Domenica 14 marzo 2021, durante il suo discorso all’Assemblea nazionale del Partito Democratico, Enrico Letta ha proposto di estendere il diritto di voto a coloro che hanno compiuto 16 anni.
L’idea è vecchia: il neo segretario del PD (Partito Democratico) infatti, riprendendo Walter Veltroni, il quale l’aveva lanciata nel 2007, già nel 2019 aveva detto che bisognava far votare “i ragazzi di Greta”, dando loro importanza e riconoscendo l’esistenza di un problema di sotto rappresentazione dei loro interessi. Tale proposta era stata accolta in modo favorevole da Nicola Zingaretti, Luigi Di Maio e Giuseppe Conte e anche da alcuni esponenti della Lega, tra cui Massimiliano Fedriga, presidente della regione Friuli Venezia Giulia. Nel 2015 la Lega aveva infatti presentato un disegno di legge costituzionale al fine di estendere il diritto di elettorato attivo ai sedicenni sia per la Camera che per il Senato. Una simile iniziativa era stata avanzata anche dal presidente del consiglio nazionale del Partito Socialista Italiano, Riccardo Nencini, il quale aveva proposto di estendere il diritto di voto ai sedicenni almeno per quanto riguarda le elezioni amministrative.
A quale età si vota in Italia?
Secondo gli articoli 48 e 58 della Costituzione italiana, è necessario avere compiuto almeno la maggiore età (18 anni) per poter esprimere il proprio voto per la Camera e 25 anni per il Senato.
E in Europa e nel resto del mondo?
Per quanto riguarda l’Europa, in alcuni Stati i limiti di età al voto sono già stati abbassati: in Austria, dal 2007, e a Malta, dal 2018, i sedicenni possono infatti votare in tutte le elezioni. Per essere candidabili, invece, in entrambi i Paesi bisogna aver compiuto 18 anni.
Dal 2016, in Grecia, per mezzo di una riforma del governo guidato da Alexis Tsipras, possono votare anche i diciassettenni; in Ungheria i cittadini con più di sedici anni possono votare, qualora siano sposati. In Germania, invece, solamente nelle elezioni dei Parlamenti di alcuni länder e in Svizzera nel cantone di Glarona. Nel 2011 in Norvegia i sedicenni hanno potuto votare ad alcune elezioni locali, mentre in Scozia, essi hanno votato per la prima volta nel 2014, in occasione del referendum per l’indipendenza.
Per quanto concerne il resto del mondo, in Brasile, Argentina, Nicaragua, Ecuador, Cuba il diritto al voto è esteso a coloro che hanno compiuto i sedici anni. In Indonesia e Timor Est, invece, si vota a partire dai diciassette anni in su.
Nel corso dei secoli come si è evoluta la questione del diritto di voto? C’è sempre stato il suffragio universale?
Con il termine “suffragio”, in politica, si intende la manifestazione della propria volontà, tramite il voto, per le elezioni dei rappresentanti del popolo negli organi legislativi e amministrativi o per un referendum. Il suffragio è ristretto, nel momento in cui il diritto di voto viene attribuito solamente a limitate categorie di persone, le quali sono determinate con diversi criteri, tra cui il censo o il possesso di un certo grado di istruzione. Il suffragio è invece universale quando tutti i cittadini maggiorenni, senza distinzione di istruzione, sesso e ceto sociale, hanno il diritto di votare.
Il concetto di principio universale si rifà alle idee di rappresentanza politica del francese Jean Jacques Rousseau e storicamente si distingue tra suffragio maschile e femminile.
Nei decenni precedenti al suffragio universale, solo gli uomini che pagavano una certa quantità di tasse o i proprietari terrieri potevano esercitare il diritto di voto, in quanto si pensava che chi non avesse possedimenti non si interessasse al benessere della società.
Dopo aver oltrepassato tale condizione, ha avuto inizio la lotta contro chi riteneva che l’istruzione dovesse essere il requisito necessario per poter votare, dal momento che si pensava che gli analfabeti e le persone poco istruite non fossero in grado di capire la politica. Tale esclusione venne usata soprattutto per colpire le fasce di popolazione più oppresse, che, per mezzo del loro voto, avrebbero potuto ottenere un cambiamento dell’ordine sociale ed economico esistente.
Tuttavia nel corso dei secoli, i Paesi democratici si sono orientati verso l’inclusione di un numero sempre più grande di persone nel processo democratico.
Grazie al suffragio universale il diritto di voto è stato concesso a tutte le persone che si consideravano intellettualmente mature, ad esclusione delle donne fino all’inizio del XX secolo.
In Italia le donne hanno votato per la prima volta solo dopo la fine della Seconda guerra mondiale, il 10 marzo del 1946.
Per quanto concerne la maggiore età, necessaria per poter votare, prima della Seconda guerra mondiale era 21 anni o più in quasi tutto il mondo. In seguito alle proteste giovanili, a partire dagli anni Settanta molti paesi hanno abbassato a 18 anni il diritto di elettorato attivo e passivo. Nel Regno Unito è accaduto nel 1969, negli Stati Uniti nel 1971, in Canada e nella Germania Ovest nel 1972, in Australia e Francia nel 1974 e infine nel 1975 in Italia.
Diritto di voto esteso ai sedicenni. Pro e contro
Pro
Gli argomenti a favore dell’estensione dell’elettorato a chi ha 16 anni mirano a rafforzare il ruolo delle nuove generazioni nelle scelte collettive, intento che risponde principalmente a due esigenze.
