Tutti quanti noi, credo, prima o poi nel corso della vita, in doccia o in momenti pensierosi, ci siamo chiesti: “Da dove è nato tutto?”: a questa domanda molte persone hanno cercato di dare una risposta. Molti risponderebbero con la Teoria dell’Evoluzione che ci hanno insegnato sin da bambini a scuola.
In questo articolo non ci sono termini troppo complicati da capire: vedremo in breve cosa sostiene questa teoria e se è valida per rispondere alla domanda sull’origine di tutto.
La Teoria dell’Evoluzione: cos’è in poche parole?
Negli ultimi anni dell’Ottocento, Charles Darwin formulò la teoria secondo la quale tutti gli esseri viventi sono frutto di mutazioni avvenute nel corso di milioni di anni, a partire dalla cellula più semplice fino all’essere umano, con tutte le sue incredibili caratteristiche e capacità.
Sostanzialmente è questo: la selezione naturale di cui parla Charles consiste nella sopravvivenza del più forte e dotato. La giraffa col collo più lungo sopravvive, e quella con il collo più corto no. E’ da notare che fin qui non ci sono discordanze con la realtà: è scientificamente provato che alcune specie hanno subito dei cambiamenti adattandosi all’ambiente.
Le cimici sono solo un esempio: “Erano scarse due decenni fa, ma si sono adattate agli insetticidi e sono diventate abbondanti in tutto il mondo“ spiega Marc Johnson, professore di biologia all’Università di Toronto.
Traendo conclusioni, le cimici si sono adattate: ma sempre cimici sono.
Prove a sostegno dell’evoluzione
“A scuola mi hanno insegnato che i nostri antenati erano scimmie e piano piano sono scese dagli alberi e sono diventati uomini”, da bambini abbiamo preso un po’ tutto per scontato, abbiamo considerato vero tutto ciò che ci dicevano, e a maggior ragione ciò che ci veniva insegnato a scuola.
Ora siamo persone più grandi e, se vogliamo farci trovare preparati quando parliamo in pubblico o esponiamo i nostri pensieri, è bene accertare la veridicità di ciò che ci viene detto e insegnato: come? Confrontando tutto con la realtà e le fonti attendibili di cui disponiamo.
Andiamo con ordine: prima di arrivare ad analizzare l’evoluzione delle specie animali, c’è bisogno di capire come è venuta ad esistere la prima forma di vita: Dio non è preso in considerazione (anche se Darwin ammise la possibilità di un Creatore che diede inizio a tutto).
Nel diciassettesimo secolo, si sosteneva che la vita si fosse generata casualmente, in un ipotetico brodo primordiale grazie ad acqua e luce solare.
Qualche secolo più tardi, alcuni scienziati si opposero fermamente a questa conclusione sostenendo che la vita possa originarsi solo da altra vita: quindi per loro non sarebbe razionale credere, per esempio, che una tastiera, dopo milioni di anni, diventi un essere vivente… E in effetti siamo d’accordo.
C’è da dire però che, secondo l’attuale pensiero evoluzionistico, la vita si è creata per pura fortuna, grazie a delle condizioni atmosferiche che lo hanno permesso. Vediamo.
Da un brodo primordiale ad un essere umano
Richard Dawkins, nel libro “Il gene egoista”, ipotizza che nei primi tempi sulla Terra vi fosse un’atmosfera composta da anidride carbonica, metano, ammoniaca ed acqua: grazie alla luce del sole, a fulmini ed eruzioni vulcaniche, questi componenti hanno dato origine agli amminoacidi, che poi piano piano si sono accumulati e hanno formato le proteine.
Poi, accidentalmente, una molecola si riprodusse (evento molto, ma molto improbabile secondo Dawkins) e, ancora, con lo stesso procedimento fortuito, si creò la membrana: ecco quindi come venne ad esistere la prima cellula vivente.
