Lo scorso 17 settembre la Lega nel parlamento europeo si è astenuta nel voto sulla condanna dell’UE nei confronti di Lukashenko e ha dichiarato contrarietà espressa sulle sanzioni da imporre a Putin. Tutto ciò ha riportato alla luce la vicinanza fra Carroccio e Mosca, oggetto di ripetute attenzioni dai parte dei media internazionali. Proprio a uno di questi, il Wall Street Journal, Matteo Salvini ha rilasciato una delle ultime dichiarazioni note sul tema, sostenendo: “Preferisco avere la Russia come amica, piuttosto che essa si allei con la Cina” e che “imporre sanzioni a Mosca significa spingerla sempre più ad est”.
Sembrerebbe dunque che a spingere Matteo Salvini ad est sia una visione geopolitica precisa. In realtà i rapporti tra la Lega Nord sono sempre stati circondati da una certa ambiguità, sin dai tempi di Bossi.
Tuttavia da quando il cosiddetto Capitano ne è diventato leader, il Carroccio sembra essere divenuto sempre più legato al Cremlino. Tanto da valicare, secondo alcuni, i confini della legalità. È infatti ancora in corso, ad esempio, l’inchiesta aperta dalla procura di Milano per corruzione internazionale, seguita allo scandalo che coinvolse l’imprenditore italiano Gianluca Savoini. Ma prima di parlare di ciò, per comprendere meglio il ponte Mosca-Pontida occorre fare un passo indietro.
I primi contatti fra Salvini e Putin
È il 6 Marzo 2017, quando durante un viaggio nell’ex repubblica sovietica, il leader sovranista Matteo Salvini, dopo aver stretto la mano direttamente a Vladimir Putin, sigla un’alleanza con Russia Unita, partito del leader russo. Le due parti, attraverso il patto appena stipulato, dichiaravano di volersi semplicemente “scambiare informazioni sull’attualità”, condividendo valori come “la sovranità statale e il rispetto”.
L’idea di un accordo tra il partito lombardo e quello russo non è, tuttavia, del tutto nuova: già nel 2014, Salvini, fresco segretario di una Lega allora allo sbando per i noti guai giudiziari legati al tesoriere Belsito, aveva incontrato Putin. Quell’anno il presidente russo percepì la possibilità di aver trovato un importante alleato all’interno dell’Europa.
Col tempo però, e anche con la progressiva crescita nei sondaggi della Lega, il patto con Russia Unita, inizialmente passato sotto banco, è stato posto al centro di numerose critiche. Tanto è vero che secondo diverse ipotesi, esso non sarebbe altro che uno specchio per allodole. L’accordo nasconderebbe intenti più oscuri e meno legali, tra cui le presunte interferenze “social” di account provenienti dalla Russia.
I fondi illeciti dati a Savoini
Tuttavia, è solo nel 2018 che varie inchieste giornalistiche hanno scoperchiato il vaso di pandora, scatenando polemiche e la rabbia dei partiti oppositori al Conte I. Secondo le accuse del tempo, la Lega, ormai divenuto partito di governo in seguito alle elezioni politiche di quello stesso anno, avrebbe ottenuto fondi dalla Russia. In particolare, nell’occhio del ciclone finì un incontro avvenuto a Mosca tra Matteo Salvini e Dmitry Kozak, vicepresidente russo. La data è il 17 ottobre dello stesso anno.
In tale occasione l’ormai ex Ministro dell’Interno era giunto in terra sovietica ufficialmente come ospite di Confindustria Russia. Avrebbe però incontrato in segreto Kozak, tra le altre cose detentore della delega agli affari energetici. Fattore particolare rilevante se si considera che le accuse di finanziamento occulto al partito lombardo girano intorno ad una compravendita di carburante.
È proprio il giorno successivo, il 18 ottobre 2018, che avviene il celebre incontro tra Gianluca Savoini ed esponenti del Cremlino. Quella sera, al Metropol Hotel di Mosca, si sarebbe discusso, per l’appunto, di una particolare compravendita di petrolio russo. Dietro questi accordi commerciali ci sarebbero, tuttavia, tentativi di nascondere finanziamenti della Russia a favore della Lega di Matteo Salvini, per un totale, secondo Buzzfeed, di circa 60 mln di euro.
Le conseguenze dell’accordo fra Lega e Russia
Per i fatti sovra elencati Gianluca Savoini è oggi accusato di corruzione internazionale, in seguito all’apertura di un’indagine da parte della Procura di Milano. Ma Matteo Salvini, e al contempo il governo russo, negano ogni tipo di coinvolgimento, sebbene negli audio dell’incontro al Metropol, pubblicati da Buzzfeed, il leader della lega è citato più volte come il “Trump europeo” e tra gli argomenti principali c’è la visione di un Europa sempre più vicina alla Russia di Putin. A difesa di Salvini si può obiettare che questa visione, se mai esistita, sia totalmente sfumata. La causa sono le crisi in Siria, Bielorussia o del petrolio che hanno coinvolto Vladimir Vladimirovich Putin.
