Le sopracciglia aggrottate, gli occhi arrossati e il braccio alzato a coprire il volto. Il Lucifero di Cabanel è stato appena espulso dal Paradiso.
Lui, che era l’angelo più brillante, il favorito di Dio, giace ora contro una roccia. Solo. L’armonia del suo corpo è deformata da una carica di tensione che annoda i muscoli. Le ali sono ormai un peso.
Di tutta la raffigurazione, però, non vediamo che un particolare.
Se Cabanel avesse dipinto soltanto questo paio di occhi, infatti, avremmo immaginato comunque la scena per intero. Dietro le iridi azzurre fermenta un quieto risentimento, una rabbia liquida e pregna di sconfitta. E quella lacrima, pesante di delusione.
Un’espressione umana, troppo umana.
In Lucifero rivediamo noi stessi nell’atto preciso in cui abbiamo gettato la spugna, o stavamo per farlo. Tutti quanti, a un certo punto della vita, siamo stati buttati fuori a calci dal Paradiso. Appena caduti, ci siamo ritrovati in bilico tra la rassegnazione all’odio e il barlume di speranza che sussurra: “Non tutto è perduto”. “La pietà che non cede al rancore”, direbbe De André.
Lucifero ha già scritto nel suo sguardo che cosa diventerà, chi sarà. Una terribile promessa, precorritrice di una caduta dell’animo. Il punto di non ritorno.
Ma noi, attraverso opere come questa, che ci fanno da monito, sappiamo di avere ancora una scelta.
“Non lo conoscevo”
Per molti è così, tanto che di recente ho sentito attribuire questo dipinto perfino a Raffaello. In realtà Alexandre Cabanel (1823-1889), la mano dietro l’opera d’arte, è vissuto nell’Ottocento. Mentre la corrente pittorica tendeva all’Impressionismo e al Realismo, Cabanel ha proposto una sorta di Neoclassicismo accademico che non è stato compreso abbastanza. Definiti “Arte accademica”, in modo dispregiativo per indicare l’arte che risultava in qualche modo falsa e pomposa, fine a sé stessa, i suoi lavori furono criticati aspramente perfino da Émile Zola e Édouard Manet. “The fallen angel”, opera del 1868, sembra essere dunque un’opera nata nel periodo… Sbagliato.
Ma se questo dipinto può trasmetterci (a più di cento anni di distanza) tanti livelli di lettura ed emozioni, possiamo credere a chi diceva che l’arte di Cabanel fosse vuota?