Adesso, secondo una mente razionale – come dovrebbe essere quella di uno scienziato – “evento fortuito”, “casualmente” e “accidentalmente” non sono termini da utilizzare per dare risposta alla domanda forse più profonda che un essere umano possa farsi. Però, come Galileo ci ha insegnato, per definire un evento “scientificamente provato” bisogna eseguire degli esperimenti.
Esperimenti a sostegno della vita nata da materia inanimata
Facendo il quadro della situazione, la Teoria dell’Evoluzione sostiene che per essere dove siamo ora, c’è bisogno di:
- un’atmosfera adatta, composta dagli elementi menzionati prima;
- molecole “semplici” presenti nell’oceano necessarie per la vita;
- amminoacidi e proteine (composti complessi);
- l’unione di questi in una membrana;
- infine un auto-sviluppo di un codice genetico che inizia a produrre copie di sé stesso.
Per ognuno di questi punti c’è molto da dire: durante la lettura di ognuno chiediamoci: “Come si ottiene ciò?”.
Com’era composta l’atmosfera: dilemma per l’evoluzione
Nel 1953 Stanley Miller decise di verificare se fosse possibile che la prima forma di vita si fosse generata in quelle condizioni: anidride carbonica, metano, ammoniaca, acqua, fulmini e luce solare. Quello che fece fu sottoporre l’insieme di gas che si pensa fossero presenti a delle scariche elettriche. Risultato? Miller riuscì ad ottenere 4 amminoacidi sui 20 indispensabili per la vita.
L’esperimento è stato condotto su un pallone con quegli specifici elementi, perché si pensava che l’atmosfera in principio dovesse essere priva di ossigeno libero… Però secondo altri evoluzionisti l’ossigeno era presente.
Ecco qui il dilemma che tiene la Teoria dell’Evoluzione su un filo: “Se nell’aria c’era ossigeno, il primo amminoacido non si sarebbe mai formato; senza ossigeno, sarebbe stato eliminato dai raggi cosmici”.
Il metodo scientifico dice che per parlare di “scienza”, c’è bisogno dell’osservazione del fenomeno: purtroppo però nessuno può stabilire cosa ci fosse nell’atmosfera, semplicemente non si sa.
In questi casi bisogna ragionare per assurdo. Supponiamo quindi che, in un modo o nell’altro, questi amminoacidi formatisi per caso fossero riusciti a raggiungere gli oceani e a ripararsi dalle radiazioni: cosa sarebbe accaduto?
Nel libro “The Neck of the Giraffe” di Hitching, lui stesso risponde: “sotto la superficie dell’acqua non ci sarebbe stata energia sufficiente ad attivare altre reazioni chimiche”. In poche parole, l’acqua vieta sempre la formazione di molecole più complesse.
Tirando le somme di quanto detto fino ad ora, possiamo riassumere con fermezza tutto ciò con una semplice frase: gli amminoacidi, per formare le proteine, non potevano trovarsi in acqua, ma uscendo dall’acqua, sarebbero stati distrutti dai raggi del Sole.
“Le probabilità teoriche di superare anche solo questo primo stadio relativamente semplice [la base per fondare la Teoria dell’Evoluzione praticamente] nell’evoluzione della vita sono infinitamente piccole” conclude Hitchin.
Questo è “uno degli aspetti della vita più difficili da spiegare, forse non ci riusciremo mai”
Arrivati fino a qui, abbiamo capito che il citato brodo organico non è stato il responsabile della generazione della prima forma di vita, ma ora veniamo a un altro grande problema: amminoacidi levogiri e destrogiri.
Spiego molto semplicemente di cosa stiamo parlando: di amminoacidi ne esistono più di 100 tipi; solo 20 sono necessari alle proteine della vita e tra questi ci sono sia molecole destrogire che levogire, che si comportano proprio come le nostre mani: una è destra e l’altra è sinistra.
Quindi, in quell’ipotetico brodo primordiale che viene utilizzato per spiegare l’inizio di tutto, come è stato possibile che si raggruppassero solo quelli levogiri, ovvero quelli essenziali per la vita?
