“Per fortuna nessuno mi ha capito, mormorò mentre si allontanava per andare a prendere l’elefante, una delle cose buone dell’ignoranza è che ci difende dai falsi saperi.”
La dura ma chiara sentenza qui sopra tratta da “Il viaggio dell’elefante” è solo una delle tante che costellano i romanzi e le poesie di José Saramago, scrittore, traduttore e critico letterario portoghese (1922-2010).
Sin da giovane si divise tra quelli che in poco tempo sarebbero risultati i suoi più grandi amori: la politica (fu infatti vicino al partito comunista, e poi al movimento anarchico) e la scrittura. Quest’ultima giunse nella sua vita come una vera e propria scoperta. Solo dopo diversi anni di lavori precari si stabilizzò in campo editoriale.
I suoi romanzi e le raccolte di poesie lo consacrarono a livello internazionale. Egli infatti ottenne il Nobel per la letteratura nel 1998, ottenuto con il suo “Cecità” (1995). L’opera è una chiara allegoria dell’aridità che investe la società di oggi, crudele e spietata. In questa, infatti, gli atteggiamenti positivi difficilmente riescono a imporsi. Saramago descrive una società specchio della nostra, superficiale, che non indaga a fondo, che non si interessa e non dà spazio a ciò che dai più si distingue.
L’intento paideutico è evidente: attraverso i vari personaggi, spesso generici e senza nome, il lettore rivede e riconosce le problematiche del suo vivere nel mondo. L’autore si distingue per la sua prosa innovativa, caratterizzata da lunghi periodi e da un uso non convenzionale della punteggiatura. Queste scelte inusuali e radicali permettono alle sue storie di rimanere impresse nella mente del lettore, e ai suoi pensieri, offerti quasi come dei flussi continui di parole, di creare un costante dialogo con lui.
“Secondo me non siamo diventati cechi, secondo me lo siamo, ciechi che evadono, ciechi che, pur vedendo, non vedono”.
Evidente protagonista della penna di Saramago è l’ironia. Questa inonda quasi tutta la sua produzione artistica e cela una velata malinconia, in accordo con le storie narrate. Le vicende dei personaggi, i loro pensieri, mostrano le insicurezze e le paure di ogni essere umano, diviso nel trovare un equilibrio tra il rapporto con sé stesso e la società che lo circonda.
Sono le tematiche affrontate a permettere al lettore di percepire grandi punti interrogativi, riflessioni originali e del tutto nuove. Il mondo frenetico in cui ci immergiamo ogni giorno sottrae tempo e occasione di porci quelle domande che Saramago invece ci presenta, in tutta la loro chiarezza, proprio sotto i nostri occhi, e alle quali è difficile dare risposta.
L’attenzione che l’autore dà al pensiero e al comportamento umano è straordinaria. L’uomo semplicemente è, non esiste un eroe invincibile, ma un individuo con alti e bassi. E questo Saramago ci vuole trasmettere: nella nostra fragilità siamo speciali, siamo unici. Ogni tentativo di evitare questa nostra natura è inutile. Così come ognuno di noi, il personaggio di Saramago riflette sul suo operato, giudica, agisce, a volte bene e a volte male. Ma è proprio questo che viene sempre ribadito tra le righe. La diversità e la precarietà distinguono tutti noi, e lo fanno con tutto ciò che ne deriva.
Dunque perché leggere Saramago? In 4 parole: per indagare noi stessi.