La scissione nucleare – di certi elementi chimici pesanti – produce un’enorme quantità di energia. Il fatto è singolare, se si considera che gli atomi sono le più piccole particelle di un elemento. Tanta energia da qualcosa di così scarse dimensioni.
Ora, paragonare il Partito Democratico a un atomo risulterebbe quantomeno ingiusto, considerando che si sta parlando della seconda forza italiana in Parlamento. Però è innegabile la tendenza a scindersi. Scindersi in nome di una diversità di idee, sana e innegabile, che però dovrebbe trovare il suo naturale sviluppo nelle primarie, con le quali gli elettori del partito scelgono il segretario e quindi la linea politica.
Qui però il meccanismo si inceppa. Dove un partito normale rispetterebbe il risultato supportando l’attività del leader, il PD inizia col fuoco amico. Spesso il fuoco amico serve ad attirare consensi: si pensi all’opposizione fatta a Renzi da parte di quella sinistra “più a sinistra”, poi diventata LeU. Questa sinistra “più a sinistra” che non ha saputo accettare la nuova linea che gli elettori avevano impresso al partito, e ha iniziato a combatterla dall’interno, portando al dominio leghista.
Ed è proprio questa sinistra che ora porterà a una nuova scissione. Una scissione che probabilmente produrrà molta energia. Non sono sbagliate le parole di Renzi: “Me ne vado, così da non subire più opposizione interna e da non servire più da alibi agli altri”. E ancora: “Farà bene alla sinistra, perché rientreranno nel PD i vari Bersani, D’Alema, Speranza”. Quelli “più a sinistra”.
Rimane però un dubbio: la minoranza ci guadagna a rientrare quando ha perso la maggioranza? Vale a dire: il PD ci guadagna a perdere il leader più carismatico per recuperare la minoranza? E ancora, la minoranza rientra per una recuperata affinità di idee o perché c’è di nuovo spazio per comandare?
E, ultimo: è giusto usare l’energia nucleare o è meglio scegliere le energie rinnovabili?