La pressione del Covid-19 è arrivata anche nel continente africano, dove molti si domandano se impatterà nello stesso modo come successo in Europa e USA, anche se per adesso i contagi restano bassi,i principali stati africani si stanno già mobilitando.
In Nigeria i casi di Covid-19 dal 27 febbraio ad oggi sono 111, con una vittima confermata. Pochissimi considerati i 200 milioni di abitanti del paese, ma comprensibili considerando il basso numero di tamponi effettuati. In una delle più grandi megalopoli come Lagos (20 milioni di abitanti) si è deciso di imporre la chiusura di tutti servizi non essenziali per due settimane.
Le autorità sanitarie della megalopoli nigeriana hanno dimostrato in passato di saper gestire e frenare l’epidemia di Ebola, ma la pandemia globale di Coronavirus sta facendo tremare il Presidente Buhari già costretto a manovre economiche emergenziali per il crollo del prezzo del greggio. Lagos contribuisce ad un terzo dell’economia nazionale, da sola vale l’intero PIL del Kenya. Chiuderla significa soprattutto togliere linfa vitale ai milioni di commercianti che vivono di economia informale tra le disordinate strade della megalopoli nigeriana. Chiedere di rimanere a casa a persone che vivono in slum malsani dove la distanza tra una baracca e l’altra non supera mezzo metro è un’impresa ardua e forse, controproducente.
Le misure economiche prese dal governo nigeriano, riguardano lo stanziamento di un fondo emergenziale di 40 milioni di dollari, oltre alle donazioni dei facoltosi privati nigeriani, tra cui Aligko Dangote, l’uomo più ricco d’Africa. Ma il rischio è che milioni di lavoratori vengano tagliati fuori dai sussidi e che, alla fine del lockdown, la popolazione povera aumenterà a dismisura.
Il vicino Ghana ha seguito la decisione della Nigeria di limitare la chiusura alle grandi città, tra cui la capitale Accra, Tema e Kumasi, dispiegando 35mila uomini armati per implementare le misure restrittive anche qui per le prossime due settimane. In Africa orientale, invece, il Ruanda, è già da una settimana in lockdown totale, ma il numero di nuovi contagi non accenna a diminuire in attesa di raggiungere il picco. Kenya e Sudan, invece, hanno optato per l’opzione del coprifuoco notturno per evitare che la popolazione frequenti luoghi di aggregazione all’aperto. A Nairobi non sono mancati scontri con la polizia. La popolazione protesta la decisione del Governo sostenendo che i danni economici delle misure restrittive rischiano di essere superiori ad un eventuale contagio diffuso di Covid-19.
Il Sudafrica ha adottato misure ancora più stringenti e su tutto il territorio nazionale dal 27 marzo fino al 16 aprile sarà blocco totale. Vietata anche la vendita di alcolici e tabacchi per 21 giorni. Nella nazione Arcobaleno, la più colpita dal coronavirus in Africa, i casi confermati sono 1280, le città sono deserte. La maggior parte della popolazione è fuggita verso le zone rurali. Nonostante il pugno di ferro con migliaia di militari nelle strade si sono verificati i primi contagi anche nelle township, le aree nelle periferie delle grandi metropoli dove vivono milioni di sudafricani in condizioni igieniche precarie. Anche il vicino Zimbabwe, dove si è registrata la prima vittima, ha deciso di chiudere le attività in tutto il paese per tre settimane.
La speranza rimane quindi quella che in Africa il contagio non si moltiplichi rapidamente come successo da noi, e che si riesca ad arginarlo il prima possibile.
Fonti: Internazionale, La Repubblica, La stampa
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