Nel 2021 ostentiamo l’avanguardia, ma nella concretezza dei fatti la reazione che abbiamo quando un’amica ci comunica di aver detto il “grande sì” è diversa da quella che abbiamo quando ci dice che intende vivere da sola ed è felice. Sì, perché ancora oggi esistono pregiudizi e figure stereotipate attorno all’idea di essere single, soprattutto nei confronti di chi opta per questa scelta a lungo termine. Infelicità, è la prima sensazione che suscita una persona single secondo l’immagine popolare. Se è una donna ad esserlo, verrà probabilmente vista come una poveretta che non ha trovato un uomo o non è “capace a tenerselo”. Un’eterna Bridget Jones, che può anche suscitare simpatia ma che ben presto si finirà per considerare ridicola e meritevole di compassione. L’uomo scapolo invece, nei primi tempi verrà connotato come una figura positiva e quasi intrigante, ma alla lunga anch’egli verrà identificato come disperato, sicuramente con qualche problema nascosto che gli impedisce di conquistare una donna. Molto spesso, infatti, l’idea della relazione è collegata al merito. Meritare qualcuno con cui stare in modo da affermare il proprio valore personale, che, se lasciato a sé stesso si svaluta precipitosamente.
Oltre ai costrutti culturali e di pensiero che influenzano la visione dei single, anche a livello di pratica organizzazione della vita quotidiana numerosi elementi spingono verso una direzione piuttosto che l’altra. Secondo una recente indagine di Adiconsum la vita da single costa di più. I costi della vita sono svantaggiosi per questa forma familiare, sia per quanto riguarda le tasse del fisco che presentano un’aliquota maggiore per le persone individuali, sia per spese come bollette, costi fissi non agevolati, assicurazioni e affitti che non vengono divise tra due stipendi ma rimangono tutte a carico di un solo individuo. Un altro studio di Coldiretti mostra come in generale il costo della vita per chi vive da solo sia superiore del 78% in confronto ad una famiglia composta per esempio da tre membri. Anche al supermercato la spesa per single costa di più, i prodotti “formato famiglia” infatti sono più convenienti, mentre gli alimenti confezionati in monodosi, se si trovano, sono mediamente più cari di quelli in formato tarato per consumi maggiori. Se da una parte questa scelta fiscale può essere compresa nell’ottica di agevolare il mantenimento di una famiglia numerosa che necessita di risorse più elevate, dall’altra è riflesso di una società che anche dal punto di vista economico spinge verso il nucleo familiare numeroso. Un altro elemento discriminante è quello legislativo, per esempio in materia di assistenza fine vita o gestione dei beni. Le leggi infatti tutelano principalmente le persone legalmente sposate o le parentele. La riflessione che ciò induce, in quanto l’elemento normativo è in qualche modo indice e condizionamento della società, è che non esistano altre tipologie di relazioni o legami altrettanto importanti da meritare tutela attraverso la legge.
Tuttavia, secondo gli ultimi studi condotti da Elyakim Kislev, autore del libro “Happy Singlehood: The Rising Acceptance and Celebration of Solo Living”, i single rappresentano il gruppo maggiormente in crescita dal punto di vista demografico in molti paesi. Il mondo sta diventando single ma la disapprovazione culturale nei confronti di ciò è ancora alta. Anche in Italia, in vent’anni le famiglie unipersonali, sono cresciute di oltre 10 punti, dal 21,5 % nel 1997-98 al 33% nel 2017-18. Nel corso degli ultimi anni, in particolare, la tendenza di questa tipologia di nucleo familiare è ancora in crescita, rappresentando un terzo del totale delle famiglie secondo i dati Istat.
Ma cosa sappiamo effettivamente su questa popolazione in crescita?
Fino a qualche anno fa, le uniche ricerche condotte in materia di single lifestyle si soffermavano sullo sviluppo collaterale in relazione all’aumento dei divorzi e al decremento di matrimoni e nascite. Raramente approfondendo importanti questioni come, per esempio, in quale modo incrementare il benessere della popolazione single, come diminuire gli ostacoli a cui vanno incontro o ancora analizzare la vera qualità della loro vita.