È come se in una vasca di palline con più di 100 colori, con un secchio riuscissi a prendere solo quelle blu e nemmeno una bianca, e per di più solo quelle blu grandi, ognuna in un punto prestabilito.
È incredibile! Sai quante probabilità c’erano che riuscissi a tirar fuori quella combinazione?
1 su 1000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000
La probabilità che ciò accadesse era di 1 su 10113 da quanto dicono gli evoluzionisti. Il problema è che nella matematica ogni evento la cui probabilità è di una su 1050 viene scartata.
Per farsi un’idea ancora più precisa riguardo a quel numerone, 10113 è un numero maggiore di quello di tutti gli atomi che forse esistono nell’universo…
Se dobbiamo dirla tutta, per fare in modo che la cellula rimanga in vita, c’è bisogno di 2.000 proteine enzimatiche. La probabilità che queste venissero a trovarsi tutte insieme per caso? 1 su 1040.000, e qui non mi metto a scrivere tutti gli zeri perché non finiremmo più a forza di scrollare.
“Una probabilità così smisuratamente piccola che non vi si potrebbe far fronte neppure se l’intero universo fosse formato da un brodo organico”, dice Hoyle a riguardo.
“Se una persona non è condizionata, o da convinzioni sociali o dalla propria formazione scientifica, a pensare che la vita abbia avuto origine [in modo spontaneo] sulla Terra, questo semplice calcolo dovrebbe essere sufficiente a cancellare completamente quest’idea”, aggiunge.
Riassumendo
Abbiamo visto che non sappiamo come fosse composta l’atmosfera e che, sia con l’ossigeno che senza, non si potevano formare gli amminoacidi. Supponendo che fossero presenti molecole “semplici”, la probabilità che si unissero per formare proteine essenziali per la vita e mantenerla è di 1 su 1040.000.
Adesso veniamo al fattore più straordinario della vita in generale: il codice genetico.
Il CTRL+C e CTRL+V nella natura: il codice genetico
Il codice genetico comprende l’insieme di regole e istruzioni che permettono la traduzione dell’informazione genetica in proteine.
Abbiamo parlato molto delle proteine: queste servono per riparare e creare nuove cellule. Dove si trovano le informazioni per fare queste operazioni? Nel DNA.
Il DNA, il “grande libro della vita”
Il DNA (o acido desossiribonucleico) lo conosciamo tutti: è quella specie di “scala a pioli” che contiene migliaia di geni, le unità fondamentali dell’ereditarietà (se hai gli occhi marroni è perché qualcuno nel tuo albero genealogico ha quel carattere specifico).
All’interno di un singolo gene vi sono tutte le informazioni necessarie per produrre una proteina. La sequenza di lettere presenti in esso forma un messaggio in codice che specifica quale tipo di proteina bisogna fabbricare.
In sostanza, il DNA è un capolavoro ingegneristico da qualsiasi punto di vista. Chi si occupa di informatica e programmazione sa bene quanto sia complicato conoscere e saper utilizzare un linguaggio. Il DNA può essersi creato da solo? Ecco le risposte.
“Il meccanismo necessario per rendere operante il codice genetico, che è quasi universale, è troppo complesso per essere nato in un colpo solo” afferma Francis Crick.
“L’origine del codice genetico costituisce un rompicapo simile a quello dell’uovo e la gallina, ovvero un problema ancora tutto da risolvere” dice Joel Gurin.
Passiamo oltre, le informazioni che si trovano nel DNA devono poi essere tradotte nel linguaggio degli amminoacidi: è quindi il dizionario dell’informazione genetica che permette la traduzione dei geni al fine di produrre le proteine.
Sorge un problema: l’RNA è indispensabile per la sintesi delle proteine, ma le proteine servono per produrre l’RNA…
Quindi come dice Carol Cleland, membro del NASA Astrobiology Institute, “sembra incommensurabilmente improbabile che, partendo da un miscuglio casuale di proteine e RNA, questo evento [la generazione di un essere vivente capace di sopravvivere e autoreplicarsi] si sia verificato per caso”.
