1901: Carlo Maurizio Gamba, membro di una famiglia di notai piemontese, nobilitata nel 1835, dà inizio alla costruzione del Castello Baron Gamba, la cui progettazione fu affidata all’ingegnere Carlo Saroldi, nella località Cret-de-Breil del comune di Châtillon, in provincia di Aosta, il paese d’origine della consorte da lui molto amata, Angélique Passerin d’Entrèves, figlia del conte Christin d’Entrèves.
Proveniente da una nobile famiglia valdostana, proprietaria, dal 1846, del Castello Passerin d’Entrèves, che domina dall’alto il borgo di Châtillon, Angélique poté così trascorrere le sue giornate accanto ai suoi cari, ma di fragile salute, ammalatasi gravemente, dopo il dolore procuratole dalla morte in tenera età della
figlioletta Irene, morì nel 1909. Nello stesso edificio, nel 1928, si spense il marito, che per amore della moglie, aveva provveduto alla costruzione di un ascensore, il primo ad essere edificato nella regione valdostana, che potesse facilitare i deboli spostamenti della moglie nei suoi ultimi anni di vita.

Castello Gamba, esterno
Passato in eredità alla famiglia Passerin d’Entrèves, nel 1982, l’edificio e il parco circostante furono venduti alla Regione autonoma Valle d’Aosta.
Cosa fare del castello? Come provvedere alla sua conservazione e valorizzazione?
In seguito a un ammirevole ed esemplare proficuo dialogo tra architetti e storici dell’arte, si è deciso per una riqualificazione e rifunzionalizzazione dell’edificio, scelto come sede della collezione regionale valdostana di arte moderna e contemporanea.

Castello Gamba, sale museali.
Non è stato un mero e semplice trasporto di opere d’arte di proprietà della regione in un luogo condiviso, ma, come mette in luce il chiaro percorso di visita, ogni artista ed ogni fenomeno artistico viene analizzato alla luce del suo rapporto con la regione valdostana: ciò che l’artista ha potuto trarre dall’incontro con i paesaggi valdostani e la gente locale e ciò che ha lasciato al territorio.
La collezione regionale di opere d’arte è frutto di acquisizioni, donazioni e premi, tra cui si distingue il Gran Premio Saint-Vincent per la Letteratura e le Arti figurative, organizzato a partire dal 1948 da Luigi Carluccio, critico d’arte attivo in ambito torinese e morto nel 1981.

Felice Casorati, Saint-Nicolas, 1926.
Il visitatore viene guidato dalla prima sala espositiva, che mette in luce il fascino esercitato dai paesaggi e dalle tradizioni locali sui pittori italiani, tra cui, Cesare Maggi, Felice Casorati, Ugo Malvano, Filippo de Pisis, ma anche sui pittori inglesi, come J.M. William Turner, a sale che evidenziano l’adesione
della regione alle iniziative culturali nazionali ed internazionali, tra cui, la partecipazione nel 1988 alla XLIII Biennale di Venezia, nella sezione scultura, con la conseguente decisione di commissionare – e in questo modo rilanciare in senso economico- alla DeltaCogne di Verrès, azienda siderurgica di Aosta, sculture in fusione a cera persa di artisti italiani ed esteri, Arnaldo e Giò Pomodoro, Andrea Cascella, Massimo Chia, Mimmo Paladino, Mario Ceroli, Ievolella, il sudamericano Joachim Roca Rey, il giapponese Nagasawa. Alcune di queste sculture, in seguito, sono entrate nella collezione regionale e sono oggi esposte in una sala museale.

Filippo de Pisis, Vecchio Valdostano (Personaggio della Valle), 1949.
Nel percorso espositivo, di particolare importanza è il rilievo dato agli artisti locali, come Italo Mus. Nato a Châtillon nel 1892 e morto a Saint-Vincent nel 1967, comincia la sua formazione nella bottega paterna, scultore ligneo originario del paese di Torgnon. Dal 1909, studia all’Accademia di Belle Arti di Torino sotto la guida di Giacomo Grosso, Paolo Gaidano, Luigi Onetti e Marchisio e nel 1910 ottiene il Primo Premio al Salone dei Giovani Pittori, organizzato dal centro Internazionale delle belle Arti di Roma.

Ugo Malvano, Antagnod
Soldato nella Grande Guerra, nel 1932 realizza Il Monumento ai Caduti della Prima guerra mondiale a Saint-Vincent, distrutto prima della Seconda Guerra Mondiale per la raccolta del metallo, raffigurante un Alpino con fucile nell’atto di sorreggere un compagno morto sulle ginocchia.

Italo Mus, Osteria dei Tre Re
Collaboratore di Filippo De Pisis e conoscitore di Carlo Carrà, Antonio Ligabue, Pietro Morando e Francesco Mezio, fu definito dal critico d’arte Guido Marangoni “pittore di grande talento”: pittore capace di trasmettere la verità della vita montanara attraverso luce e colore.
Colpito da una grave malattia, nel 1967 morì a Saint-Vincent.
Dall’anno della sua apertura, il 2012, il museo ospita importanti esposizioni temporanee e dal 3 luglio fino al 27 settembre 2020, nel rispetto delle normative e delle disposizioni emanate dal Governo Italiano in relazione al Coronavirus COVID-19, è possibile visitare, muniti di mascherina e di voglia di conoscenza, la mostra RITORNANTI Presenza della figurazione nella scultura italiana, a cura di Domenico Maria Papa con il supporto tecnico di Museumstudio s.r.l.s di Torino.
Obiettivo della mostra, che si snoda tra le sale del museo e gli ambienti aperti del parco circostante, con opere di Arturo Martini, Francesco Messina, Giuseppe Maraniello, Giuliano Vangi, Luciano Minguzzi, Paolo Delle Monache e Giacomo Manzù, è la riflessione sul linguaggio figurativo in sede scultorea, che nonostante sia stato marginalizzato dalla trionfante astrazione novecentesca, continua fin dall’antichità a motivare le ricerche di giovani artisti contemporanei, come Aron Demetz, a cui è dedicata una sezione della mostra, giovane artista della Val Gardena, in Alto Adige, che utilizza tecniche tradizionali come l’intaglio del legno, con l’obiettivo di riflettere sul rapporto tra uomo e natura.
A completare la mostra dodici tavole dedicate a Pinocchio di Mimmo Paladino e una rassegna fotografica in bianco e nero sulle sculture del museo e dell’esposizione di Carola Allemandi.