Bella DePaulo, professoressa di psicologia e ricercatrice dell’Università della California, è stata una delle pioniere in materia ad aver studiato e approfondito il single lifestyle tentando di scardinare i classici pregiudizi della società. Le sue numerose ricerche raccolte in diverse pubblicazioni sono ormai un punto di riferimento nel settore. In occasione del suo discorso al Tedx di UHasselt, ha evidenziato tre grandi immagini popolari che sorgono sul tema: le persone single non hanno nessuno, sono costantemente sole e non soddisfano il loro bisogno d’amore. La professoressa ha illustrato come gli studi in merito dimostrino che queste siano immagini falsate rispetto alla vera condizione di vita dei single. Le persone single, infatti, sarebbero quelle più propense a mantenere legami soddisfacenti con amici e familiari, al contrario delle coppie che nel lungo termine tendono a chiudersi tra loro e ad essere meno predisposte all’interazione sociale. Essi, dunque, non vivono costantemente in solitudine. Oltre ad essere stata dimostrata la presenza nelle loro vite di numerose relazioni interpersonali qualitative, la solitudine non è strettamente correlata all’essere single. Essa, infatti, si riscontra in grandi quantità anche nelle coppie sposate in quanto condizione legata all’esperienza e alla percezione personale dell’individuo. Anzi, i single sono proprio quelli che ne soffrono di meno, non ne sono spaventati e sanno trarne i benefici. In conclusione, la dottoressa De Paulo ha concordato sull’idea dell’“all you need is love”, ma evidenziando come le forme di amore di cui necessitiamo e di cui siamo portatori siano molteplici, come lo sono altrettanti elementi fondamentali che compongono la vita di un individuo: crescita personale, ricerca del significato, indipendenza, ambizione, benessere.
Queste tesi sono state confermate anche da altri studi, ad esempio quello condotto da due ricercatori del Lafayette College e dell’Università di Miami, secondo il quale gli scapoli sarebbero meno inclini a provare emozioni negative e più bravi a gestire stress ed ansia favorendo lo sviluppo personale rispetto alle persone sposate.
Ancora, secondo Paul Dolan, scienziato comportamentale alla London School of Economics, i parametri tradizionali della vita adulta come matrimonio e figli non sempre sono in correlazione con l’aumento di felicità. Una ricerca del suo ultimo libro “Happy Ever After”, mostra che le donne che rimangono single e senza figli in realtà vivono più a lungo, più sane e felici.
Tra le recenti iniziative, Nicola Slawson, giornalista dello Shropshire ha creato il “Single Supplement”, una newsletter per donne single. “Gran parte del contenuto rivolto alle donne è condiscendente e negativo”, afferma al The Guardian, “Si tratta di cosa fare con il tuo partner o come ottenere un partner se non ne hai uno. Il presupposto che essere in una relazione è la norma è davvero irritante. Quindi intendo scrivere delle cose che contano davvero per le donne single – tutto, dall’accettazione di sé a questioni pratiche come la gestione del denaro con un unico reddito.” L’attrice Emma Watson ha coniato il termine “self-partnered” come alternativa alla dicitura “single” per descrivere la relazione che ha con sé stessa. O ancora Sophie Tanner, consulente digitale nel 2015 a Brighton si è sposata con sé stessa.
Eppure, nelle favole ascoltate nell’infanzia, nelle serie e programmi tv durante l’adolescenza e nei film da adulti nessuno racconta mai queste storie. Sono decenni di narrazioni e di materiale in cui nessuno racconta storie diverse da quelle codificate che ci aspettiamo di sentire. Nessuno storia con un lieto fine a uno, nessun finale diverso dal trovare l’anima gemella. Per crescere in questa direzione abbiamo bisogno di più storie come queste che aprano a una visuale a 360 gradi permettendo di scegliere un modello di vita piuttosto che un altro, senza sentirsi inadatti o sbagliati se quello che desideriamo è diverso dalle vecchie aspettative.
L’amore è bello, nessuno lo mette in dubbio, ma è bello scegliere per sé stessi la dimensione migliore in cui sentirsi realizzati. E non per forza deve essere la coppia. La fluidità di cui parlava Bauman è ora quotidianità. “Mai come ora, le persone possono scegliere il modo di vivere migliore per loro, senza alcuna strada scritta a priori” sostiene la dottoressa De Paulo. In qualche modo le storie stanno cambiando, permettendoci di scoprire cosa e come vogliamo essere.