Con lo scoppio della pandemia globale di Covid-19 e i successivi lockdown in tutto il mondo, l’Italia, come gli altri Paesi, ha dovuto affrontare molte difficoltà. L’emergenza sanitaria non è ancora finita, ma con l’arrivo dell’estate bisogna affrontare un grosso problema: il turismo.
Come ben sappiamo il turismo gioca un ruolo chiave nella nostra economia nazionale, sopratutto quello estivo. Il nostro Paese è riconosciuto internazionalmente come una delle mete turistiche più ambite nel mondo: con 42 miliardi di entrate da viaggi internazionali nel 2018; inoltre il settore turistico conta 3,5 mln di occupati e una contribuzione al PIL del 13,2%.
Turismo estero
Le aspettative per questo anno erano alte: se nel 2019, nel trimestre luglio, agosto e settembre, la spesa degli stranieri era stata complessivamente di 16,7 mld di euro e, tenendo conto di una crescita del 5%, quest’anno era attesa una spesa di 17,5 mld di euro. Il virus ha stravolto queste aspettative.
Queste previsioni risalgono a maggio di quest’anno ed erano già abbastanza negative. La situazione attuale però si è rivelata peggiore del previsto. Anche se non siamo neanche a metà estate ed è ancora presto per dare un giudizio finale sull’andamento, i dati di giugno sono catastrofici: secondo l’ultimo bollettino di Federalberghi, nel mese di giugno rispetto all’anno scorso, le presenze sono diminuite dell’80% distribuite da nord a sud, dalle città d’arte alle località montane e alle spiagge, e arrivano fino al 90% in particolari località strettamente legate alla presenza di stranieri.
Le principali difficoltà che si registrano sono due: l’assenza dei turisti stranieri e le difficoltà economiche degli italiani.
Come è visibile sulla mappa, ci sono stati luoghi meno colpiti di altri: è il caso della riviera ligure, veneta e romagnola, zone di villeggiatura più di prossimità, facilmente raggiungibili, soprattutto nei fine settimana, dagli italiani dove le percentuali di perdite hanno oscillato tra il 65 e 70%.
I risultati peggiori si sono registrati in quelle città che lavorano quasi esclusivamente con stranieri, è il caso di Venezia, Capri e Taormina che hanno registrato cali del 90%.
Il settore turistico è caratterizzato da alti costi fissi e bassi costi variabili: aprire ha un alto costo fisso, ma nel momento in cui l’azienda apre, il costo aggiuntivo necessario per erogare il servizio a un cliente è relativamente contenuto. Queste aziende hanno quindi bisogno di un alto numero di clienti per fronteggiare l’alto costo fisso dovuto all’apertura. La riduzione della loro capacità massima implica quindi una ridotta capacità di coprire i costi di apertura, arrecando un profondo danno al settore e disincentivando la ripresa delle attività. Diversi albergatori, infatti, preferiscono chiudere e riaprire in tempi migliori; ma con meno hotel a disposizione molti turisti non prenotano e restano a casa.
Ancora peggiore è la situazione nelle isole dove nel mese di giugno si sono registrate perdite per il 95% e la previsione per luglio è del 70%.
La situazione è migliore in Valle d’Aosta dove a maggio la contrazione è stata del 50% e a giugno del 60%. Ha influito il fatto che lì il turismo è di prossimità, entro i 250 chilometri.
Problemi e soluzioni nel breve periodo
Il principale problema per il turismo di quest’estate è quello della sicurezza. Per stimolare il turismo bisogna essere in grado di garantire ai visitatori ogni possibile forma di tutela. Un lavoro che prevede la riqualificazione e costante sanificazione delle strutture (cabine, sdraio, ombrelloni), ma anche la messa a punto di tecnologie e infrastrutture adeguate per la gestione delle persone in spiaggia, al mare o nelle docce.
