La notte del 7 luglio a Belgrado iniziano le rivolte contro il Presidente Aleksandar Vucic a causa della sua decisione di reintegrare forti restrizioni per la pandemia di Covid-19.
I media nostrani hanno spacciato la notizia come una protesta conro il lockdown, ma la questione è più complessa. In realtà i serbi hanno iniziato a protestare per la pessima gestione della crisi sanitaria. Successivamente, le proteste sono diventate contro il sistema politico intriso di corruzione del Paese.
Una dittatura in Serbia, fra Covid-19 e repressione
Difatti, la Serbia, con una popolazione di 7 milioni di abitanti, era il decimo Stato al mondo per numero di contagi. Questo sebbene fosse il Paese europeo ad aver adottato le misure più stringenti per la quarantena. Nonostante ciò, il presidente Vucic ha permesso a inizio maggio di riaprire tutto il Paese come se non fosse successo niente. Dalla sera alla mattina sono stati permessi non solo la libera circolazione dei cittadini ma anche gli assembramenti. Sono stati riaperti stadi e locali senza nessuna norma sul distanziamento sociale o sull’uso di mascherine. Per Vucic il virus si era volatilizzato, e i dati pubblicati descrivevano un quadro epidemiologico stabile.
Arrivano le elezioni dopo quasi due mesi di via libera, precisamente il 21 giugno. Elezioni boicottate dai partiti di opposizione per dissentire verso la mancanza di libertà di espressione nel Paese. Il risultato era quindi prevedibile. Il Presidente Aleksander Vucic viene rieletto con il Partito Progressista Serbo (SNS), populista conservatore. L’affluenza alle urne è stata bassa. Ci sono anche inchieste sulla presunta compravendita di voti che avrebbero permesso al SNS di passare il quorum.
La ragione delle proteste
Pochi giorni dopo la vittoria, Vucic annuncia che sarebbero stati reintrodotti coprifuochi e limiti di raggruppamento dei cittadini perché è stato rilevato un picco nei contagi. Il Presidente attribuisce ciò ai festeggiamenti della fine del Ramadan della minoranza islamica del Paese. In poche ore è guerriglia sotto il Parlamento.
Nelle proteste ci sono stati diversi scontri tra i manifestanti e la polizia, i primi che lanciavano pietre e altro e i secondi armati di lacrimogeni e manganelli. I manifestanti provengono da tutte le fazioni politiche, da destra a sinistra; i moti non hanno carattere politico ma civico. Ci sono video che riportano violenze delle forze di polizia su cui il Commissario sui Diritti Umani del Consiglio Europeo Dunja Mijatovic ha imposto le indagini; ricordiamoci che la Serbia è uno degli stati candidati all’ingresso nell’Unione Europea. I toni delle manifestazioni si sono acquietati alla terza giornata consecutiva.
Gli ospedali serbi sono al collasso, la curva epidemiologica non si è mai abbassata e un’inchiesta del portale BIRN mostra come i dati siano stati manomessi dal governo per permettere di indire le elezioni. Molti esponenti del SNS sono risultati positivi al virus successivamente ad una vera e propria festa nella sede del partito per la vittoria alle elezioni.
Questo è quello per cui i serbi stanno protestando: il loro Presidente li ha presi in giro per fini personali, mettendo a riscio la vita di milioni di persone.
La reazione di Vucic alle proteste in Serbia
La narrativa del Presidente è quella di una massa minoritaria di vandali violenti. I media locali non hanno parlato delle proteste. Mentre i manifestanti cercavano di entrare nel Parlamento, sul principale canale televisivo nazionale era in onda un programma di intrattenimento. Infatti, la maggior parte delle reti televisive fanno capo al Presidente stesso e l’unico canale indipendente, N 1, della CNN, non è accessibile a tutta la popolazione. Ma anche i media all’estero non ne parlano, e quando lo fanno descrivono un popolo contrario alle restrizioni. E non, com’è veramente, un popolo contrario a un governo autoritario che ha in mano il Paese da anni.
Adesso il rischio è che le proteste si dissolvano per l’assenza di leadership. Questo era già accaduto nel 2017 quando iniziarono le prime proteste contro Vucic.