In primo luogo, compensare lo squilibrio demografico italiano tra chi ha meno di 35 anni e chi ne ha più di 65. Secondo Alessandro Rosina, la proposta non altererebbe di troppo il peso elettorale dei giovani, che rimarrebbe inferiore di oltre 2 milioni rispetto ai più anziani, ma consentirebbe di ridurre marginalmente tale divario. Rifiutarla, invece, “lascerebbe agli squilibri demografici di decidere per noi che i giovani contano poco”.
Francesco Clementi, costituzionalista e professore di Diritto pubblico comparato all’Università di Perugia, si è espresso al riguardo dicendo che: “L’attuale sistema toglie ai giovani la possibilità di poter incidere nelle decisioni. Quindi è la demografia che determina la necessità di riequilibrare il problema del voto per i giovani, perché le decisioni di indirizzo del paese per lo più sono in mano a una generazione che ha meno futuro di quello che normalmente i giovani hanno. E questo produce differenze notevoli della definizione dell’agenda delle politiche, prima che della politica, del paese, inevitabilmente rallentando ogni spinta al futuro e alle scelte che esso comporta”.
Già due anni fa David Runciman, capo del dipartimento di Scienze politiche dell’Università di Cambridge, ha sostenuto la tesi secondo cui “I giovani sono sistematicamente messi in inferiorità numerica dagli anziani”, non solo perché in genere votano con meno frequenza rispetto agli anziani, ma anche perché sono di meno dal punto di vista demografico, poiché coloro che hanno meno di 18 anni non possono votare.
In secondo luogo, l’allargamento del diritto di voto risponde al fatto che al giorno d’oggi l’impatto sul futuro delle scelte odierne è maggiore rispetto al passato, ne sono esempio le decisioni riguardanti il cambiamento climatico o l’innovazione tecnologica.
Le nuove generazioni, quindi, sono destinate a subire o a trarre beneficio dalle scelte politiche di oggi. Dovrebbero avere la possibilità di votare perché devono poter contribuire in modo concreto a decidere quello che sarà il loro domani.
Contro
Gli argomenti contro il voto a chi ha compiuto 16 anni vertono sulla convinzione dell’immaturità, della scarsa consapevolezza su temi politici e dell’irresponsabilità dei giovani di quell’età; sul fatto che siano influenzabili e sulle priorità stesse dei sedicenni.
Alcuni pensano che molti ragazzi e molte ragazze tendano a votare come i propri genitori e che quindi l’estensione del diritto di voto rafforzerebbe di fatto il voto di chi già può votare.
Altri, sono convinti che la politica debba occuparsi dei giovani non concedendo loro la possibilità di votare, bensì garantendo loro, per esempio, il diritto all’istruzione, alla famiglia, alla salute e tutelandoli dallo sfruttamento economico e sessuale e da ogni altro tipo di abuso.
La politica Michela Marzano è intervenuta al riguardo su La Stampa domandandosi che cosa rimproverino i giovani agli adulti, se il fatto di non essere rappresentati in Parlamento o di non poter votare già a sedici anni o ancora di non avere un lavoro dopo il diploma e la laurea.
Inoltre, si è espressa dicendo che, affinché si possa estendere loro il diritto di votare, è prima necessario che gli insegnanti siano formati in modo tale da istruire i loro allievi in argomenti legati all’attualità, quali i diritti, la giustizia distributiva, i concetti di uguaglianza e di memoria, il cambiamento climatico e la crisi ambientale dovuta a esso, l’utilizzo responsabile dei social network, ecc…
Secondo altre persone, invece, l’acquisizione di questo diritto comporterebbe l’anticipazione della maggiore età, con conseguenze dirette sul piano amministrativo, civile o penale. Dal momento che il voto rappresenta un atto molto rilevante, ad esempio più del conseguimento della patente di guida, sarebbe sufficiente un’età più bassa per guidare l’auto.
Cosa ne pensano i diretti interessati?
Da un sondaggio di ScuolaZoo è emerso che il 79% di 72 mila ragazze e ragazzi è contrario alla proposta di estendere il diritto di voto ai sedicenni. L’81% ritiene di non essere abbastanza informato per esprimere una scelta così importante; il 56% crede che questo diritto non coinvolgerebbe di tanto i giovani nelle questioni politiche, sociali ed economiche del Paese e il 76% è convinto che non è necessario al fine di essere ascoltati di più.
Sebbene la Legge 20 agosto 2019 n°92 abbia reintrodotto l’educazione civica a scuola, l’87% degli studenti, che hanno partecipato al sondaggio, dichiara che le ore dedicate a tale materia non sono svolte come si dovrebbe. Alcuni professori le usano per parlare d’altro, pensando che siano un’estensione della propria materia, altri non le fanno proprio, lasciando che siano gli alunni stessi a formarsi, i quali infatti si trovano a studiare da soli il materiale che viene loro caricato sulle piattaforme scolastiche. E così l’educazione civica passa in secondo piano e non risulta quindi utile a costruire una responsabilità civica.
In conclusione, dal momento che numerosi ragazzi e numerose ragazze delle scuole medie e superiori scendono in piazza a protestare per il clima, contro la violenza di genere, per i diritti delle donne e per il diritto allo studio, se all’estensione del diritto al voto si aggiungesse un potenziamento del diritto alla cittadinanza nelle scuole, si potrebbe rafforzare e consolidare l’interesse all’attualità, a capirla e a risolverne i problemi in modo attivo.
* “Votes for 16-year-olds, step in time”?