Ogni quattro anni, nel primo martedì del mese di novembre, si rinnova la carica del Presidente degli Stati Uniti d’America. Questa volta la tornata elettorale si terrà proprio oggi, il 3 novembre, e vede scontrarsi il candidato repubblicano e presidente uscente Donald Trump e il candidato democratico Joe Biden. Questo voto ha come sempre valore mondiale data l’importanza statunitense in materia economica, militare, tecnologica, politica e culturale. In aggiunta al voto presidenziale, si vota anche il Congresso (la camera bassa) che si elegge interamente ogni due anni e un terzo del Senato (la camera alta) i cui mandati durano sei anni, ma ogni due ne viene eletto un terzo.
Il sistema elettorale
Il sistema elettorale americano agli occhi di un normale cittadino europeo è molto strano.
L’elezione del Presidente e del Vice-presidente è indiretta. Viene infatti votata dai 538 “Grandi Elettori” che a loro volta si riuniscono in un Collegio elettorale a metà dicembre per dichiarare i vincitori dell’elezione. I Grandi Elettori sono divisi per ogni stato in base alla popolazione di questi ma non in modo proporzionale: ad esempio, la California che è lo stato più popoloso ha 55 grandi elettori mentre il Wyoming con una popolazione 70 volte inferiore ne ha diritto a 3 (ovvero solo 18 volte in meno rispetto alla California). Questo sistema favorisce gli stati più piccoli.
Per questo motivo i candidati non mirano ad ottenere la maggioranza dei voti ma la maggioranza dei Grandi Elettori, ovvero 270. I Grandi Elettori vengono assegnati al candidato che prende la maggioranza dei voti relativa in ogni stato: se, per esempio, in California prende proporzionalmente più voti il candidato repubblicano, al candidato repubblicano verranno assegnati 55 Grandi Elettori. Per questo motivo può capitare che il vincitore non sia quello che abbia preso più voti ma più grandi elettori: negli anni 2000 è successo due volte, una con Donald Trump nel 2016 e una nel 2000 con George W. Bush.
Hanno diritto di voto tutti coloro che hanno almeno 18 anni; l’affluenza in media è bassa e si aggira tra il 50 e il 60%.
Le probabilità di vittoria
Biden ha da più di un mese una maggioranza del 10% rispetto a Trump, ma come spiegato il voto popolare ha poco a che fare con l’elezione del Presidente USA. La battaglia si svolge stato per stato. Per adesso, si prevede che Biden avrà sicuramente 266 grandi elettori rispetto ai soli 125 di Trump. Gli stati in bilico sono Arizona (11 grandi elettori), Florida (29), Georgia (16), Iowa (6), Maine CD2 (1), Michigan (16), Nevada (6), New Hampshire (4), North Carolina (15), Ohio (18), Pennsylvania (20), Texas (38) e Wisconsin (10).
Gli scenari possibili
Se ci sarà una vittoria di Biden questa avverrà perché avrà ottenuto una maggioranza schiacciante dei voti; se invece vincerà Trump sarà una vittoria di misura, ottenuta sfruttando il sistema elettorali dei Collegi elettorali. Quindi prenderà meno voti ma riuscirà comunque ad avere la presidenza. Negli ultimi vent’anni si è constatato che per un candidato democratico è più difficile vincere, perché deve avere un consenso molto più alto rispetto al candidato repubblicano, il quale, invece, può vincere sfruttando solamente il sistema elettorale, dato che, strategicamente, mira a vincere nei singoli stati invece che ad ottenere il consenso del singolo elettore.
A settembre è venuta a mancare il giudice della Corte Suprema di orientamento democratico Ruth Bader Ginsburg che è stata in fretta e furia rimpiazzata. Si è trattato di un’azione ritenuta scorretta da coloro che sostengono che sarebbe dovuta essere una scelta del prossimo presidente. Questa scelta è politicamente importantissima poiché qualora uno dei candidati dichiarasse di non accettare il risultato del voto, come potrebbe accadere visto che Trump non sembra disposto a perdere, sarebbe poi compito della Corte Suprema dichiarare il futuro presidente: è successo già quando fu eletto George W. Bush nel 2000 per quanto riguarda lo stato della California. Infatti furono ricontati i voti e la Corte Suprema diede la California ai Repubblicani.
Questo scenario è incredibilmente possibile poiché si è aperta la diatriba del voto per posta, un metodo di voto non nuovo ma introdotto ai tempi della guerra civile per permettere ai soldati di votare. La polemica è stata portata avanti dal fronte repubblicano nonostante Donald Trump sia stato eletto nel 2016 quando furono 33 milioni le persone che votarono via posta. In realtà il problema sta nel fatto che il conteggiare i voti via posta è un lavoro molto più macchinoso e quindi potrebbero volerci giorni prima di avere i risultati effettivi del voto.
I temi dell’elezione
Storicamente i temi che più interessano all’elettorato americano sono quelli di politica interna e soprattutto dell’economia, ma data la pandemia e le proteste dei Black Lives Matter la situazione è delicata su entrambi i fronti. Il PIL è calato del 4,3% e la disoccupazione è schizzata fino al 14,7% per poi ritornare all’8% nel mese di settembre.
Sul piatto della bilancia ci sono due questioni: la salute pubblica e l’economica. Donald Trump protende maggiormente per una linea che possa avvantaggiare l’economia, linea che è strategicamente indirizzata solo agli elettori repubblicani perché le critiche alla gestione della pandemia di Trump vengono mosse per lo più dagli elettori democratici e indipendenti. Una scelta politica che non sappiamo ancora se sarà in grado di dimostrarsi vincente.
Fonti: Will Italia e Istituto Affari Internazionali.