Tutti noi abbiamo letto l’hashtag #iorestoacasa e molti di noi probabilmente lo hanno anche scritto sui social. La ragione è sicuramente di mandare un messaggio positivo, ma andiamo a vedere come stanno rispondendo le principali borse valori del mondo nei giorni in cui #iorestoacasa rappresenta il principale trend topic.
I numeri considerati in valore assoluto spesso possono nascondere la reale importanza di un evento e il relativo effetto sulla nostra vita ed è per questo motivo che paragoneremo i valori della discesa repentina che sta attraversando la borsa oggi con la crisi del 1929 di Wall Street, considerata ancora oggi la più grande crisi borsistica del capitalismo insieme al crack dei mutui ipotecari del 2008 che portò alla crisi che ben conosciamo e che ci trasciniamo ancora oggi. Nel ’29 gli indici impiegarono 42 giorni per perdere il 20% rispetto ai massimi storici mentre questa volta ci hanno impiegato appena 16 giorni.
Ma da cosa è data questa discesa?
Quali sono stati i comportamenti che si nascondono dietro al calo del valore di un titolo o di un indice sul mercato? In una parola: vendere. Il coronavirus ha causato la chiusura, seppur temporanea, di molte attività medio-grandi non considerate essenziali e questo ha creato problemi a catena anche a chi invece sta ancora lavorando. In questo scenario quindi gli investitori, temendo una crisi di liquidità di queste imprese, hanno venduto in modo massiccio le azioni considerate rischiose e hanno acquistato beni rifugio, di cui l’oro rappresenta sempre un evergreen. Conseguenze? Aumento del prezzo dell’oro e crollo del valore delle azioni. Nessuno è rimasto immune a questo calo; da Apple ad Alphabet (aka Google per i non addetti ai lavori), passando per McDonald’s e addirittura Disney.
Le principali banche centrali tra cui BCE e Fed sono intervenute comprando a colpi di decine e decine di miliardi di euro e dollari grandi quantità di titoli con lo scopo di contenere la caduta dei prezzi, sulla strada tracciata anni fa dal Quantitative Easing di Mario Draghi che tanto ossigeno diede durante il periodo più difficile dell’ultima crisi iniziata nel 2008.
Sicuramente la situazione poteva essere gestita in modo diverso. Con il senno di poi la scelta, probabilmente dettata da una iniziale sottovalutazione della possibile diffusione del Covid-19, di affrontare i cambiamenti a livello locale facendo prevalere gli egoismi nazionali senza una strategia comune ha fatto perdere tempo prezioso che poteva salvare parecchi miliardi di perdite.
La domanda che adesso gli analisti si stanno ponendo è: cosa succederà quando tra un paio di mesi il coronavirus dovrebbe tornare sotto controllo permettendo a molte attività di riprendere il loro normale ritmo di lavoro? Molti investitori potrebbero adottare dei comportamenti che possano fornire copertura contro l’inflazione e un aumento dell’offerta monetaria.
Se buttiamo l’occhio verso oriente, dove il coronavirus sta mollando la presa ormai da qualche giorno, notiamo che ad esempio la borsa di Shanghai è già tornata su valori superiori rispetto a quelli di inizio anno. Addirittura dal 20 gennaio quando la Cina annunciò al mondo l’esistenza del virus il listino cinese ha già recuperato tutte le perdite e ritrova il segno più.
Guardando verso Shanghai quindi sembrano avere ragione gli analisti che sostengono che tanto rapida è stata la discesa, tanto rapida sarà la risalita come d’altra parte era già accaduto in passato per chi si ricorda di Zika e, ancor prima, dell’influenza suina. Un dato incoraggiante che fa ben sperare anche per le borse di casa nostra che sono state investite in ritardo e che quindi possono sperare di poter seguire la via della seta verso una risalita simile a quella cinese.