Dal 1869 le Olimpiadi non erano mai state sposate, furono chiaramente annullate durante le due guerre mondiali, ma il loro slittamento non era mai stato preso in considerazione e questo fa capire la straordinarietà dell’avvenimento che ha portato al pronunciamento definitivo su Tokio 2020, che slitterà (si spera) di un anno.
Il Comitato olimpico internazionale in questa decisione su Tokio 2020 è stato quasi spettatore. Subendo, quando ancora cercava di prendere tempo, la scelta annunciata dal governo giapponese e determinata dalla previsione dell’Organizzazione mondiale della Sanità. Il compito di studiare una nuova data sarà del Cio, con il primo ministro giapponese Abe che spinge per l’inizio di giugno 2021, anche a costo di complicate sovrapposizioni con gli Europei di calcio, per sfruttare il clima più mite della primavera giapponese.
Fattore determinante di questa scelta così delicata, sono stati soprattutto gli Stati Uniti. Il 13 Marzo Trump aveva già sorpreso tutti lanciandosi in un “meglio rinviare le Olimpiadi di un anno”, anticipando una corrente di pensiero che avrebbe unito il Canada del premier Trudeau e alcune federazioni internazionali. La pallonata definitiva ai Giochi 2020 l’ha data lo sport USA, dopo che nel fine settimana le federazioni di atletica, nuoto e ginnastica avevano preso una posizione nettissima a favore del rinvio, seguite da “alleati” storici del blocco anglofono come Canada e Australia. Americano infondo è il motore delle Olimpiadi, che vivono dei 4,38 miliardi di dollari versati dalla NCB per i diritti di 4 edizioni dei Giochi, Tokio compresa. Senza cui il Cio sarebbe spacciato (rappresentano il 70% del fatturato).
Nonostante lo spostamento, l’Olimpiade continuerà a chiamarsi Tokio 2020. Una mossa per salvare il merchandising legato all’evento, visto che il rinvio costerà già qualcosa come 6 miliardi di dollari, secondo uno studio dell’università di Osaka. Con il nome, resteranno validi anche i biglietti già venduti, di cui un‘alta percentuale ai residenti in Giappone.
Decisione che si preannuncia pesante soprattutto per i “veterani” che si sono sacrificati nella preparazione, che vedono un altro anno di lavoro come un Everest da scalare per fisico e mente provati da lunghe stagioni al vertice. Un esempio può essere quello della nostra Federica Pellegrini, che ha già detto di essere rammaricata dal rinvio e dalla situazione in generale. Si aggiungono a lei la stella della scherma Elisa Di Francisca, e Vincenzo Nibali che rischia di saltare il suo ultimo assalto all’oro nel ciclismo su strada. L’assenza più pesante potrebbe essere quella di sua maestà Roger Federer, ancora all’inseguimento dell’oro nel singolare.
Fonti: La Repubblica, TuttoSport, La Stampa