Autore: Louis Guilloux
Opera: Sangue nero (titolo originale in francese: “Le sang noir”)
Anno: 1935
Traduzione: Liliana Magrini
Del bretone Louis Guilloux (1899-1980), di famiglia povera e scarsa istruzione, ma capace di farsi grande scrittore, oggi sono ancora noti, oltre a questo romanzo, l’autobiografico “La Maison du peuple” (1927) e “Le jeu de patience” (1949).
Il protagonista di “Le sang noir”, il professor Merlin, è una delle figure più affascinanti nella narrativa entre-deux-guerres. Simile a “un uomo del sottosuolo, con la catena al collo”, è chiamato Cripur dagli allievi, in quanto filosofo, in riferimento alla Critica della ragion pura. Nietzscheano mancato, a un passo dall’amor fati – ma troppo disilluso per sposarlo davvero -, già autore di studi di nicchia sul pensiero dei Medi e impegnato a scrivere una Crestomazia della disperazione, vive con una donna meschina e grossolana. Dalla fine della relazione con l’amata Toinette, la sua esistenza si è del resto ridotta a poca cosa: “non sapeva che fare di sé, come un sognatore interrotto cui il sogno, sparendo, non sia ancora stato sostituito da niente contempla con vertigine il vuoto lasciato in lui, che sarà forse eterno”. Eppure, agli occhi di molti, è un originale maître à penser, un irregolare il cui eroismo di piccolo borghese sta nel guardare dritto il volto di Medusa, l’assurdità della vita, e nell’aver elaborato una filosofia del disprezzo.
Sarà l’urto con la realtà, nel pieno della Grande guerra, a portarlo al martirio. In un’intervista, Guilloux spiegò che la necessità narrativa dello scacco nasceva appunto dal fallimentare confronto di Cripur con la tragedia storica in atto; non a caso, l’opera si struttura come una tragedia basata sulle unità aristoteliche (dura un solo giorno; si svolge in un solo luogo; ruota attorno a un personaggio con la sua specifica condanna). “Finché aveva creduto di sprezzare il mondo”, scrive a metà libro, illuminandone crudamente i pensieri, “com’era stato forte! Ma il mondo si vendicava. Cripur misurava oggi come gli fosse stato facile atteggiarsi ad oppositore. Ormai quella posa non aveva più senso. L’avventura umana s’andava a incagliare nel dolore, nel sangue. E lui che aveva sempre preteso, come un marchio di nobiltà, di vivere in disparte dagli uomini, nel disprezzo per loro, scopriva che era solo più possibile il disprezzo di se stesso” (su questo come su altri passi citati è stato indispensabile intervenire nella resa in italiano).
Malgrado la centralità di Cripur, “Le sang noir” ha un respiro corale. È ambientato nel 1917, in un paesello di conformisti: ad assediare Cripur, un pugno di colleghi accecati dal patriottismo, di ricchi professionisti i quali possiedono solo la propria rispettabilità, di arrivisti, di giovani confusi, più alcune misteriose figure della notte. Attraverso dense sequenze di scene e fitte reti di dialoghi, assistiamo alla messa in scena della decadenza nazionale, non di rado in chiave umoristica: come quando una non più giovane nobildonna cerca di spiare da un buco del pavimento il gaudente e cinico viveur cui ha affittato una camera, o quando un docente molesta dei soldati in licenza con alcune poesiole patriottiche, finendone malmenato.
Al tempo stesso, sul versante drammatico, ci sono pagine di formidabile durezza. Un uomo che ha accettato l’arruolamento del figlio senza per nulla opporsi, e che poi lo scopre condannato a morte per diserzione, né può intervenire, incarna tutti quei genitori travolti dall’orrore di una “tremenda rivelazione”, la seguente: anche un figlio può essere lasciato “in balia del carnefice”. Del resto, Cripur stesso non ha già contemplato stuoli di poveri ragazzi in partenza per il Fronte, perfidamente plagiati dalla società? Con la loro “credulità da bimbi”, essi non esigevano di sapere, leggiamo, “con che cosa sarebbe stata compensata, all’altro estremo della catena, la perdita della loro giovane vita, e se quella innocente accettazione del dolore e della morte sarebbe almeno servita ad alleviare il dolore del mondo”. Sta in questa denuncia, al netto dei molti passaggi da commedia buffa, utili a caricare il registro comico per deformarlo poi fulmineamente nel grottesco – nonché delle numerose parti in cui l’autore recupera moduli balzachiani o flaubertiani, e che sembrano costituire solo un contorno al racconto -, la ragione profonda del romanzo. E tutto è in realtà funzionale a creare quel meccanismo di chiariscuri e contrasti sul cui sfondo il tema antibellicistico e anticonformistico spiccano in assoluta evidenza.
Fra i primi ad apprezzare “Le sang noir” si annoverano Gide, Malraux e Camus, i quali dell’autore furono amici (così come Jean Paulhan e Ignazio Silone). Con Gide, Guilloux volò in URSS; e Camus scrisse una prefazione alla “Maison du Peuple” in cui, non a torto, lo definiva “romanziere del dolore”.
Daniele Rocca