Riassumendo
Per la vita sono necessari tre elementi: DNA, RNA e proteine.
Il DNA contiene tutte le informazioni genetiche, l’RNA le traduce e le proteine servono per mantenere viva la cellula e renderla funzionale.
Alla luce di queste testimonianze e dei fatti scientifici analizzati, possiamo concordare che il primo stadio della Teoria dell’Evoluzione, l’origine casuale della vita sulla Terra, non sia potuto avvenire in maniera autonoma.
Ma mettendo ora da parte tutto ciò, passiamo alla testimonianza dei fossili – additata come prova certa del processo evolutivo – e verifichiamo se in effetti c’è stata un’evoluzione nel corso della storia.
La testimonianza dei fossili: le prove dell’evoluzione
Sappiamo cosa sono i fossili: resti di organismi viventi che ora non ci sono più; di solito sono ossa, scheletri o impronte.
Per considerare i fossili la prova che la Teoria dell’Evoluzione sia fondata, c’è bisogno che nella documentazione fossile siano presenti resti di organismi viventi semplici fino a quelli più complessi (un lombrico che piano piano diventa una lucertola). Perciò si dovrebbero trovare arti in via di sviluppo, come una pinna che stava per trasformarsi in una zampa da anfibio.
Ciò che invece non si dovrebbe trovare negli strati di roccia sono esseri viventi completi situati in un unico strato, quindi senza forme di transizione.
Come stanno le cose?
Siamo nell’Ottocento, la paleontologia attuale rivela che non ci sono fossili intermedi che collegano le varie specie. A questo punto Charles Darwin è spinto a dire: “Perché dunque ogni formazione geologica e ogni strato non sono pieni di questi legami intermedi? Certo è che la geologia non rivela una tale catena organica perfettamente graduata; e questa è forse la più ovvia e seria obiezione che si possa fare alla teoria” e “se molte specie fossero realmente apparse improvvisamente, questo fatto sarebbe fatale alla teoria dell’evoluzione”.
In sostanza, Charles e altri evoluzionisti pensavano che col passare del tempo si sarebbero trovati i fossili in grado di spiegare i collegamenti tra le varie specie.
Sono passati due secoli, sono stati ritrovati molti altri fossili rispetto a duecento anni fa. La documentazione fossile sostiene la teoria evoluzionistica?
Il libro intitolato Processes of Organic Evolution osserva: “La documentazione delle antiche forme di vita è ora esauriente e si arricchisce sempre più man mano che i paleontologi trovano, descrivono e comparano nuovi fossili”.
Il quadro dei fossili è al completo. Molti evoluzionisti, proprio per questo, sono rimasti sorpresi, perché la situazione è identica a due secoli fa: le principali forme di vita, complesse e non, sono comparse all’improvviso senza subire mutamenti per lunghi periodi di tempo.
Non sono mai stati trovati anelli di congiunzione tra due specie diverse, quindi c’è da dire che la testimonianza dei fossili va proprio a minare l’origine di tutto: non c’è stata evoluzione.
All’inizio del Cambriano, si può vedere come una grande varietà di creature marine complesse e completamente sviluppate come spugne, trilobiti e meduse, compaiano improvvisamente.
Prima di questa era cosa si trovava? In teoria i progenitori delle specie comparse nel Cambriano. E in realtà? Non ci sono fossili di organismi complessi in via di mutamento… L’ipotesi è quindi da scartare.
Il cavallo è una prova dell’evoluzione?
Probabilmente ci saremo imbattuti in qualche articolo o in qualche pagina di un libro che mostra vari animali piccoli simili a un cavallo, che piano piano diventano l’equino che tutti ora conosciamo: cosa significa?
L’Encyclopedia Britannica dice in merito: “L’evoluzione del cavallo non è mai stata rettilinea”.
Quindi, in altre parole, i fossili non dimostrano uno sviluppo graduale dall’Eohippus fino al cavallo.
