Che cos’è il ‘vero’?
“Non esistono vicende vere. Il vero è l’artificio.” risponde Fassbinder a una domanda di alcuni studenti nel 1979.
Il vero, per definizione, è ciò che è pienamente conforme alla realtà, alla reale essenza delle cose; l’artificio, invece, è un mezzo trovato ad arte per raggiungere un effetto migliore.
Stando all’affermazione sopra citata, se il vero è questo espediente, sorgono delle perplessità su che cosa sia la realtà, a cui dovrebbe essere conforme il vero. Ciò che è reale esiste concretamente ed è l’insieme delle cose, delle persone e delle esperienze che sono presenti nella vita ordinaria, ma se “il vero è l’artificio”, allora la realtà è finzione, illusione?
Chi si è interrogato sul tema?
Nel corso dei secoli, molti autori si sono espressi al riguardo, tra i più famosi non passano inosservati Foscolo, Leopardi, Manzoni e Verga.
Per Foscolo, il vero, a differenza dell’arte, la quale rasserena, fa soffrire e per questo va filtrato dal velo delle Grazie. Quest’ultimo è necessario per poter mostrare all’uomo la vera bellezza, difendendolo dalle passioni divoratrici.
Manzoni, invece, nella “Lettera sul Romanticismo a Cesare D’Azeglio” afferma che la letteratura deve avere il “vero per soggetto”, dal momento che, attingendo alla verità storica, non avrà condizionamenti dall’invenzione, ma avrà un fine didattico. Oltre a considerare il ‘vero storico’, che riporta i fatti realmente accaduti, vi è anche il ‘vero poetico’, che esamina le passioni degli animi umani. Risulta però impossibile conciliare i due aspetti se si vuole giungere all’oggettività, poiché per il secondo tipo di vero è necessaria la finzione che, seppur verosimile, non è la realtà effettiva.
Leopardi si distingue da Manzoni e si avvicina a Foscolo, in quanto il vero è definito “arido”, perché è negativo e fa soffrire gli uomini. Tuttavia il poeta di Recanati non pensa che sia necessario filtrarlo con il velo delle Grazie. Vi sono le illusioni, che ingannano gli uomini con false speranze e vengono poi smascherate dall’ “apparir del vero”.
Inoltre ritiene che la consapevolezza e la conoscenza della vera realtà, del destino che spetta a ciascun uomo, è dolorosa e per questo l’uomo è infelice. Solo la morte risana da ogni affanno e può far cessare la sofferenza di cui egli è vittima.
La rappresentazione del ‘vero’ per Verga, invece, non è sinonimo di tristezza o angoscia, ma deve riflettere la realtà oggettiva mettendo in luce i fatti realmente accaduti e per questo si serve dell’impersonalità.
Proprio questa oggettività nel raffigurare il vero è quasi irrealizzabile, poiché ciascuno, nel momento in cui vede qualcosa o vive un evento, tende a riportarlo dal proprio punto di vista, seppur senza troppi condizionamenti personali.
Ognuno percepisce e ricorda solo ciò che l’ha colpito maggiormente, perciò diventa complesso stabilire in maniera oggettiva che cosa sia successo.
Gli uomini come i ‘sei personaggi in cerca d’autore’ di Pirandello
L’affermazione di Fassbinder ribalta l’idea tradizionale, secondo cui le vicende reali esistono perché sono ‘vere’.
Definendo, dunque, il vero ‘artificio’, la realtà che ci circonda è come se fosse il palcoscenico di un teatro su cui gli uomini, come i ‘sei personaggi in cerca d’autore’, ‘recitano’ la propria vita: si affannano, litigano, soffrono, gioiscono, ridono. Proprio per questo motivo i reality show vengono seguiti da milioni di utenti, perché sono ‘veri’, in quanto riflettono delle situazioni nell’esatto momento in cui si stanno verificando.
Che cosa sono esattamente i reality show?
