggiunto da 8 colpi di pistola, diventando la prima vittima innocente di mafia a Foggia. Solo due anni dopo Giovanni Panunzio, anche lui imprenditore edile, subisce la stessa tragica sorte. Dopo aver denunciato la Società, viene ucciso il 6 novembre 1992, il giorno dell’anniversario del suo matrimonio. Da quest’ultimo prenderà il nome il processo Panunzio, la prima grande inchiesta sulla mafia foggiana che nel 1994 porterà, grazie alle sue denunce, alla condanna di 46 persone.
Il maxi processo
Il processo e le condanne certificano l’esistenza della Società. E’ un passaggio cruciale, che porrà le basi per la formazione di un’antimafia locale. Foggia comincia a guardare in faccia la realtà, una realtà di cui forse era ben consapevole, ma che sperava non fosse veritiera. Tuttavia le 46 condanne, eseguite su richiesta del Pm Gianrico Carofiglio, confermano l’esistenza di un’associazione a delinquere ben strutturata. Tra i condannati, oltre all’esecutore materiale dell’omicidio di Giovanni Panunzio, anche i boss Rocco Moretti e Giosuè Rizzi. Il maxi processo accende dunque i riflettori su una zona fino ad ora trascurata nei discorsi sulla mafia. Nonostante ciò, l’indebolimento della fazione di Moretti apre la strada alle nuove “batterie”, tra cui quella di Roberto Sinesi.
La nuova guerra
La batteria di Sinesi non è però l’unica che cerca di colmare gli spazi lasciati vuoti dal processo. A loro si contrappone la batteria dei Trisciuoglio-Prencipe. Sono i semi di una nuova guerra, che porterà a circa 30 omicidi ed una ventina di agguati in 5 anni. Mario Francavilla, braccio destro di Roberto Sinesi e già condannato nel maxi processo, viene ucciso il 22 gennaio 1998, inaugurando un biennio di sangue. Tra il 1998 e il 1999 sono ben 14 gli omicidi nella città foggiana.
Ma, a differenza della prima guerra degli anni’80, la reazione dello Stato è immediata. Nel 2003 la faida viene interrotta dall’operazione di polizia denominata “Double Edge”. Circa 40 persone vengono arrestate e la batteria dei Trisciuoglio-Prencipe viene decimata. Ulteriori operazioni di polizia colpiscono la fazione opposta, quella dei Sinesi, indebolendo le radici della Società, ma non sradicandole del tutto. Le inchieste e le condanne regalano comunque anni “di pace” a Foggia.
La crisi economica
Tuttavia, come già detto, seppur indebolite le batterie della Società foggiana non vengono definitivamente sconfitte. Questa volta ad approfittare delle condanne è uno dei vecchi fondatori, precedentemente condannato nel primo maxi processo: Rocco Moretti. La “batteria” di Moretti e quella di Sinesi consolidano il proprio potere, sfruttando a dovere le nuove occasioni che un mondo in evoluzione stava offrendo. E l’avvento della crisi economica del 2008 è un regalo perfetto per una mafia che si fonda sulle estorsioni. Approfittando di imprese e aziende in difficoltà, la Società, dopo aver conosciuto un periodo di stallo, torna ad espandersi. Prestiti, usura e pizzo diventano pratiche quotidiane e inquinano l’ambiente lavorativo di ogni imprenditore in difficoltà. Le “batterie” con i propri tentacoli si insediano in ogni ambito e, soprattutto, sulle orme della ‘ndrangheta degli anni ‘70 cominciano ad evolversi.
La Società mette nel mirino le istituzioni e comincia ad infiltrarsi ovunque. Tentano addirittura di “istituzionalizzare” la pratica delle estorsioni tramite la creazione di un consorzio delle società agricole, col fine di rendere il pizzo “legale” e addirittura scaricabile a livello fiscale. Tale evoluzione è accompagnata da un vero e proprio ricambio generazionale all’interno delle batterie. In una nuova scia di sangue post crisi economica, le “vecchie leve” vengono fatte fuori. Nel 2012 ne resta vittima anche Giosuè Rizzi, detto il papa di Foggia, autore della celebre Strage del Bacardi che aveva dato origine a tutto. La Società Foggiana dunque si evolve, volge lo sguardo sul resto del Gargano e anche le altre mafie cominciano ad accorgersene. In questi anni stringono accordi con i Casalesi e con la ‘ndrangheta, ottenendo la denominazione di “quarta mafia”, epiteto utilizzato per indicare generalmente anche gli altri gruppi criminali della regione.
La Società Foggiana oggi
A 30 anni circa dalla sua fondazione, la Società Foggiana continua ad espandersi e a consolidare il proprio potere. Pur essendosi gettata in altri tipi di economia ben più remunerativi, le estorsioni restano l’attività principale. La serie di attentati che ha inaugurato il 2020 foggiano si inserisce in quest’ottica. D’altronde la Puglia, rispetto ad altre regioni del sud, ha un’economia più forte e dunque più allettante.