Oltre a questo sono necessari però degli interventi su due fronti: da un parte ci vuole il sostegno dello Stato per le imprese, che in questo periodo hanno sopratutto bisogno di liquidità; dall’altra bisogna sostenere la domanda senza la quale qualsiasi sforzo sarebbe inutile.
Uno dei possibili modi per alimentare il settore turistico di quest’anno sarà il turismo di prossimità, cioè all’interno della regione o comunque del Paese.
Sono state inquadrate tre categorie di turista: gli identitari, cioè i turisti italiani che trascorrono le vacanze nella regione di residenza; gli esterofili, cioè turisti italiani residenti in una determinata regione che ogni anno scelgono l’estero quale meta vacanziera ed i nazionalisti, cluster che rappresenta i turisti italiani residenti in una determinata regione che scelgono di trascorrere le vacanze in Italia ma fuori dai confini del loro territorio regionale di residenza.
Turismo di prossimità
Tutti i Paesi del mondo hanno quindi applicato restrizioni alla mobilità internazionale. L’unica salvezza per il turismo italiano sta nei flussi domestici, cioè spostamenti tra regioni all’interno del Paese. Le regioni che possono trainare la ripresa del settore turistico non sono quelle più grandi, ma quelle con una maggiore propensione al viaggio. Questo fattore è influenzato da elementi economici, sociali e geografici. Secondo l’Istat un italiano in media effettua 1,2 viaggi all’anno, ma questo numero cambia a seconda della zona geografica: nel nord-est si registra un dato di 1,8, al centro di 1,5, al nord-ovest di 1,3, mentre al sud 0,6 e nelle isole 0,5.
Le prime cinque regioni per propensione al turismo sono: Lombardia, Lazio, Veneto, Emilia Romagna e Campania; la lista continua nel grafico sottostante.
Nella prossima tabella invece potremo osservare le principali destinazioni di queste prime cinque regioni.
La prima cosa che salta all’occhio è che per quattro regioni su cinque la destinazione primaria è all’interno della regione stessa, tranne che per la Lombardia, che è la seconda scelta per i lombardi. Inoltre un terzo delle presenze prodotte dai veneti e dagli emiliano-romagnoli resta all’interno delle rispettive regioni. Ciò si spiega con il fatto che sono molto estese ma anche perché quasi tutte dispongono di un affaccio sul mare, elemento trainante del turismo domestico. Non è un caso quindi che sia proprio la Lombardia a fare eccezione e ad avere come primo mercato l’Emilia-Romagna.
Conseguenze di lungo periodo
Secondo Matteo Caroli, docente di economia e gestione delle imprese all’Università Luiss e responsabile del Master in Tourism Management, la pandemia da Covid-19 potrebbe dare il colpo di grazia al turismo di massa come lo conosciamo.
Già da qualche anno era stato messo in discussione per la sua sostenibilità, e in futuro questa forma di accoglienza andrà diminuendo, ma perché ciò avvenga occorre ripensare e adeguare un’offerta che invece per anni si è fondata su questo modello. Non è facile né immediato.
Secondo Magda Antonioli Corigliano, direttrice del Master in Economia del Turismo della Bocconi, questa situazione può essere l’occasione per riqualificare l’offerta del turismo italiano, non solo nel breve termine, con le disposizioni citate sopra, ma anche nel medio-lungo periodo, riqualificando e riposizionando la proposta.
Affrontare la crisi, dunque, investendo sulla qualità delle strutture e dei servizi, sulla sostenibilità dell’offerta, sulla valorizzazione del patrimonio culturale e ambientale.
Aggiunge che aumenterà una domanda più attenta a certi valori, culturali e paesaggistici, che riafferma il nostro patrimonio; è importante cogliere questa occasione per riposizionare alcune località e strutture di un patrimonio ricchissimo che ha però bisogno di essere riqualificato anche per allinearsi ai criteri internazionali di sostenibilità, etica ed estetica e risposizionarsi su nuovi mercati.
Cerchiamo quindi di creare nuovi modelli di business, fondati su valori diversi, su cui l’Italia ha moltissime carte da giocare.