Sanremo 2020, con i suoi sketch, i suoi fuori programma, i suoi monologhi, è stato un ammasso di cringe davvero commovente. Commovente, sì: ci dà finalmente l’occasione per spiegare questo anglicismo a dei boomer che difficilmente avrebbero potuto capire.
Dopo le dichiarazioni a dir poco imbarazzanti di Amadeus nel pre-festival, ci si aspettava un netto cambio di rotta. E c’è stato, in parte, con il monologo di Rura Jebreal, davvero ben fatto. Lei stessa però, ci ha dato un tocco di cringe iniziale. Quando ha ricordato ad Amadeus che una donna deve star un passo avanti. Mmm Rura, non sono sicuro che funzioni neanche così. Mi piacerebbe poter parlare di posizioni di partenza pari, e di pari possibilità di avanzare.
Poco dopo, un’altra bella botta di cringe. Il discorso di Diletta Leotta. Aveva iniziato bene: catturata subito l’attenzione dello spettatore – io – e un tema interessante e molto caldo. La bellezza è una colpa? O è una condanna? O forse ancora è un aiuto? Avrebbe potuto spiegare che viviamo in una società che rende l’aspetto fisico una colpa, una condanna e un aiuto, che è un sistema che fa schifo e che andrebbe cambiato, che non è possibile che una debba subire battute a sfondo sessuale quando riceve una promozione, come a insinuare che sia per le sue doti fisiche, e via dicendo. E invece ha parlato di sua nonna, di lei che invecchierà, di un filtro stile snapchat che la invecchia, e poi di nuovo di sua nonna di com’era bella e di come tutti si giravano per guardarla e di come cucinava bene le torte. Ma no Diletta, non ci cascare pure tu, ti prego.
E della lite – presunta – fra Fiorello e Tiziano Ferro? Spettacolare. In effetti, il fatto che la RAI, su youtube, pubblichi video da venti – venti! – minuti di Fiorello che parla dovrebbe fargli venire dei dubbi sul suo essere logorroico. Ma anche qua il tutto culmina con un bacio, a spennellare un altro po’ di cringe.
Si potrebbe allora obiettare: ma il bacio di Achille Lauro e Boss Doms era cringe? Ni. Diciamo che è ininfluente. Ciò che conta non è il bacio, ma le martellate al presunto e imposto ideale di virilità della nostra società. Cosa che non hanno iniziato a fare a Sanremo, sia chiaro. Lo fanno da anni.
E poi il Morgan-Bugo gate: pura poesia. Non vale la pena di commentarlo, basta guardarsi il video: rigorosamente in loop, mi raccomando.
Infine, un po’ di cringe lo portiamo noi spettatori: sempre a criticare, ma sempre a guardare Sanremo. Forse, anche se non vogliamo ammetterlo, vogliamo un festival così: cringe.