L’evoluzionista Hitching riguardo a ciò afferma: “Descritto un tempo come semplice e lampante, è ora così complicato che l’accettare una versione anziché un’altra è più una questione di fede che di scelta razionale. L’Eohippus, il presunto cavallo primitivo, che secondo gli esperti si sarebbe estinto molto tempo fa potrebbe in realtà essere vivo e vegeto”
Gli scienziati moderni dicono che il piccolo Eohippus non è mai stato un cavallo, tantomeno un suo antenato. Quindi se troviamo ancora questo modello evolutivo come prova a sostegno della teoria evolutiva, evidentemente non si è voluto tener conto di questi fatti… scomodi.
Però comunque l’uomo discende dalle scimmie, vero?
Eccoci forse al sottotitolo più saliente, gli uomini prima erano scimmie?
Nessuna risposta monosillabica: esaminiamo le fonti scientifiche che ne parlano.
S. J. Gould ha detto “Gli uomini si sono evoluti da antenati dall’aspetto scimmiesco”, e come lui sostengono molti libri di scienze scolastici e scienziati moderni. Per poter asserire che ciò è scientificamente corretto bisogna comprovare questa affermazione per mezzo della testimonianza dei fossili – dato che dovrebbero esserci anelli di congiunzione – .
Cosa rivelano i fossili
Il libro Origini: Nascita e possibile futuro dell’uomo ammette: “Seguendo la via dell’evoluzione [se] ci spostiamo verso gli ominidi, il nostro cammino si fa sempre più incerto, a causa della scarsità dell’evidenza fossile”.
A Newsweek, Elwyn Simons della Duke University dice: “I fossili starebbero tutti su un’unica scrivania”.
Tenendo a mente che gli ominidi a sostegno dell’evoluzione che ci vengono presentati come prove sono pressoché Lucy, L’uomo di Neanderthal e L’uomo di Cro-Magnon, l’aspetto scimmiesco che vediamo è frutto dell’immaginazione. Almeno stando a ciò che dice The Biology of Race, che sottolinea che i tessuti muscolari, il pelo, il colore della pelle e l’aspetto facciale non sono altro che il prodotto di artisti, perché un frammento osseo non è in grado di far trarre conclusioni su queste caratteristiche.
Sì ma l’uomo di Neanderthal?
Nel libro Ghiacci, Fred Hoyle afferma: “Non si ha alcuna evidenza che indichi che l’uomo di Neanderthal fosse in qualche modo inferiore a noi”.
Dopo varie ricerche sembrerebbe che questa erronea ricostruzione si fosse basata su uno scheletro fossile gravemente deformato da una malattia. Infatti sono stati ritrovati molti fossili a Neander, Germania, e non sono diversi da noi uomini attuali.
Da quanto esiste l’uomo moderno?
Questo è un aspetto molto interessante. Il libro “Il destino della Terra” dice che “soltanto sei o settemila anni fa è nata la civiltà, che ci ha permesso di edificare un mondo comune”. Notevole è anche che “soltanto negli ultimi 5000 anni l’uomo ha lasciato testimonianze scritte della sua esistenza”.
Forse vi sarà capitato di vedere attrezzi e armi costruite con pietra e ossa, e spesso li associamo ai cavernicoli, sostenendo che questi ritrovamenti siano vecchi di milioni di anni e che quindi l’uomo esista da milioni di anni… Non è del tutto vero.
Come dice una rivista scientifica queste “età calcolate potrebbero essere errate non solo di qualche anno, ma di ordini di grandezza” e aggiunge che “l’uomo anziché essere sulla terra da tre milioni e 600 mila anni, forse esiste solo da poche migliaia di anni” [21].
Comunque, la lancia fatta con la pietra può anche avere milioni di anni, ma sono i materiali ad avere quell’età. Non si può sapere in che anno pietra, legno e filo siano stati sistemati in quell’ordine.