Le estorsioni, oltre ai motivi economici, sono un vero e proprio strumento di controllo, procedimenti abituali tramite i quali le batterie acquisiscono potere a discapito delle fazioni avversarie. Le numerose inchieste della magistratura hanno dimostrato come esistono vere e proprie liste di riscossione, dalle quali non è escluso alcun tipo di imprenditore, che sia il proprietario di una vasta azienda o di un piccolo negozio di ortofrutta. In queste liste, tra cui una trovata pochi mesi fa, oltre ai nomi delle “vittime” ci sono le relative somme da chiedere, calcolate in modo proporzionale in base ai profitti dell’azienda.
Economia
Ma, come già detto, le estorsioni sono un puro meccanismo di mantenimento del potere. L’economia della Società si basa principalmente su altri ambiti. In primis il traffico di droga, monopolizzato nel Gargano in seguito agli accordi con la ‘ndrangheta e la camorra. Dall’evoluzione post crisi economica la Società, grazie alle infiltrazioni nelle istituzioni, ha messo nel mirino varie aziende legate alla pubblica amministrazione. Recenti inchieste hanno dimostrato i loro tentativi di sabotare e gestire determinati appalti. Anche la gestione dei rifiuti, da decenni uno dei campi prediletti dalle nostre mafie nazionali, è finita sotto il controllo delle batterie.
E’ dunque una Società 2.0 che volge lo sguardo al mondo degli affari, senza abbandonare la violenza che la contraddistingue. Il forte legame con l’ambiente imprenditoriale ha inoltre reso più semplice il riciclaggio di soldi. La stampa di banconote false, altro tipo di economia del gruppo criminale pugliese, necessita di un ulteriore, importante passaggio: bisogna mettere in circolo il denaro. A tal proposito, diverse aziende viticole sono state coinvolte in questo giro. La magistratura ha inoltre messo nel mirino i rapporti che intercorrono tra la mafia foggiana e il fenomeno del caporalato, che nella zona del Gargano ha provocato decine di vittime negli ultimi anni.
La struttura della Società Foggiana
Particolare è inoltre la struttura della Società. E’ divisa in “batterie”, ovvero piccoli clan che raccolgono più famiglie. Da questo punto di vista è molto simile all’organigramma tipico della ‘ndrangheta, dalla quale probabilmente si è ispirata. La suddivisione in gruppi distinti si basa su criteri di tipo parentale. Al centro dell’organigramma c’è dunque la famiglia, nella quale è conservato il potere. Questo si trasmette tramite una discendenza patrilineare. Il figlio prenderà il posto del padre. Non a caso gli obiettivi degli attentati sono spesso i figli dei boss.
Nel 2007 sia il figlio di Rocco Moretti che quello di Roberto Sinesi finiscono nel mirino di diversi agguati, ma entrambi riescono a salvarsi. Ciò dimostra come, nonostante sia nata da una costola della Nuova Camorra Organizzata, la Società abbia saputo inglobare caratteristiche anche di altre mafie, tra cui il familismo tipico delle ‘ndrine calabresi. La sua duttilità la rende ancora più pericolosa, soprattutto se si considera la sua rapida evoluzione in un arco di tempo relativamente breve, quando altre mafie ben più potenti e storiche ci hanno impiegato molti anni in più.
Le tre mafie
Ovviamente la Società Foggiana con la crescita del proprio potere ha cercato di espandere i propri confini. Nella zona del Gargano le mafie che detengono il controllo del territorio sono essenzialmente tre: la Società, la mafia garganica e quella di Cerignola. Condividono la stessa violenza, lo stesso modus operandi basato sulla brutalità. I “Maschi della Montagna”, così come sono conosciuti gli affiliati alla mafia garganica, hanno stretti rapporti con la Società. Negli ultimi anni è divampata una guerra tra la famiglia dei Libergolis e quella dei Romito.
Entrambe le famiglie sono legate alle batterie foggiane, rispettivamente con quella di Sinesi e con quella di Moretti. Il 9 agosto 2017 si è consumata una delle più atroci stragi degli ultimi anni, con la probabile complicità della Società Foggiana. In un agguato vengono uccisi il boss Mario Luciano Romito e suo cognato, ma alla scena assistono involontariamente due agricoltori della zona, i fratelli Luigi e Aurelio Luciani. Nonostante il loro tentativo di fuga, vengono raggiunti e uccisi. Le successive inchieste hanno dimostrato come la Società abbia un ruolo importante in questa faida. Non un ruolo marginale, ma al contrario, negli anni, la poderosa crescita della mafia foggiana le ha garantito una posizione predominante rispetto alle altre due.