I reality show sono dei programmi televisivi che si basano sulla rappresentazione di situazioni ‘reali’ vissute da persone comuni. Questo genere televisivo si distingue dai documentari perché ha lo scopo di rendere tale realtà una forma di intrattenimento leggero senza un fine educativo, focalizzandosi spesso su eventi della vita privata, quali vicende drammatiche, storie d’amore e conflitti personali.
Tra gli elementi ricorrenti vi sono i “confessionali”, in cui i partecipanti del reality confessano apertamente i loro pensieri al pubblico e non vengono sentiti dagli altri concorrenti; le eliminazioni progressive dei vari protagonisti, il televoto e una sorta di giuria.
Chi partecipa a questi programmi può essere sia sconosciuto ai grandi schermi, sia famoso.
Uno tra i primi reality show radiotelevisivi è stato Queen for a Day, il quale ha debuttato inizialmente alla radio statunitense nel 1945 e poi successivamente in TV. Esso consisteva nell’intervistare delle donne sulle loro personali vicende drammatiche; durante lo show veniva impiegato un applausometro al fine di valutare l’impatto emotivo sul pubblico. Maggiore era l’impatto, maggiore era il numero di premi offerti agli sponsor che si aggiudicavano.
Al giorno d’oggi, invece, uno dei reality più famosi è il Grande fratello. Trasmesso per la prima volta nel 2000, il programma deriva da un format originale olandese ed è strutturato in modo tale che le telecamere riprendano per 24 ore al giorno la vita quotidiana di un gruppo di persone che si trovano tutte insieme in una casa.
Aspetti negativi dei reality show
Per quanto concerne gli aspetti negativi di questi programmi, sicuramente non va trascurata la finta spontaneità delle vicende, le quali sono compiute sotto i riflettori e dunque non propriamente ‘vere’.
La realtà ritratta è ingannevole, ma piace. Piace perché sembra molto più avvincente di quella di tutti i giorni.
Gli spettatori sono interessati alla vita privata degli altri, sono curiosi di vedere come i vari personaggi si comportano in determinate situazioni, da quelle difficili e tristi a quelle piacevoli. Alcuni si divertono a giudicare gli eventi, altri si sentono simili ai protagonisti e perciò soffrono e gioiscono con loro. Inoltre, come sottolineato in uno studio pubblicato su Psychology Today, i reality show creano una sorta di dipendenza in certi individui, i quali hanno una necessità esagerata di vedere persone dell’altro o dello stesso sesso, mentre si spogliano, sono nudi e fanno attività sessuale.
Infine, i reality stimolano gli spettatori a voler partecipare al programma; spesso, infatti, possono votare al fine di eliminare o di ‘salvare’ un concorrente. Così facendo, credono di avere una sorta di controllo.
Tuttavia, il pubblico rimane tale, guarda la vita degli altri e non vive la propria.
E’ quindi attraverso l’artificio che la realtà si dispiega e, attraverso la messa in scena, il teatro, si riproducono i meccanismi della società.
Se il vero si identifica con l’artificio, che cos’è la realtà in cui viviamo? E’ reale?
Proprio il contrasto tra ciò che propriamente esiste, il vero, e ciò che è frutto dell’arte, della creazione, l’artificio, che si fonde con il vero in un’unica dimensione, quella del vero-artificio, sembra richiamare il nichilismo annunciato da Nietzsche. La perdita di valori assoluti che comporta la fine delle certezze è accostabile all’identificazione della realtà con l’artificialità, con il conseguente dubbio su cosa sia il mondo in cui l’uomo vive e opera tutti i giorni. Dunque, stando a quanto sostiene Schopenhauer, si potrebbe affermare che c’è un velo di natura illusoria, il velo di Maya, attorno agli uomini, i quali vedono una realtà simile a un sogno, della cui esistenza non si è certi.
Il mondo materiale risulta essere così un’apparenza, in cui gli esseri viventi sono intrappolati.