Ho aspettato due giorni prima di commentare la citofonata di Salvini. Prima ragione: mi ha dato molto fastidio, e scrivere di qualcosa che coinvolge emozionalmente è sempre garanzia di un pessimo lavoro. Seconda ragione: volevo vedere quanta e che tipo di indignazione avrebbe scatenato. Terza ragione: non ho avuto molto tempo di scrivere – ma questa è poco professionale, quindi lasciamo stare.
Ecco, ho aspettato, e non penso di aver fatto male. Ci sono state reazioni molto forti. Chi sottolineava la definitiva morte dello Stato di diritto, con il dichiarare che una persona spaccia solo per i sospetti di una signora. Signora che, peraltro, dichiara di girare con una pistola: chi non ha idea del diritto è sempre il primo a violarlo, anche se convinto di farlo rispettare. Chi invece evidenziava come, tra il codazzo che seguiva il nostro eroe, nessuno abbia detto niente. E c’erano giornalisti, poliziotti, e chissà chi altro. Un capolavoro collettivo. A cui va aggiunto quel “è tunisino, vero?” – che peraltro ha aperto una crisi diplomatica con la Tunisia, oltre al classico razzismo.
Oltre alla citofonata per sapere se uno spaccia, Salvini ha pubblicato un video di una sardina sul palco. Sardina che ha commesso l’imperdonabile errore di non pronunciare un discorso perfetto. Davvero imperdonabile, e quindi meritevole di un video derisorio. Il malcapitato, tra l’altro, s’è scoperto avere un DSA. Come dice Shy, “il politico più potente d’Italia, quello che fino a poco tempo fa aveva sulla scrivania i dossier delle forze dell’ordine, sta ridicolizzando una persona con un disturbo dell’apprendimento”.
Salvini non smetterà mai di fare ciò che fa. Porta acqua al suo mulino, non gli conviene smettere. Anzi, più ne parliamo più premerà il piede sull’acceleratore in quella direzione. E se lo Stato non reagisce, se la polizia sta ferma, se la magistratura ha le mani legate, è perché ha il Paese in mano. Lui lo sa, e si comporta da tiranno.
Quindi non resta che una soluzione. Che il popolo sovrano lo deponga, nel suo unico attimo di potere: il voto.