La nuova solidarietà è connessa
Nell’ultimo periodo di lockdown, e non solo, abbiamo potuto osservare una rete solidale che, anche grazie l’aiuto del web ed in modo più specifico dei social, è rimasta compatta. Si pensi, ad esempio, alle donazioni che oramai sono tutte online, alle petizioni ed alle class action.
Il successo delle petizioni online
Le petizioni online, per quanto possano sembrare semplici (ed alcune volte anche impotenti) in realtà hanno portato molte vittorie, anche in situazioni di conflitto internazionale.
La piattaforma più utilizzata per le petizioni online è Change.org che consente a qualunque cittadino (anche non rappresentato da alcun ente) di presentare una propria petizione e cercare giustizia.
Tra le prime organizzazioni al mondo attive per la lotta ai diritti umani troviamo Amnesty International, promotrice di decine di petizioni online che portano, alla fine, anche a manifestazioni fisiche e proteste mirate, nonché a vittorie.
L’ultima vittoria di Amnesty International è stata quella di Annette, ragazza promessa in sposa al cugino di 28 anni, che dopo anni di combattimento, grazie alla pressione mediatica sul governo senegalese, è stata finalmente liberata.
L’importanza delle donazioni
Alcune volte sembrano invasive, ma le campagne sulle donazioni servono davvero. Donare anche solo un centesimo può portare allo sviluppo di un aiuto umanitario e ad una missione mirata ai soggetti svantaggiati.
Nell’ultimo periodo abbiamo visto enormi campagne di altissimo impatto sociale come quella dei coniugi Ferragnez, nonché quelle delle organizzazioni Croce Rossa Italiana ed Unicef.
Anche in questo caso, il web è stato molto d’aiuto, sia per la semplificazione del metodo di donazione sia per la diffusione mondiale che assicurano piattaforme come quella di Go FundMe (utilizzata dalla Ferragni per la propria campagna, raggiungendo circa 5 milioni di euro, nonché da altre migliaia di persone ed organizzazioni) che permettono sia il crowdfunding istituzionale (le classiche raccolte fondi delle associazioni) che personale (volto ad esempio alla raccolta di soldi per poter svolgere una determinata operazione).
Il caso George Floyd
Il caso di violenza istituzionale riguardante George Floyd, uomo afroamericano ucciso strozzato da 4 poliziotti del Minnesota senza flagranza di reato e mentre urlava di non riuscire a respirare, ha spezzato il cuore a tutti noi una volta arrivato all’evidenza dei mass media.
Il movimento umanitario Black Lives Matter ha da subito accolto il caso organizzando proteste e manifestazioni in tutto il mondo.
Anche in questo caso petizioni e raccolte fondi digitali, nonché vere e proprie segnalazioni in un solo click, consistite nell’invio di una mail automatica alle forze dell’ordine americane, a proprio nome, in cui si chiedeva giustizia per la morte di George, hanno aiutato la famiglia Floyd e l’intera comunità afroamericana a richiedere giustizia all’unisono.
Dopo l’attenzione su George sono trapelate altre testimonianze di casi d’odio istituzionale simili e sempre in Stati americani, come quella di Atatiana Jefferson (Texas), uccisa brutalmente da svariati colpi di arma da fuoco mentre giocava con il nipote nella propria abitazione.
I movimenti che noi studenti non possiamo dimenticare
Purtroppo, spesso, rimane il rischio che alcune cause possano essere viste dai media più come una moda che uno stile di vita. Anche se inizialmente ciò può portare una sproporzionata adesione alla causa per via dell’enorme diffusione mediatica che si compie, nel tempo, la causa potrebbe essere dimenticata o snobbata dai maggiori canali di diffusione.
Il movimento ambientalista Fridays For Future, così come il movimento delle Sardine, entrambi inizialmente formati da studenti, ma che con il tempo hanno ampliato i propri orizzonti anche a lavoratori e cittadini, all’inizio hanno raccolto un boom di adesioni con radicazioni il tutto il territorio mondiale, mentre nell’ultimo periodo, anche per via del Covid che ha inizialmente impossibilitato gli incontri di persona (che sono sempre stati il loro punto forte), hanno ottenuto sempre meno partecipazioni, colpa soprattutto della poca informazione e dei mass media che impediscono un’adeguata diffusione delle iniziative.
Tuttavia, essendo oramai dei movimenti ben radicati, è molto probabile che rivivano il proprio boom al rientro nelle scuole, proprio da dove sono partiti a testa alta. È quindi giusto tornare a riconoscere la meritata diffusione alle cause umanitarie. Non possiamo dimenticare, come se nulla fosse.