Stato e antistato
Una delle principali differenze con le altre mafie nazionali è l’assenza dell’idea di antistato. Camorra e ‘ndrangheta si sono gradualmente presentate alla società civile come una forma di governo alternativa allo stato. Il loro meccanismo di controllo sociale si basa sullo sconforto dei cittadini, che spinti dall’assenza dello stato e delle istituzioni sono istigati ad abbracciare l’unica alternativa esistente: la mafia stessa. Tramite questa pratica la criminalità campana e quella calabrese hanno lentamente tessuto un velo di omertà e rassegnazione, che gli ha permesso di consolidare il potere senza eccessivi tumulti. Sicuramente sono state favorite dalle condizioni economiche delle due regioni.
Diversamente agisce la Società Foggiana. Le batterie non si presentano come un’alternativa allo stato, non si preoccupano di creare una visione negativa di esso che vada a loro favore. Il mantenimento del potere si basa sulla paura, su una strategia del terrore vera e propria. Da questa scelta derivano le numerose bombe e le sparatorie ai danni di chi cerca di opporsi, come Panunzio e Ciuffreda, o come i fratelli Vigilante, per restare in tempi recenti. La strategia del terrore ha tuttavia una conseguenza che potrebbe diventare il punto debole della Società Foggiana.
La reazione dello Stato
Fronteggiare direttamente lo Stato, come insegna la storia di Cosa Nostra, non ha mai avuto esiti positivi per le mafie. La strategia stragista condotta dalla cupola siciliana agli inizi degli anni ’90 ha avuto come conseguenza una risposta altrettanto dura dello Stato, conclusasi con l’arresto dei maggiori boss e il famoso maxi processo. Allo stesso modo la Società Foggiana è stata più volte colpita duramente dalle operazioni della magistratura. Dalla strage del Bacardi in poi, sono stati decine i blitz che hanno decimato le batterie. E’ il caso della batteria di Rocco Moretti, ma anche delle famiglie Trisciuoglio-Prencipe, che oggi vivono momenti di difficoltà a causa delle numerose operazioni degli ultimi anni.
Così come la reazione dei cittadini è fortemente mutata nel tempo. Se alle origini della Società Foggiana in città c’era un forte negazionismo, oggi lo scenario è cambiato. Alla già citata manifestazione di Libera d’inizio gennaio, alla quale hanno partecipato circa 20.000 persone, va aggiunta quella del 2018, sempre organizzata dall’associazione di Don Ciotti. In ricorrenza della giornata in memoria delle vittime innocenti di mafia, che ricorre ogni anno il 21 marzo, circa 40.000 persone sono scese in piazza. Con gli anni sono inoltre aumentati i collaboratori di giustizia, i pentiti e, soprattutto, sono aumentate anche le denunce di cittadini e imprenditori.
Le denunce
Agli inizi degli anni ’90, sulla scia di Nicola Ciuffreda e Giovanni Panunzio, numerose denunce arrivano alle forze dell’ordine di Foggia. Tra cui quella di Francesco Marcone. Direttore dell’ufficio del Registro di Foggia, aveva notato un giro di soldi illegale all’interno delle istituzioni. Col fine di ottenere vantaggi da quell’ufficio, tra cui il disbrigo di determinate pratiche, molte persone tendevano ad affidarsi a dei “falsi mediatori” che, in seguito ad un adeguato compenso, avrebbero “risolto la questione”. Francesco Marcone denuncia subito la truffa alla Procura.
Tuttavia il 31 marzo 1995, circa una settimana dopo il suo esposto, viene ucciso mentre stava rientrando a casa. I numerosi casi di omicidi non hanno contribuito a fermare la serie di denunce contro la Società. Luigi e Christian Vigilante sono solo gli ultimi di una lunga lista di imprenditori che si sono opposti alle estorsioni. Evidentemente una lista non abbastanza lunga, ma la strada è già tracciata. Se l’evoluzione della Società è stata rapida, altrettanto rapida è stata dunque la crescita dell’antimafia locale. Tuttavia non è sufficiente.
Oggi la “quarta mafia” è forse quella meno conosciuta, di certo la meno nominata. A Foggia il rischio che le bombe diventino una triste quotidianità a cui abituarsi è molto alto. Lo scenario bellico può ovviamente determinare sconforto e paura, ma al contrario è proprio nel momento in cui le mafie ostentano maggiore forza che sono più vulnerabili. Lo dimostra la storia della Società stessa: le batterie, nei loro momenti di difficoltà, hanno sempre reagito con violenza e sempre ne sono uscite sconfitte o indebolite. Le varie operazioni delle forze dell’ordine si inseriscono in questo contesto. Anche a gennaio, in seguito ai vari attentati che hanno inaugurato il 2020, la magistratura ha reagito subito ordinando perquisizioni in tutta la città. E anche il ministro dell’interno ha deciso di affrontare il problema in prima persona, a conferma che la Società Foggiana da ora in poi non sarà più la “mafia innominabile”.