Mail andate perdute, tamponi inesistenti, server intasati e scarso controllo territoriale. E’ questo il prospetto che si presenta andando ad indagare sui motivi che hanno provocato un rilevante peggioramento della situazione in Piemonte a causa del coronavirus.
Tutto saltato fuori negli ultimi giorni, dato che in Piemonte i casi continuavano a salire e il numero raggiungeva velocemente quello delle regioni più colpite, superando infine il Veneto e contendendosi il secondo posto con l’Emilia Romagna.
Ma cosa è successo? Perché i numeri non smettono di salire? E perché se ne parla solo ora?
I giornalisti di Report hanno iniziato un’inchiesta nei giorni scorsi per far luce sulla questione e capire cosa è andato storto, dato che da diversi giorni stavano circolando notizie poco rassicuranti tra gli ambienti di medicina generale, riguardanti soprattutto mail di segnalazione di sospetti casi da coronavirus andate inspiegabilmente perse.
Vediamo nel dettaglio cosa hanno scoperto.
Gestione sanitaria in Piemonte: mancanza assoluta di dispositivi di protezione
Come si capisce dalle testimonianze dei medici e infermieri intervistati, le condizioni di lavoro non sono sicure. Ogni giorno esiste il rischio per tutti loro di venire a contatto con pazienti affetti da coronavirus, ma nessuno risulta dotato di adeguate protezioni. Guanti, calzari, in alcuni casi mancano anche le mascherine. E, dove presenti, risultano inadeguate. Infatti “non garantiscono in alcun modo la protezione delle vie respiratorie chi la indossa, né offrono protezione adeguata contro il virus” si legge nella prima delle innumerevoli circolari inviate, una dopo l’altra, ai medici di medicina generale. Inutili, quindi, per le visite ai malati. La soluzione raccomandata da alcune Asl? Razionare l’uso delle poche mascherine distribuite. Il che significa maggiore rischio di diffusione del contagio e zero protezione.
Altri problemi? Segnalazioni andate perse e numero insufficiente di tamponi effettuati
Ma il problema forse più grave è stato la gestione delle segnalazioni effettuate dai medici di base per denunciare i presunti casi, perché potessero essere presi in carico dagli ospedali e potesse essere effettuato il tampone. Nella maggior parte dei casi, infatti, le segnalazioni sono come andate perse. Nessuna risposta fornita ai medici dall’Unità di Crisi della Regione Piemonte e, ovviamente, tamponi mai effettuati. Così, a compimento della cattiva gestione, nei giorni successivi, si verifica un aumento considerevole dei casi. Inizialmente sembrava circoscritto ad Alessandria, dove è scoppiato il primo focolaio, ma col passare del tempo si è esteso a tutta la Regione. Testimonianza del fatto che non si è trattato di un caso isolato di gestione dell’emergenza.
Le motivazioni fornite per il mancato recepimento delle mail sono state diverse: sovraccarico del sistema e mancanza di personale al SISP, il Sistema di Igiene e Sanità pubblica regionale, che doveva monitorare i casi sospetti. Risultato? Comunicazione paralizzata e sistema in crisi.
Sono in corso attualmente delle indagini da parte dei NAS per capire cosa è davvero successo, perché le segnalazioni siano andate perdute e come mai l’intera Regione si sia trovata così impreparata ad affrontare l’emergenza, sia in termini di organizzazione che di materiale sanitario. Un’emergenza che ha messo inevitabilmente tutti in difficoltà, ma che non si può risolvere con una catena infinita di responsabilità scaricate su altri.
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