Riassumendo
L’uomo esiste sulla terra da poche migliaia di anni. Storici e studiosi dicono che circa 6.000 anni fa l’uomo è comparso sulla Terra: ed era esattamente come è oggi, diverso dalle scimmie, perché non ci sono anelli di congiunzione, .
Il genoma (l’insieme di geni di tutti gli esseri umani sulla Terra) indica che abbiamo un parente comune e il libro chiamato “Genetic Entropy & the Mystery of the Genome” sostiene che i nostri patriarchi avevano un perfetto codice genetico, che col passare degli anni sta solo degradando: ci stiamo involvendo invece che evolvendo.
A volte ragiono sull’abisso che c’è tra un uomo e un animale. Ad esempio, un cane penserebbe mai a preparare una festa a sorpresa per un suo amico? No. Una scimmia può imparare 10 lingue? No, non ha nemmeno un alfabeto. Come è possibile che tutta quest’intelligenza, l’istinto, il poter provare emozioni e gratificazione in ciò che facciamo, sia frutto del caso e di mutazioni genetiche non controllate? Ci deve essere una risposta più profonda che sia d’accordo con la scienza.
In conclusione
Se sei arrivato qui forse avrai messo in dubbio alcune cose che fino ad ora hai dato per scontate: la vita non si è formata in un brodo organico, tutti gli esseri viventi sono comparsi all’improvviso dal Cambriano in poi, l’uomo è venuto all’esistenza circa 6000 anni fa ed era tale e quale a noi oggi.
Sembra che il fatto di credere nell’Evoluzione sia un vero e proprio atto di fede. Ma se non è stato il caso a “creare” tutto questo, vuol dire che forse c’è un essere superiore agli umani? Gli alieni? Gli dèi? Un Dio?
Bibliografia
- Gli animali si evolvono per convivere con noi: ecco le nuove specie ‘urbane’ – articolo su Repubblica.it
- L’origine della specie, di Charles Darwin, Boringhieri, 1959, trad. dall’inglese di Luciana Fratini, pag. 524
- Il gene egoista – Richard Dawkins
- Il gene egoista, pag.15
- The Origins of Life on the Earth, di Stanley L. Miller e Leslie E. Orgel, 1974, pag.33a
- Evoluzione dello Spazio, di Fred Hoyle e Chandra Wickramasinghe, Etas Libri, 1984, traduzione dall’inglese di Libero Sosio, pag. 13
- Evoluzione dello Spazio, pag. 32
- Codice genetico: cos’è questo linguaggio universale e ne esistono eccezioni in natura? – articolo su thedifferentgroup.com
- L’origine della vita, di Francis Crick, Garzanti, 1983, traduzione dall’inglese di Bruno Vitale, pag. 70
- Storia naturale ed evoluzione (Letture da Le Scienze, ediz. italiana di Scientific American), “L’evoluzione chimica e l’origine della vita”, di Richard E. Dickerson, Le Scienze ed. 1979, pag. 57
- L’origine della specie, di Charles Darwin, Boringhieri, 1959, trad. dall’inglese di Luciana Fratini, pag. 351
- Processes of Organic Evolution, cit pag. 136 d
- Encyclopedia Britannica, 1976, Macropedia, Volume 7, pag. 13
- The Neck of the Giraffe, di Francis Hitching, 1982, pag. 31
- Boston Magazine, “Stephen Jay Gould: Defending Darwin”, di Carl Oglesby, febbraio 1981, pag. 52
- Origini: Nascita e possibile futuro dell’uomo, di Richard E. Leakey e Roger Lewin, Laterza 1979, pag. 56
- Newsweek, “Bones and Prima Donnas”, di Peter Gwynne, John Carey e Lea Donosky, 16 febbraio 1981, pag. 77
- The Biology of Race, di James C. King, 1971, pp. 135, 151
- Ghiacci, di Fred Hoyle, Etas Libri, 1982, p.26
- Popular Science, “How Old Is It?”, di Robert Gannon, p.81
- Lastoria dell’uomo: gli ultimi due milioni di anni, 1974, p.29, 9
2 commenti