Lo stesso segretario leghista, forse per stizza seguita ai fatti del Metropol, sembra aver preso le distanze dal “fronte sovietico”, per optare verso un nuovo, parimenti ambiguo, atlantismo filo-Washington. Questo riposizionamento internazionale non ha trovato grandi ostacoli, giacché, a onor del vero, le Lega non è mai stata anti-americana, né mai ha dichiarato fedeltà a Mosca, come fece il PCI. Questa liquidità leghista (simile peraltro a quella del suo elettorato) è divenuta sempre più evidente successivamente all’elezione di Trump, divenuto un nuovo idolo sovranista, alternativo o complementare al Cremlino.
La nuova alleanza fra Lega e Trump
Da quel fatidico 2016 dominato da Trump, i contatti USA-Lega si sono intensificati in parallelo a quelli con la Russia, finché, dopo i fatti del Metropol e l’esperienza di governo, la deriva russofila salviniana pare essersi affievolita. Il conseguente avvicinamento leghista a Washington ha avuto conseguenze anche sul piano politico europeo, determinando la fine di un anti-europeismo storicamente caratterizzante il Carroccio. Non è stato certo un caso che, proprio in concomitanza dell’annuncio di un viaggio negli USA, il 13 Febbraio 2020, Matteo Salvini parlando dell’UE abbia affermato:
“La nostra priorità non è uscire da qualcosa ma la crescita economica”.
Singolare come di fronte alla stampa estera il leader più sovranista di Italia, si mansueti tutto d’un tratto sui suoi cavalli di battaglia. La realtà è che in America la dissoluzione dell’UE non piacerebbe. Si potrebbe anche argomentare storicamente che l’UE ebbe più padri fondatori oltreoceano che sul continente. L’Unione Europea nacque infatti come strumento per mantenere uniti i Paesi occidentali europei contro l’Urss, e fu garanzia di atlantismo nel corso della sua storia. Non a caso i leader che più vi si opposero, tra i quali De Gaulle, furono i più anti-americani. Salvini non può permettersi di esserlo, motivo per cui deve accettare, obtorto collo, un europeismo soft, ben diverso dai tempi di Savona Ministro dell’Economia.
Andare contro l’UE e dunque gli USA, che temono un avvicinamento italiano alla Russia, significherebbe per il Capitano trovarsi isolato, senza legami col sovranismo est-europeo, russofobo per costituzione, né coi popolari.
La nuova propaganda salviniana
Tutto ciò gli costa la faccia talune volte con gli elettori, che lo votarono in parte per le magliette “NO EURO”. Tuttavia, in questo suo cambio di volto, è aiutato.
I suoi alleati migliori sono i suoi peggior nemici, la sinistra e i cosiddetti giornaloni, che perpetuano una campagna mediatica anti-russa da anni, dando pretesto a Salvini di rivedere il suo posizionamento internazionale. Posizionamento che, con l’ultima crisi da Covid, ha ancora mostrato dei rimasugli di russofilia. Esempio è il plauso salviniano alla missione russa di aiuto sanitario. In definitiva, però, non è neanche lontanamente paragonabile all’amore per la Cina dei 5Stelle. Lo stesso ragionamento si può fare per quanto concerne la Bielorussia, sulla quale non vi sono state né approvazione né critica da parte di Matteo Salvini e della sua compagnia. Ciò succede anche perché i rapporti Europa-Russia sono sempre più incrinati, reo anche il vaccino made in Moscow, per cui Salvini dovrebbe remare troppo controcorrente per acclamare ancora apertamente Putin.
Cosa che non farà, da grande conoscitore dell’elettorato qual è, perché otterrebbe un risultato minimo (all’elettore medio poco importa di geopolitica) con uno sforzo massimo (perdere la fiducia di Washington). Dunque per adesso il Carroccio non può fare altro che evitare attacchi alla Russia, senza però poterla e volerla favorire, mantenendo lo status quo.
La natura della Lega del 2020
In questo quadro emergono le nuove, vere responsabilità della Lega. Sempre più di Governo e fuoriuscita dal locale Nord, è divenuta un centro di potere riconosciuto internazionalmente. Che i 60 milioni del Metropol siano stati dati o no, Salvini pare comunque aver abbandonato la Russia per divenire moderatamente atlantista.
La sua fluidità è stata degna di un Machiavelli. Vien da chiedersi fin quando potrà reggere il passo con un sovranismo più duro, impersonato dalla destra di Meloni, che ha meno paura di farsi vedere estremista. Per Matteo Salvini questa è la vera sfida: non diventare un democristiano cercando di essere sempre più moderato. Altrimenti il suo elettorato si stancherà e cambierà fronte, deluso.
L’intreccio tra geopolitica e consenso elettorale è spesso sottovalutato nel nostro Paese, per via di un pregiudizio sul provincialismo dei cittadini. La nuova tendenza atlantista della Lega però influenzerà, se non lo ha già fatto, ogni piccola sede della Lega, dalla Val Brembana a Monopoli. Solo allora capiremo la vera portata dei giochi di potere e influenze tra Mosca, Washington e la piccola, ma forte, Pontida.
Articolo scritto a quattro mani da Dario Pio Muccilli e Marco Russo.